Un intervento mini-invasivo e molto complesso. Uno di quelli che nelle letteratura scientifica non si vede spesso, anzi.
È ciò che è servito per salvare un uomo di 65 anni affetto da un grave e raro tumore del rene estesosi addirittura fino al cuore.
Il paziente, di origini umbre, era arrivato all’ospedale di Perugia da Foligno dopodiché il carcinoma del rene, che coinvolgeva l’intera vena cava inferiore, era arrivato fino al suo sbocco nell’atrio destro del cuore, una delle quattro cavità cardiache.
Dopo una complessa valutazione multidisciplinare che ha coinvolto urologi, cardiochirurghi, radiologi e anestesisti, l’uomo è stato sottoposto prima di tutto a un’embolizzazione renale per cecare di ridurre al minimo il sanguinamento intra-operatorio, tutto 24 ore prima di essere trasportato in sala operatoria.
Le sue condizioni erano critiche. Il carcinoma renale rappresenta circa il 3% dei tumori maligni negli adulti e come hanno spiegato i medici perugini, una delle sue caratteristiche è quella di invadere la vena cava inferiore, evenienza che si verifica nel 4-10% dei casi.
“L'invasione della vena cava inferiore, la vena più grande del corpo umano, consiste nella formazione di trombi di natura tumorale al suo interno, portando ad una riduzione del tasso di sopravvivenza a 5 anni a circa il 60%” ha spiegato il professor Ettore Mearini, direttore della Clinica Urologica dell’Azienda Ospedaliera di Perugia.
Per asportare in maniera radicale il rene e tutto il trombo tumorale che arrivava sino al cuore serviva passare attraverso l’apertura della vena cava inferiore: serviva insomma un approccio chirurgico innovativo, con pochissimi casi descritti nella letteratura scientifica internazionale.
L’uomo è stato dunque sottoposto a una mini-toracotomia, una piccola incisione intercostale che ha permesso di evitare di sezionare lo sterno e di aprire la gabbia toracica.
Ciò ha ridotto al minimo i rischi di sanguinamento, di insufficienza respiratoria, di infezione e di immobilizzazione prolungata consentendogli di affrontare più agevolmente la fase post-operatoria e garantendogli una convalescenza senza complicanze.
Per ridurre ancora di più il rischio di sanguinamenti, l’intervento è stato eseguito bloccando l’attività cardiaca, mantenendo però l’afflusso di sangue agli altri organi attraverso la circolazione ematica extra-corporea.
“Tale strategia chirurgica consente di migliorare la sopravvivenza a 5 anni del 31% dei casi rispetto a chi non viene operato, anche se va sottolineato che, a causa della sua complessità, è gravata da un tasso di mortalità intra e post-operatoria del 4-10% e da un altrettanto rilevante tasso di complicanze, prime tra tutte, l’ischemia miocardica nel 37% dei casi e l’insufficienza renale acuta nel 42,7% dei casi” ha continuato il prof Mearini.
In questo caso però l’intervento è stato un successo e dopo circa 6 ore si è concluso senza sanguinamenti eccessivi né altre complicanze intra-operatorie. Oggi l’uomo è già tornato a casa ed è in ottime condizioni generali.
Fonte | Ospedale di Perugia