La cannabis terapeutica: le risposte a tutte le domande che puoi farti sulla marijuana come cura

Le pratiche qui descritte non sono accettate dalla scienza medica, non sono state sottoposte a verifiche sperimentali condotte con metodo scientifico o non le hanno superate. Queste informazioni hanno solo un fine illustrativo.
La cannabis terapeutica è legale in Italia? E quanto costa? Che differenza c’è con la marijuana a scopo ricreativo? Rispondere a tutte queste domande serve per eliminare il pregiudizio su una cura che i malati affetti da sclerosi multipla, Sla, o semplicemente da tumore fanno fatica a trovare in commercio.
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Giulia Dallagiovanna 29 Ottobre 2018

Quando si parla di fitoterapia, si parla anche di cannabis terapeutica. E quando si parla di cannabis terapeutica vengono subito in mente le canne. Ecco, questo è l'errore che sta alla base del suo uso in Italia. E siccome è un problema serio, soprattutto per quelle persone che ne hanno bisogno per non provare le pene dell'inferno a causa delle malattie di cui soffrono, è meglio fare chiarezza. Si può partire da un dato: i milioni di euro che il sistema sanitario nazionale risparmierebbe se fosse possibile coltivarla in quantità maggiori nel nostro Paese.

Cos'è la cannabis terapeutica

Partiamo da cosa non è: quella utilizzata a scopo ricreativo. E nemmeno la Cannabis Light, che si trova in commercio da un paio di anni. Questo probabilmente già lo immaginavi, quindi passiamo alla seconda domanda: che differenza c'è? La cannabis terapeutica viene coltivata per uso medico e seguendo norme molto rigide. Si può dire che sia quella di miglior qualità presente sul mercato. Deve rimanere infatti una pianta incontaminata, proprio nel senso che non può subire contaminazioni da batteri, metalli pesanti e altri agenti.

Quella che viene coltivata è la varietà femminile della canapa indiana, da cui si raccolgono le cime fiorite che contengono i principi attivi. Sto parlando di THC (ovvero il tetraidrocannabinolo, che è presente anche in quella a scopo ricreativo) e il CBD (cioè il cannabidiolo). Il primo è il più efficace, ma è anche quello che provoca effetti psicotropi e per questa ragione dovrai seguire strettamente il dosaggio che ti ha prescritto il medico. Il secondo invece non agisce sulle funzioni psichiche ma ha elevate proprietà antinfiammatorie. Per entrambi, la quantità che puoi trovare dipende dal tipo di pianta che usi.

Come funziona

Per assumere la cannabis terapeutica puoi utilizzare le classiche cartine. Ma esistono anche modi più efficaci, come facendoti una tisana, mettendo a bollire i fiori per una quindicina di minuti, oppure inalandola, dopo averla fatta scaldare in un apposito vaporizzatore elettrico. Naturalmente anche le aziende farmaceutiche ci stanno lavorando da diversi anni e hanno prodotto farmaci come il Sativex, uno spray da spruzzare in bocca, oppure l'Epidiolex, in gocce. In generale, tieni conto che fumare è sempre un'abitudine sconsigliata, anche quando si tratta di terapia. Alcuni studi infatti ritengono che la combustione possa aumentare il rischio di tumore. Anche per questo è importante che ne parli sempre con il tuo medico.

Bene, ma una volta assunta, che effetto produce sul tuo corpo? Forse non lo sai, ma un sistema endocannabinoide lo possiedi già. Sono recettori che regolano il tuo stato psicologico e il sistema immunitario, esattamente i due fattori sui quali incide la cannabis. Spiegare come lavorino non è semplice, anche perché i medici lo stanno ancora studiando. Ma per capire come interviene la cannabis, quello che ti serve sapere è che gli endocannabinoidi controllano l'eccitabilità dei neuroni: supponiamo che si tratti di quelli deputati a trasmettere il senso di nausea. Se sono troppo eccitati, ti viene il vomito. Quando si calmano, ti sentirai meglio. Ecco, i cannabinoidi servono a lubrificare l'intero sistema e a riportarlo in equilibrio.

Quando si usa

Come ti dicevo prima, tiene a bada il senso di nausea. Anche se naturalmente non si usa la cannabis terapeutica semplicemente per evitare di rimettere.

Il medico la prescrive quando le cure più tradizionali hanno fallito o non vengono tollerate dal paziente e solo per mettere a tacere i sintomi, non per risolvere il problema alla radice. È indicata infatti per rendere meno rigidi i muscoli e quindi ridurre il dolore cronico e i movimenti spastici in chi è affetto da sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica e lesioni del midollo spinale. Va bene anche quando viene diagnosticato un tumore o l'Aids, perché attenua gli effetti collaterali delle cure. Ad esempio il vomito di cui ti parlavo prima, ma solo nel caso sia una conseguenza della chemioterapia. Sembra poi che risolva i problemi di appetito e venga quindi in aiuto di persone che soffrono di anoressia nervosa.

In generale, non serve nemmeno dirlo, la cannabis calma. E questo effetto calmante può frenare i movimenti involontari provocati dalla sindrome di Tourette oppure stati di agitazione che attraversa spesso chi è affatto da Alzheimer, come suggerisce il sito dell'Associazione nazionale per i cannabinoidi a uso medicinale.

Ma la cannabis è legale?

Sì. E no. In Italia dal 2006 si possono prescrivere preparati a base di cannabis a uso medico e il sito del Ministero della Salute fa un elenco dei farmaci e dei metodi per assumerla. Il suo utilizzo è più che controllato: sulla ricetta devono essere riportate tutte le esigenze che giustifichino questa scelta e un riferimento a dati d'archivio in modo che sia possibile risalire al paziente in questione. Insomma, facendo molta attenzione la si può usare. E fin qui tutto bene, ma a questo punto la legge s'inceppa: prescriverla sì, ma non coltivarla.

O meglio, non senza autorizzazione. Devi sapere che la questione se l'erano posta già una trentina d'anni fa e la risposta l'avevano trovata nel 1990, con il Testo unico sulle droghe. Nel provvedimento si prendevano in considerazione addirittura le sostanze psicotrope e stupefacenti e si dichiarava che potevano essere coltivate una volta che l'autorità competente avesse dato il via libera. Eppure fino al 2014 l'abbiamo importata dall'Olanda.

Poi, la svolta. Proprio in quell'anno, il Ministero della Salute ha concesso l'avvio della produzione made in Italy. Lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, unico luogo nel quale è possibile coltivarla, rappresenta ora la speranza per tutti quei pazienti che erano costretti a ordinarla al sistema sanitario dei Paesi Bassi, con i prezzi che lievitavano. Il preparato ottenuto si chiama FM-2, si trova in farmacia e da quest'anno si dovrebbe riuscire a raggiungere almeno i 100 chili di prodotto.

Quanto costa

Oltre alla qualità superiore, la differenza fra la cannabis italiana e quella olandese è il prezzo. Si passa dai 40mila euro all'anno se la si ordina al ministero della Salute dei Paesi Bassi, ai circa 2mila se arriva dalla Toscana. Naturalmente i costi variano anche a seconda della quantità che serve, ma è evidente come i due circuiti non siano nemmeno paragonabili.

In ogni caso, tranquillo, perché tu non devi pagare nulla. Dal 2017 infatti le terapie a base di marijuana sono a carico del sistema sanitario nazionale.

Ma quindi a questo punto qual è il problema? Bé, come spesso accade sulla carta è tutto perfetto, nella realtà non lo è per niente. La cannabis non si trova. I 500 chili immessi sul mercato dietro autorizzazione del ministero della Salute sono troppo pochi, almeno a detta delle associazioni di malati che ne fanno richiesta. Ma uno dei primi ostacoli che s'incontrano in Italia è il pregiudizio: marijuana rimane comunque sinonimo di canne e non si riesce a mettere a fuoco la differenza fra scopo terapeutico e ricreativo. Così, la produzione e l'importazione sono frenate a prescindere. E coltivarla in autonomia è da escludere, o si rischiano multe e processi.

Ma la cannabis è efficace?

Arrivati a questo punto, è la domanda delle domande. E la risposta è che dal punto di vista scientifico non è ancora del tutto chiaro anche perché le ricerche fatte finora non sono sufficienti. Per quanto riguarda i casi che ti ho elencato prima, è efficace e va utilizzata sotto controllo medico. Ma non è la soluzione a tutti i mali, come a volte si tende a credere. Uno studio del 2017 ad esempio mette in dubbio la sua utilità nel trattamento della Corea di Huntington e dei tremori provocati dal Parkinson. Mentre una ricerca australiana pubblicata a luglio su The Lancet Public Health ha dimostrato come la marijuana non possa nulla contro i dolori cronici che non siano causati da problemi oncologici. Insomma, la cannabis non può sostituire i farmaci a base di oppiodi.

Per concludere, diciamo che la carenza di cannabis a uso terapeutico in Italia è un problema al quale bisogna trovare una soluzione. Ma questo non significa che una volta liberalizzata risolverà tutti i disturbi legati alle malattie più odiose, quelle neurodegenerative e terminali. Purtroppo.

Fonti| Fondazione Veronesi, Enciclopedia Treccani, San Raffaele