Intervista a Gianni Bauce, che da quasi 25 anni lotta in Africa contro il bracconaggio

Abbiamo incontrato Gianni Bauce, 52 anni, origini piemontesi, e una grandissima passione nel cuore: la sua Africa. Vive da diversi anni in Zimbabwe, è una guida professionista di safari, ma al contempo si occupa di attività di conservazione e di antibracconaggio.
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Gaia Cortese 21 Marzo 2019

In occasione dell'evento Fà la cosa giusta!, che recentemente ha fatto tappa a Milano, abbiamo incontrato Gianni Bauce, 52 anni, guida professionista di safari, che ha scelto di fare dell'Africa la sua casa. Qui si occupa di natura selvatica, ma anche di attività di conservazione e di antibracconaggio.

Ventiquattro anni fa sei partito per l’Africa, dopo aver letto "Il canto dell’elefante" di Wilbur Smith, per poi decidere che la tua vita sarebbe continuata in questa terra. Perché ci si innamora dell’Africa?

Dell'Africa ci si infatua per un milione di motivi: il suo fascino è irresistibile, basta un viaggio e ne veniamo catturati. Innamorarsi dell'Africa invece è un'altra cosa: non in tanti si innamorano veramente e, infatti, molti la visitano, tanti la sognano, ma pochi ci vivono. È una compagna difficile: bellissima, affascinante, seducente ma anche scostante, capricciosa, talvolta impossibile ed incomprensibile, e soprattutto non ti ama come l'ami tu… Tanti sognano l'Africa, pochi sono disposti a viverci. Ma quando ci vivi, non puoi più immaginarti altrove.

Come è cambiata l’Africa in questi ultimi vent'anni?

È cambiata come è cambiato tutto il resto del mondo, ma compiendo un balzo lunghissimo che ha coperto un gap ampio in un tempo breve. Abbiamo assistito ad una forte emancipazione, ad uno sviluppo economico e soprattutto dei consumi. Ma con questa rapidità, molto è stato lasciato indietro. Per esempio l'educazione ambientale è ancora pressoché inesistente e si riflette non soltanto sulla cura dell'ambiente e delle sue risorse, ma anche sul turismo, in particolare laddove si sta sviluppando il turismo locale.

Come si diventa Field Guide?

Innanzitutto si deve amare questo lavoro, perché la passione è fondamentale. Poi si cerca un centro di formazione qualificato in Africa (in Africa, non altrove!) e si segue il corso, al termine del quale ci si accorge di non sapere assolutamente nulla della natura africana. Questo è il miglior inizio possibile, perché l'Africa non ama i saccenti. Il certificato che si ottiene non è l'arrivo, è la partenza. Occorre fare esperienza ogni giorno. E ogni giorno, anche dopo anni e anni di pratica, si impara sempre qualcosa di nuovo.

Africa: molti la visitano, tanti la sognano, pochi ci vivono

Bisogna sempre ascoltare tutti, osservare, porsi domande e mai illudersi di sapere. Noi guide non siamo maestri per i nostri ospiti: condividiamo semplicemente con loro le nostre esperienze per rendere la loro esperienza più completa. La scelta dei centri di formazione è molto importante: si deve considerare l'appartenenza a federazioni riconosciute, professionali e con una storia alle spalle. Se poi si decide di operare in uno stato diverso da quello nel quale si è studiato, è necessario seguire i regolamenti nazionali e ottenere le licenze in loco, magari ricominciando a studiare presso le scuole accreditate localmente.

Quanto è presente oggi il bracconaggio in Africa?

Purtroppo è molto presente. Il bracconaggio di sussistenza è presente dove le condizioni economiche impongono alle comunità di procurarsi il cibo come meglio possono, ma anche dove il coinvolgimento di queste comunità nei progetti di conservazione non è efficacemente gestito. Il bracconaggio speculativo invece, cioè quello per esempio dell'avorio e dei corni di rinoceronte, è più drammatico perché condotto da veri e propri cartelli. Si pensi che il traffico di parti di animali è il quarto maggiore traffico illegale al mondo dopo armi, droga ed esseri umani. I profitti sono enormi e lo sforzo per contrastarlo è altrettanto grande e diversificato. È una vera guerra con una costante corsa agli armamenti e alla tecnologia su entrambi i fronti.

Il traffico di parti di animali è il quarto maggiore traffico illegale al mondo dopo armi, droga ed esseri umani.

Quali sono le regole di un turismo ecosostenibile?

Il turismo sostenibile viene definito come la pratica e la gestione del turismo in modo da preservare e beneficiare l'ambiente e la sua diversità, ma anche beneficiare le comunità ospitanti, gli operatori e i visitatori. È quindi una visione molto ampia e innovativa del turismo e le regole sono moltissime, ma rimandano sempre al concetto appena enunciato di equilibrio dei benefici tra tutti gli attori della commedia. Noi operatori abbiamo il compito di strutturare eticamente e in modo sostenibile le nostre attività, ma anche di educare i turisti e su quest'ultimo aspetto il settore, soprattutto in Africa, ha ancora molta strada da fare.

I visitatori dal canto loro possono fare molto, anche semplicemente scegliendo le destinazioni e gli operatori premiando coloro che operano in sostenibilità. Molti operatori turistici italiani, per esempio, si fregiano di operare un turismo sostenibile, poi utilizzano guide illegali, prive di licenze, permessi di lavoro, autorizzazioni (e spesso di esperienza). Noi operatori, registrati e autorizzati, paghiamo licenze, autorizzazioni, contributi previdenziali; insomma paghiamo le tasse e da queste tasse provengono i fondi per sostenere gli organismi che si occupano della vigilanza  della gestione del turismo e della conservazione. Operare al di fuori della legalità significa privare di sostegno questi organismi, quindi privare di sostegno anche la conservazione. Tutti sostengono di fare del turismo sostenibile perché è un gran bel biglietto da visita; in realtà siamo in pochi a farlo veramente.

Come ti aspetti o come ti immagini l’Africa tra vent’anni?

Sono terrorizzato al pensiero. Mi auguro che lo sforzo di conservazione in cui molti di noi sono impegnati e l'evoluzione culturale che interessa la società possano illuminarci e guidarci sulla giusta via. I problemi da affrontare sono enormi e tanti e finché non riusciremo a garantire condizioni di vita decenti nei paesi interessati, resteremo distanti dal raggiungere lo scopo. Conservare l'ambiente è spesso un privilegio dei ricchi: i poveri hanno altre priorità. Tra vent'anni mia figlia avrà 22 anni ed io sperò che continuerà ad avere la stessa passione per la natura che mostra ora e che possa seguire le orme del padre, facendo ovviamente meglio. Con questo sogno nel cassetto non posso fare altro che essere ottimista e non arrendermi, ma continuare a lottare per garantire che mia figlia possa godere delle meraviglie che la natura africana ha regalato a me.

Perché consiglieresti un viaggio in Africa? Credi che chiunque sia adatto a visitare questa terra?

Quando parlo di Africa parlo dell'Africa Australe, che è l'Africa che conosco. La fauna che si trova qui è tra le più variegate e straordinarie al mondo e attraverso di essa riscopriamo un mondo primitivo che abbiamo dimenticato o addirittura mai conosciuto. È un riscoprire emozioni ancestrali che credo si possano provare in pochi altri luoghi al mondo. Qui, soprattutto attraverso un viaggio naturalistico, come quelli che operiamo noi, impariamo che l'uomo non è al centro di tutto; impariamo che la sua lingua non è la sola e la più importante di tutte, ma solamente una tra tante. Scostarsi da questo antropocentrismo è una lezione che si può imparare in Africa. Tutti possono visitare l'Africa, anche se soltanto le persone curiose e rispettose si troveranno a loro agio, godranno di tutto e torneranno a casa con un enorme tesoro di esperienza.