Crisi climatica, attività sostenibili e riduzione delle emissioni: come l’Italia affronta le battaglie ambientali?

La Cop28 di Dubai si è conclusa oggi, 12 dicembre 2023 e stando alle dichiarazioni del Ministro dell’Ambiente Fratin le considerazioni in merito al Summit globale sul clima non sono positive. Qual è il posizionamento dell’Italia a livello mondiale riguardo le performance climatiche?
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Mattia Giangaspero 12 Dicembre 2023

Dopo due settimane di Summit mondiale sul Clima, il governo italiano non è completamente soddisfatto per il risultato ottenuto. Dopo la Cop28 di Dubai, conclusa oggi 12 dicembre 2023, verrà redatto un testo finale in cui si potrà analizzare quali sono stati tutti i punti toccati, gli obiettivi centrati e quelli futuri da dover raggiungere. Il ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica Fratin, però ha  già parlato in merito alla bozza finale uscita nella giornata di ieri e che adesso sarà oggetto di trattativa internazionale tra tutti i Paesi Onu presenti.

Quindi non possiamo ancora fare un'analisi completa su quanto, noi come Italia e Europa, usciamo rinforzati a livello climatico e ambientale dalla Cop28, però potremmo proporre un'altra chiave di lettura. Una chiave di lettura di quel che è l'Italia oggi, sempre dal punto di vista climatico e ambientale

E abbiamo pensato di farla proprio dopo aver letto il commento del Ministro in cui esplicita come il nostro Paese abbiamo maggior interesse nel voler ottenere di più dalla Conferenza mondiale sul clima. 

Come l'Italia sta affrontando la crisi climatica a livello governativo? Qual è la percezione di tutti i cittadini italiani? E nel concreto, le aziende e i vari settori interessati alla sostenibilità come stanno agendo?

Proviamo a rispondere a queste tre domande grazie anche all'uscita di tre diversi rapporti, uno di YouTrend, uno di Ipsos in collaborazione con il Global Compact dell'Onu e infine uno di Germanwatch, CAN realizzato insieme al NewClimate Institute.

Secondo YouTrend Due italiani su tre (il 67% quindi) il cambiamento climatico è un tema prioritario tra le questioni internazionali, secondo solo alla pace e alla sicurezza globale (76%). E di questi il 61% ritiene insufficiente l’azione di contrasto all’emergenza climatica da parte dell’Italia, intesa come sistema Paese e non solo come governo Meloni. Due italiani su tre si dicono disposti a fare delle rinunce per migliorare il clima: il 34% direbbe addio alla carne nell’alimentazione, il 33% all’auto e il 29% all’aereo. Ma solo il 30% conosce i temi della Cop28. Infine il 47% è favorevole al ritorno del nucleare.

Chi ha la maggiore responsabilità nel contrasto al cambiamento climatico? Per il 38% degli intervistati è il governo. Poi ci sono le grandi imprese (24%), i singoli cittadini (15%), le organizzazioni non governative (6%) e le piccole e medie imprese (4%).

Passando invece all'analisi condotta da Ipsos insieme al Network italiano del Global Compact Onu ci spostiamo sul campo delle imprese e dei settori che tengono conto della crisi climatica. E anche in questo senso l'Italia dovrà migliorare.

Solo un’impresa italiana su cinque ha dichiarato di avere adottato un piano per contrastare il cambiamento climatico, mentre il 17% delle aziende ha fissato obiettivi di riduzione delle proprie emissioni di gas climalteranti.

“I dati della ricerca ci dicono che tra le aziende italiane c’è ancora molto da fare, il rapporto tra chi ha adottato un piano sul clima e chi non lo ha fatto è di uno a cinque, decisamente basso considerato il peso della nostra economia”, ha dichiarato Marco Frey, Presidente UN Global Compact Network Italia. “Il ruolo del settore privato è cruciale”, ha aggiunto, “ma è necessario sviluppare e implementare iniziative di supporto che possano guidare le imprese nell’ambizioso percorso verso il net-zero. Dobbiamo lavorare da un lato per consolidare e accelerare i progressi delle aziende virtuose e dall’altro per coinvolgere le imprese che non hanno ancora affrontato la questione climatica”.

È molto rilevante poi il dato che emerge quando si parla delle motivazioni che impediscono le aziende a impegnarsi a livello ambientale. Il 34% di queste hanno difficoltà economiche per procedere con investimenti sulla sostenibilità. il 27% invece indica che gli impedimenti sono l'eccessiva burocrazia e la mancanza di personale competente.

Ultimo punto che vogliamo analizzare riguarda il posizionamento dell'Italia a livello mondiale riguardo le performance climatiche.  Nell'ultimo anno c'è stato un arretramento nella classifica generale del nostro Paese in quanto ha perso 15 posizioni, passando dal 29esimo posto in classifica al 44esimo. 

A pesare sul bilancio sono soprattutto il rallentamento della riduzione delle emissioni climalteranti (37esimo posto della specifica classifica) e una politica climatica nazionale ritenuta fortemente inadeguata a fronteggiare l’emergenza (58esimo posto).

Questo è quanto emerge dal rapporto sul 2023 di Germanwatch, Can e NewClimate Institute. In testa alla classifica c'è la Danimarca, seguita da Estonia e al terzo posto le Filippine.

Questi tre rapporti ci dicono che, quando si partecipata a Summit mondiali sul clima bisogna ottenere di più su temi che accomunano il mondo come quelli ambientali e sostenibili, ma anche che, prima di richiedere uno sforzo maggiore dagli altri Paesi, bisogna provare a colmare lacune interne alla propria Nazione; perchè i miglioramenti per gli investimenti sostenibili da parte delle aziende e per ridurre le emissioni di gas serra si possono attuare senza intraprendere trattative a livello internazionale. 

Fonte | GermanwatchYoutrendIpsos