I malati di SLA possono di nuovo usare penna e forchetta grazie alla stimolazione magnetica

La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa che porta alla progressiva paralisi dei muscoli volontari. Questo significa che, a mano a mano che la patologia progredisce, perdi la capacità di camminare, parlare, scrivere o mangiare. Un team di ricerca interdisciplinare dell’Università la Sapienza di Roma ha però scoperto che la stimolazione magnetica potrebbe rallentare la degenerazione.
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Giulia Dallagiovanna 16 Giugno 2019
* ultima modifica il 08/06/2021

Non si conosce il numero preciso di persone affette da SLA (Sclerosi laterale amiotrofica), ma l'Osservatorio malattie rare stima che ne vengano diagnosticati mille nuovi casi all'anno. E solo in Italia. Una malattia neurodegenerativa che provoca la progressiva paralisi dei muscoli volontari, fino a coinvolgere anche quelli respiratori. Immaginati cioè che le gambe non riescano più a reggere il tuo peso e tu sia costretto a muoverti in sedia a rotelle, o che le tue mani non riescano più a stringere una forchetta e quindi debba esserci sempre qualcuno disposto a imboccarti. Ed è proprio sulle mani che si è concentrata un'importante scoperta dell'Università La Sapienza di Roma: la stimolazione magnetica migliora la funzionalità degli arti dei malati di SLA.

Più autonomia e migliore qualità della vita. Sono gli obiettivi che si è posto il team di ricerca interdisciplinare, composto da biologi, fisiologi, patologi e clinici. Per raggiungerli hanno innanzitutto cambiato il target: non più i motoneuroni, le cellule del cervello responsabili del movimento, ma direttamente i muscoli. E poi gli strumenti. A differenza della stimolazione elettrica, che produceva la classica scossa, quella magnetica può raggiungere gli organi in profondità.

La differenza della stimolazione magnetica neuromuscolare rispetto alla stimolazione elettrica – ha spiegato il professor Maurizio Inghilleri, responsabile del Centro Malattie Rare Neuromuscolari dell’AOU Policlinico Umberto I di Roma – è che il campo magnetico produce delle correnti ionizzanti e sembrerebbe che, differentemente dalla stimolazione elettrica, sia in grado di produrre delle alterazioni, delle modifiche strutturali nel muscolo capaci di produrre un aumento della forza”.

La stimolazione magnetica colpisce direttamente i muscoli e aumenta la forza a disposizione

Durante la sperimentazione, durata circa tre anni, sono stati presi in esami 22 pazienti malati di SLA, divisi in due gruppi. Al primo è stato applicato un campo magnetico al braccio, di intensità pari a due volte quello terrestre, il secondo ha invece ricevuto una stimolazione placebo. Nessuno di loro sapeva a quale tipo di terapia era stato sottoposto. In questo modo è stato notato un importante aumento della forza nel braccio e nella mano sottoposti a stimolazione magnetica. Miglioramento che ha consentito loro di impugnare una forchetta o una biro per scrivere.

Si tratta però di un recupero temporaneo e che può essere ottenuto solo sul corpo di persone che ancora non hanno avuto una completa degenerazione degli arti. È necessario quindi partire già dalle prime fasi della malattia. Ma sicuramente apre la strada a nuove tecniche per contrastare l'atrofia muscolare in patologie neurodegenerative.

Fonti| Policlinico Umberto I; "Neuromuscular magnetic stimulation counteracts muscle decline in ALS patients: results of a randomized, double-blind, controlled study" pubblicato su Scientific Reports il 26 febbraio 2019

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