Irina Petrini, la signora delle api: “Salvarle è ormai una missione per noi apicoltori”

Vive a Brugherio, in provincia di Monza e Brianza, ma arriva dalla Romania. Da questa terra, dalla casa di campagna dei nonni materni, Irina ha portato con sé la passione per le api. Oggi è un’apicoltrice e in questa intervista ci svela qualche segreto in più su questi insetti a rischio estinzione.
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Gaia Cortese 24 Maggio 2019

Cresciuta in Romania nella casa di campagna dei nonni materni, da 10 anni in Italia, Irina Petrini è ormai conosciuta da tutti come la signora delle api, tanto da essere chiamata in più di un’occasione per intervenire in caso di sciami da recuperare. La grande passione per le api del nonno sembra essere stata ereditata da lei, abituata fin da bambina a passare davanti alle arnie e ai favi del cortile di casa.

“Sono sempre stata interessata alla natura, all’ambiente e al mondo delle api – racconta di sé Irina -. Fino a quando un giorno ho frequentato un corso per apicoltori a Milano e ho iniziato a condividere la passione per le api anche con altre persone. Frequentando diversi corsi e partecipando a incontri sul tema ho conosciuto persone di tutte le età, davvero di cuore, attente alla salvaguardia dell’ambiente e amanti delle cultura. È qualcosa che stupisce perché ogni volta che ci incontriamo, e ormai ci conosciamo quasi tutti, c’è sempre disponibilità a confrontarsi, a scambiarsi consigli e opinioni".

Le api però stanno scomparendo: è davvero un’emergenza?

È una vera emergenza, un allarme gravissimo, ma che viene preso sotto gamba. Se le api fossero animali e se ne trovassero improvvisamente morte migliaia, la gravità della questione salterebbe agli occhi di tutti. Invece sono insetti e, che di colpo un intero sciame di api muoia soffocato a causa di un prodotto chimico, come mi è capitato di vedere, non importa a nessuno. Salvare le api è ormai una missione per noi apicoltori. Bisognerebbe incrementare la quantità di fiori, ma anche fare attenzione a tutelare la biodiversità perché ormai siamo circondati da monocolture. Oltretutto si crea un circolo vizioso: se ho un campo per fare del foraggio per le mie mucche, utilizzo i diserbanti per evitare che l’ambrosia mi rovini il campo. Se c’è l’ambrosia, infatti, la produttività per ettaro del campo è notevolmente inferiore. Quel diserbante utilizzato, presente in alta percentuale nel foraggio dato alle mucche, si ritroverà poi anche nei vitellini e in tutta la filiera destinata ad arrivare sulla nostra tavola. Bisognerebbe rivolgersi ad agronomi seri, non alle imprese che vincono un appalto e non si limitano nell’utilizzo di pesticidi e diserbanti, ignorando la questione ambientale. E tutto questo naturalmente ha delle ripercussioni anche sulla vita delle api.

Raccontami uno dei tuoi ultimi interventi con le api.

C’era uno sciame nella chiesa di San Bartolomeo di Brugherio. Le api erano appoggiate sul muro, in pieno sole. Generalmente quando si posano formano una specie di grappolo. Come prima cosa ho soffiato sul “grappolo” per vedere se c’era l’ape regina: si riconosce perché è un po’ piu grande delle altre. Ed è la prima a dover essere messa nell’arnia. Deve essere maneggiata con cura perché è molto delicata, viene infatti protetta dalle altri api e quindi è sempre nascosta. Quando lo sciame è appoggiato su una superficie dura, come in questo caso, si prende con le mani e si mette in un’arnia, dotata al suo interno di telai già costruiti con la cera. Quando sciamano le api sono mansuete; certo non consiglio a nessuno di metterci le mani ma, avendo la sacca melliflua piena, non hanno piu il riflesso di usare il pungiglione. Sono sazie e pacate.

In quali situazioni sono più pericolose?

Risponderei mai, ma certo, possono essere più nervose nelle giornate in cui non possono impollinare, quando è nuvoloso o piove, per esempio. Infatti, le visite negli alveari si fanno sempre nelle ore centrali della giornata e con tempo bello.

Come vive un'ape?

Un’ape ha una vita della durata di 40 giorni circa. Nell’alveare un'ape arriva a fare un po’ di tutto: appena nasce, ha il compito di pulire la propria cella, mentre dopo pochi giorni si occupa di prendere miele e polline dalle scorte dell’alveare e di distribuirli alle larve deposte dalla regina. Quando un’ape ha tra i 10 e i 12 giorni di vita, diventa un’ape ceraiola, perché produce una cera bianchissima con il miele e il nettare che mangia e rigurgita. Nell’ultima fase della sua vita, l’ape diventa bottinatrice, perché va a bottinare i fiori: si posa sopra e raccoglie il polline e cerca il nettare all’interno del fiore.

Cosa ne pensi delle iniziative di diverse start up di promuovere l’adozione di un alveare?

È una cosa molto positiva perché le api allo stato brado non esistono più. Ci sono api solo se ci sono anche gli apicoltori. Le api stanno scomparendo e quindi bisogna sostenere chi le alleva (gli strumenti usati per fare il miele possono essere molto costosi!). Come? Prima di tutto scegliendo i loro prodotti, di sicuro di maggiore qualità, rispetto a quelli che si trovano nei supermercati; sono state fatte diverse analisi sul miele venduto in varie catene di supermercati e, in molti casi, il miele era privo di polline, cosa che in natura non succede. Quindi, la prima cosa da fare è acquistare miele dagli impollinatori, se poi si riesce ad adottare un alveare ancora meglio.