Siti archeologici, monumenti, edifici storici, sono stati e continueranno sempre ad essere soggetti ad interazioni con l'ambiente urbano o naturale in cui sono inseriti. Il riscaldamento globale, con gli effetti a cascata su clima e meteorologia, può rappresentare una potenziale minaccia per il loro stato di conservazione, aggravando meccanismi fisici, chimici e biologici che causano il degrado già atteso o contribuendo a creare nuovi fenomeni di deterioramento che possono influenzare struttura e composizione dei materiali. Ma quali sono i fenomeni che minacciano il nostro patrimonio storico-culturale e quali azioni si stanno mettendo in campo per consegnare questi beni alle future generazioni?
I principali fattori di stress climatici sono temperature, precipitazioni e vento. Magnitudo e combinazione di questi tre fattori, danno luogo a una serie di trasformazioni fisiche, chimiche e biologiche che possono modificare completamente strutture e materiali.
Le variazioni di temperatura, per esempio, inducono cicli di gelo e disgelo: l'acqua nei pori delle rocce tende a ghiacciare e poi a sciogliersi in una danza continua che a lungo andare apre fratture e cavità, degradando i materiali. Il termoclastismo poi, ovvero la differente risposta termica di alcuni minerali, contrae e dilata le rocce, creando piani di rottura e quindi la loro disgregazione. Allo stesso modo un clima caldo-umido può permettere lo sviluppo di micro-organismi come alghe, funghi o licheni, che possono aggredire le superfici di beni e monumenti.
Pioggia, neve, grandine, l'acqua allo stato liquido non è presente solo durante le precipitazioni ma anche nell'aria, sotto forma di vapor d'acqua. Variazioni di umidità, accumuli d'acqua, dilavamento (soprattutto su rocce ricche in carbonato di calcio) possono corrodere o lisciviare le rocce o, nel caso di forti processi evaporativi, portare all'accumulo di cristallizzazione di sali.
Il vento non è certamente da meno, soprattutto se accompagnato da pioggia o materiali in sospensione come la sabbia. Il movimento dell'aria sulla roccia crea, a lungo andare, un'erosione fisica che può portare a seri danni strutturali e a cambiamenti profondi della superficie dei corpi esposti.
Gli effetti dei cambiamenti climatici sugli agenti atmosferici e dunque sul patrimonio culturale sono già tangibili. Nell'area mediterranea, per esempio, il termoclastismo – come detto, la degradazione delle rocce a causa delle variazioni di temperatura – sta già aumentando, tanto che in alcuni luoghi, come nel caso del tempio di Ħaġar Qim a Malta (sito Unesco), sono state realizzate delle strutture di protezione per evitare i danni delle escursioni termiche.
In quelle zone dove l'umidità sta aumentando considerevolmente, invece, si assiste al proliferare di muffe, muschi e licheni, come nel caso della Galizia (Spagna), in Inghilterra o in Irlanda. In quest'ultimo caso, gli studiosi stanno già osservando su alcuni monumenti dell'Irlanda del nord, realizzati con rocce calcaree, una maggiore attività biologica e rapida degradazione delle superfici. Secondo vari studiosi, anche i materiali conservati nei musei di varie zone del Mondo, se non ben isolati dall'ambiente esterno, potrebbero rapidamente deteriorarsi: è il caso delle collezioni nel museo di Smirne, in Turchia, o di generici manufatti dalla Spagna alla Norvegia. Le precipitazioni poi potrebbero mettere a serio rischio le rovine della mitica Machu Picchu, in Perù, non soltanto per la degradazione degli apparati monumentali, ma anche perché un aumento delle precipitazioni potrebbe provocare smottamenti fatali per uno dei siti più amati del mondo.
Per avere un'idea della quantità di siti a rischio, l'Unesco ha già individuato una lista di località in pericolo e gli effetti dei cambiamenti climatici figurano come frequente fattore di rischio. È il caso degli scavi archeologici di Abu Mena, in Egitto, quasi 2 ettari minacciati da frane che vengono causate da frequenti alluvioni lampo. Chan Chan, in Perù, spettacolare sito archeologico composto di cittadelle murate delicatissime, è minacciato da un'inesorabile erosione naturale che potrebbe cancellare per sempre bassorilievi, sculture e architetture uniche nel loro genere. Ma forse la vittima più eclatante del riscaldamento globale, e non per campanilismo, potrebbe essere la nostra amata Venezia: se è vero che gli scenari prevedono un aumento del livello del mare fino a circa 200 cm entro il 2100, è evidente che la città-museo italiana potrebbe essere parzialmente sommersa e non c'è Mose che tenga.
Conservare il patrimonio storico e archeologico, in tutte le sue forme, è un impegno globale di assoluta priorità. Per questo motivo istituzioni, ricercatori e società civile stanno mettendo in atto tutta una serie di azioni per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici in corso su strutture e manufatti, e per consentire l'adattamento dei beni archeologici e monumentali al clima che cambia. Le azioni messe in campo sono le più disparate.
Nel Kurdistan iracheno, per esempio, ricercatori dell'Università di Newcastle hanno sviluppato un modello predittivo geomorfologico, generalmente utilizzato per studiare l'erosione del suolo, con il fine di stimare il tasso di degradazione dei "tell", terrazzamenti realizzati dall'uomo circa 9mila anni fa. L’applicazione di questo modello consente di mettere in atto strategie per mitigare il rischio di perdita del patrimonio archeologico, ad esempio pianificando operazioni di scavo nelle aree a rischio, oppure proponendo protocolli di restauro ad hoc.
Prendendo in considerazione il ruolo dell'acqua e la sua azione nella degradazione dei beni monumentali, il progetto REFRESH (wateR cyclE For RESilient Heritage) unisce team di ricerca di quattro Paesi europei e si concentra su quattro siti emblematici: il Palazzo Ducale di Venezia, il Louvre di Parigi, il Gruuthuse Museum di Bruges e il Blenheim Palace in Inghilterra. Il progetto analizza il ciclo dell'acqua su tre livelli: attorno agli edifici (e quindi nel contesto naturale), il trasferimento dall'esterno all'interno degli edifici (es. filtrazione) e l'interazione con gli oggetti conservati all'interno. Obiettivo, ovviamente, la conservazione del patrimonio storico e culturale di questi siti eccezionali, per consegnarli alle future generazioni nel miglior stato possibile.