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Giudizio Universale, la prima causa contro il Governo italiano per la tutela del clima: intervista all’avvocato Saltalamacchia

Intervista a uno degli avvocati del team legale che si sta occupando di seguire la causa Giudizio Universale contro lo Stato italiano per imporre alle nostre autorità politiche di muoversi per tutelare il clima e di conseguenza il nostro diritto alla vita.
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Sara Del Dot 30 Giugno 2021

È la prima azione climatica promossa contro lo Stato italiano, il quale dovrà rispondere di non aver fatto abbastanza per tutelare il clima e l’ambiente in cui abbiamo diritto a vivere e sviluppare il nostro futuro. L’hanno chiamata Giudizio Universale perché proprio di questo si tratta. Individuare chi dovrebbe tutelarci e invece ci espone a rischi potenzialmente irreparabili, evitando di contrapporsi a un declino ambientale che potrebbe compromettere  definitivamente la nostra vita sul Pianeta, ma soprattutto costringerlo ad agire in questo senso. Ma come siamo arrivati a questo punto? E qual è lo scopo finale di questa azione?

Ne abbiamo parlato con Luca Saltalamacchia, uno degli avvocati del team legale che si sta occupando della causa.

Avvocato Saltalamacchia, perché una causa contro lo Stato?

Il cambiamento climatico è un problema generalizzato e planetario. Fare una causa climatica contro lo Stato è l’unico modo che abbiamo per verificare se gli impegni presi per contrastare il riscaldamento globale sono efficaci oppure no.

Come siamo arrivati a questo punto?

Siamo in piena emergenza climatica. Gli impatti del cambiamento climatico minacciano il godimento dei diritti umani fondamentali, quali il diritto alla vita, alla salute, all’ambiente salubre ed altri. Lo Stato ne è pienamente consapevole, ma non fa abbastanza. L’Accordo di Parigi impone agli Stati di tagliare le emissioni per contenere l’incremento delle temperature, ma non specifica in concreto quali misure gli Stati debbano adottare. Queste ultime vengono individuate dalla comunità scientifica, innanzitutto dall’IPCC. Gli scienziati hanno individuato i percorsi di riduzioni delle emissioni in linea con l’Accordo di Parigi, ma lo Stato italiano si allontana in maniera clamorosa da questi percorsi, peraltro senza nemmeno spiegarne il motivo.

Quali sono i punti principali su cui si fonda questa azione legale?

La Corte Europea dei Diritti Umani ha più volte condannato gli Stati perché non si adoperano per scongiurare le minacce al godimento dei diritti fondamentali. Il nostro sarà un giudizio basato sui diritti fondamentali, come riconosciuto dalla nostra Costituzione e dalla CEDU. Riteniamo che lo Stato italiano, non avendo preso seriamente in considerazione i suoi obblighi di contrastare il cambiamento climatico, sia responsabile di una condotta che mette in pericolo il godimento dei diritti fondamentali della popolazione.

Cosa viene chiesto al Governo Italiano?

Chiederemo al Giudice di ordinare allo Stato di abbattere i livelli di emissione dei gas serra affinché siano compatibili con il raggiungimento dei target fissati dall’Accordo di Parigi (contenimento delle temperature “ben al di sotto di +2°C”, preferibilmente “+1,5°C” rispetto all’era preindustriale). L’attuale obiettivo di riduzione dello Stato italiano, con le misure previste (ma non ancora implementate), è di tagliare le emissioni di 36% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. È un obiettivo inadeguato, che dovrebbe essere migliorato di più del doppio.

Quali sono i problemi ambientali e climatici specifici dell’Italia come territorio?

L’Italia è un “hotspot climatico”, vale a dire un’area particolarmente vulnerabile agli impatti del cambiamento climatico: aumento medio delle temperature, maggior frequenza delle ondate di calore, incremento degli eventi climatici estremi, aumento del rischio idrogeologico, avanzata della desertificazione, penuria di acqua. Questi, ma anche altri, sono gli impatti climatici sul territorio italiano, tutti molto gravi. Tutti potenzialmente in grado di violare diritti fondamentali.

La causa Giudizio Universale ricalca anche quelle portate avanti in altri paesi? Se esistono, quali sono i precedenti giurisprudenziali a cui potete fare riferimento?

Certamente il Giudizio Universale si rifà al famoso precedente Urgenda contro i Paesi Bassi. Quel giudizio è stato però celebrato in un ordinamento giuridico sensibilmente diverso dal nostro. L’idea è la stessa, ma le costruzioni giuridiche sono parecchio differenti. Oggi pendono centinaia di cause climatiche in tutto il mondo contro gli Stati. Ognuna è ritagliata sulle peculiarità degli ordinamenti giuridici nazionali, ma certamente Giudizio Universale entra nel solco delle “climatic litigation” attivate per costringere gli Stati ad attivare i propri obblighi di mitigazione in maniera seria e coerente con le acquisizioni scientifiche più avanzate.

Tutelando il diritto ad un ambiente sano si tutelano anche altri diritti. Qual sono?

Nel nostro giudizio rivendichiamo l’esistenza di un vero e proprio diritto ad un clima sicuro, un diritto che “viene prima” del diritto ad un ambiente salubre, perché ne costituisce il presupposto. Il diritto ad un clima sicuro, in un’epoca di emergenza climatica, è un tassello necessario e strumentale al godimento degli altri diritti fondamentali, quali il diritto alla vita, alla salute ed all’ambiente salubre.