La caccia uccide anche le persone: 24 morti e 58 feriti nella stagione che sta per chiudersi

Sono questi i numeri pubblicati a ridosso della chiusura della stagione venatoria dall’Associazione vittime delle caccia e dal Wwf Italia, che parla anche di 645 violazioni commesse negli ultimi cinque mesi. Tra gli animali uccisi ci sono numerose specie rare e protette, a riprova del fatto che il bracconaggio è una piaga ancora piuttosto diffusa.
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Federico Turrisi 30 Gennaio 2020

Oggi 3o gennaio si conclude la stagione della caccia in quasi tutte le regioni italiane; in poche proseguirà ancora fino al 10 febbraio. Il punto è che ogni volta che termina la stagione venatoria, incomincia la conta dei morti, e non solo tra gli animali selvatici bersaglio delle doppiette dei cacciatori. Sono infatti 24 le vittime e 58 i feriti dovuti agli incidenti durante le battute di caccia a partire dallo scorso 1 settembre. I dati arrivano dal "Bollettino della guerra n.7" pubblicato dall'Associazione vittime delle caccia e aggiornato al 15 gennaio. I dati definitivi verrano resi noti l'1 febbraio a chiusura avvenuta.

In quasi 15 mila ore di servizio, le 323 guardie volontarie del Wwf Italia hanno rilevato negli ultimi cinque mesi 645 violazioni, 170 delle quali di tipo penale con relativa segnalazione alle autorità competenti. E questo non devi nemmeno considerarlo come il numero complessivo, dal momento che gli operatori del Wwf sono troppo pochi per coprire tutto il territorio nazionale. Le segnalazioni hanno comunque portato a 178 sequestri, a sanzioni pari a 172.500 euro e al recupero di 705 animali.

A preoccupare è anche il fenomeno del bracconaggio, che sembra essere ancora molto diffuso in Italia. Nell'ultima stagione di caccia, secondo l'organizzazione, sono state prese a fucilate specie rare e protette, tra cui il capovaccaio, l'ibis eremita, l'aquila di Bonelli e il lanario, per non parlare del traffico illecito di uccelli da richiamo. Il Wwf Italia è impegnato in una costante azione legale per far sì che vengano rispettate le norme italiane e le direttive europee sulla tutela della fauna selvatica. In 7 regioni (Lombardia, Liguria, Sardegna, Marche, Lazio, Abruzzo, Calabria) i ricorsi degli avvocati dell'associazione ambientalista sono stati accolti dai giudici del Tar o del Consiglio di Stato, che hanno sospeso o annullato (in maniera totale o parziale, a seconda dei casi) i calendari venatori.