Coronavirus in Italia, secondo l’Istituto superiore di sanità circolava già da una o due settimane

E la conferma arriva da due medici di base di Castiglione d’Adda che avevano notato, nei giorni precedenti la scoperta del paziente uno, un aumento insolito delle polmoniti tra i loro assistiti. Non ha quindi quasi più senso capire da dove tutto sia partito, l’importante è cercare di contenere la diffusione.
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Giulia Dallagiovanna 26 Febbraio 2020
* ultima modifica il 22/09/2020

"Il nuovo Coronavirus circolava già prima che emergesse il caso del paziente uno, probabilmente una o due settimane prima". A dirlo è Gianni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità. E se ci pensi bene è un'affermazione del tutto ovvia. Il 38enne di Castiglione d'Adda, risultato positivo il 22 febbraio, presentava già un'insufficienza respiratoria quando è entrato al pronto soccorso dell'ospedale di Codogno. Si era dunque infettato giorni prima, e quanti? E da chi lo ha contratto?

Quello che inizialmente si pensava fosse il paziente zero, si è poi rivelato essere del tutto libero dal Covid-19. È quindi altamente probabile che la nuova infezione circolasse da parecchio tempo, soprattutto nei territori che oggi sono diventate le zone rosse, e che solo adesso sia stata ufficialmente riconosciuta come la stessa partita da Wuhan.

Una conferma arriva da due medici di base di Castiglione d'Adda che hanno rilasciato un'intervista ad AdnKronos, parlando di "un numero insolito di polmoniti" che già da almeno una settimana o 10 giorni riscontravano nei propri assistiti. Un fenomeno strano, dal momento che quest'anno l'epidemia di influenza classica sembrava essere stata piuttosto contenuta rispetto alla stagione 2018-2019. "Però non c'erano particolari allerte – ha spiegato una dottoressa. – Per il nuovo coronavirus tutto quello che dovevamo fare era chiedere agli assistiti se venivano dalla Cina, e in particolare dall'area a rischio. E non è che in una cittadina piccola come Castiglione d'Adda ci fosse tutta questa ressa di pazienti rientrati dalla Cina. I nostri assistiti quando facevamo la domanda si mettevano a ridere. L'unico protocollo da applicare era quello".

"L'unico protocollo da applicare era chiedere se avessero avuto contatti con la Cina, ma in un piccolo paese i pazienti si mettevano a ridere"

Non è stato dunque solo l'ospedale di Codogno ad essere stato colto impreparato, ma tutta l'Italia. I medici di famiglia, ad esempio, non avevano ricevuto indicazioni precise né mascherine da utilizzare durante le visite di possibili casi sospetti. La certezza era che nel nostro Paese non c'era alcun pericolo. È stato solo grazie all'insistenza dei medici che per primi hanno visitato il paziente uno che ora sappiamo quello che davvero sta accadendo.

D'altronde, non c'è quasi bisogno che te lo ricordi, i sintomi iniziali sono uguali a quelli di raffreddore e influenza. E chissà quanti degli oltre 5 milioni di italiani che quest'anno sono stati contagiati avevano in realtà contratto il Covid-19 senza saperlo.

Questo naturalmente non significa che possiamo abbassare la guardia, ma semplicemente che non ha senso puntare il dito contro un ospedale che non avrebbe rispettato il protocollo o contro probabili pazienti zero. Ormai il virus è arrivato e lo ha fatto perché non riconosce confini nazionali o politici. È passato indenne attraverso i controlli e tutte le barriere che abbiamo provato a costruire. Perciò adesso dovremmo pensare solo a contenerne la diffusione.

Fonte| Ansa; Istituto superiore di sanità

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