Dipendenza affettiva: la conseguenza di genitori troppo distanti o iper protettivi

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Due genitori distanti, poco affettuosi, ma anche due genitori troppo presenti, al limite dell’oppressione possono dar luogo a una dipendenza affettiva nei loro figli. Una dipendenza che si manifesta quando il bambino diventa adulto e inizia a mostrare una bassa autostima e un’evidente insicurezza nelle proprie capacità.
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Rubrica a cura di Gaia Cortese
24 Giugno 2020

Il mestiere più difficile di questo mondo è senza dubbio quello del genitore. Per quanto ci siano linee guida, manuali, consulenti pronti a fornire sostegno, consigli e suggerimenti da seguire, la famiglia è così parte integrante della nostra vita privata che la probabilità di commettere degli errori è davvero molto alta. In questo caso non si tratta solo di dare una buona educazione, di trasmettere degli insegnamenti e di far fare ai propri figli le giuste esperienze; c’è anche tutto l’aspetto emotivo e affettivo che esiste in una relazione tra più persone. Gli errori che possono commettere i genitori possono anche non essere riconosciuti in tempo e creare delle condizioni problematiche che si rendono evidenti solo una volta che i figli sono cresciuti.

Uno di questi è la dipendenza affettiva, una dipendenza che si manifesta con la preoccupazione di non essere all’altezza di determinati compiti, con una scarsa autostima, con il bisogno di avere costantemente una figura di riferimento che sia di supporto. Questa dipendenza può presentarsi in età adulta anche come conseguenza di qualcosa che è venuto a mancare durante l’infanzia.

Non pochi esperti ritengono che la dipendenza affettiva si sviluppi addirittura già nei primi anni di vita, a seconda di quanto il bambino viene amato e considerato dai propri genitori. È proprio questa mancanza di affetto e di attenzioni che può portare il bambino a sviluppare una bassa autostima e a generare quel senso di inadeguatezza che si evidenzierà in modo particolare in età adulta. Tuttavia, quando la ricerca di conferme è manifestata da un bambino, la si ritiene una condizione normale e adeguata all’età: non si può dire lo stesso quando questa insicurezza si manifesta in età adulta, quando un individuo dovrebbe essere consapevole, autonomo e indipendente dal giudizio altrui.

Diversamente, la dipendenza affettiva può essere determinata anche da un genitore particolarmente apprensivo che, per quanto lo faccia come forma di protezione, non dà modo al figlio di sperimentare le proprie abilità e le proprie conoscenze e di rendersi quindi più indipendente e autonomo. Il risultato è un adulto che cresce credendo di non essere in grado di fare le cose da solo, in uno stato di fragilità, in un’insicurezza legata al futuro costante e con un sostanziale bisogno di avere sempre un punto di riferimento.

L'adulto dipendente affettivamente ricerca così delle situazioni vissute nel suo passato, ricoprendo un ruolo sottomesso e cercando di compiacere tutti in modo da allontanare il più possibile l'eventualità di essere rifiutato. La paura di non essere sufficientemente amato crea stati di ansia, stress e preoccupazione, compromettendo non poco la qualità della propria vita.

Secondo quanto descritto nella teoria dell'attaccamento umano di John Bowlby, i genitori dovrebbero invece essere in grado di trasmettere sicurezza e fiducia al bambino, permettendogli di diventare autonomo, di allontanarsi e di fare le proprie esperienze. D'altronde succede così in natura; tutte le specie animali, compresi i primati che sono i più vicini all'uomo da un punto di vista genetico, accudiscono i loro cuccioli quanto basta. Non è così per l'uomo che si ritrova ad avere i propri pargoli in casa almeno fino ai loro diciotto anni o, la maggior parte delle volte, finché questi non abbiano terminato gli studi e trovato un'occupazione che permetta loro di mantenersi.

La dipendenza affettiva è molto limitante, perché condiziona la propria vita e quella degli altri. Uscirne, tuttavia, è possibile. Un aiuto  può arrivare dalla terapia offerta da uno psicologo psicoterapeuta che può portare il paziente a trasformare certi modelli interni che condizionano continuamente la sue scelte (o le NON scelte). Quello che è importante nell'ambito della "guarigione" è imparare a lavorare sulla propria autostima e ricostruire una propria identità.

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