La dieta giapponese è migliore di quella mediterranea?

Diciamo che è una bella sfida: sostanzialmente è un pareggio. La dieta giapponese rappresenta infatti una valida alternativa a quella mediterranea, riducendo il rischio di malattie cardiovascolari e di insorgenza di tumori, in particolare di quello alla prostata, che è il più diffuso tra la popolazione maschile.
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Federico Turrisi 11 Ottobre 2019
* ultima modifica il 07/06/2021

La scienza lo ha confermato varie volte: allungano la vita, garantendo una serie di benefici al nostro organismo. Ma quale tra la dieta mediterranea e la dieta giapponese può vantare di essere la più salutare? Anche su questo tema si sono confrontati gli esperti durante l'incontro "Dieta giapponese e prevenzione oncologica" che si è svolto nei giorni scorsi a Roma. Che cosa è emerso? Rispetto alla dieta mediterranea quella giapponese è altrettanto valida per la salute, se non perfino migliore.

La dieta mediterranea e quella giapponese condividono molti dei principi nutritivi necessari per una vita lunga e sana. L’alimentazione giapponese, in particolare, presenta due vantaggi di un certo rilievo: la presenza di cibi vegetali con estrogeni deboli (come tofu, edamame e germogli di soia), che genera un’azione protettiva per l'organismo, e la scarsità di grassi saturi, che sono dannosi soprattutto per il colesterolo.

L’aspettativa di vita per la dieta giapponese è di 85 anni, mentre per quella mediterranea è di 79

L’aspettativa di vita è di 79 anni per la dieta mediterranea e di 85 per quella giapponese. La dieta mediterranea però si difende bene, come testimoniano le percentuali relative al tasso di rischio di alcune malattie. Il regime alimentare tipico anche del nostro paese infatti contribuisce a ridurre il rischio di ictus del 25% e di cancro del 35%, mentre la dieta giapponese si ferma rispettivamente al 22% e al 27%. Per quanto riguarda l'abbassamento del rischio di sviluppare il morbo di Parkinson, vince la dieta giapponese con un tasso del 50% rispetto al 46% della dieta mediterranea.

Ma i dati che sorprendono di più sono quelli relativi al tumore della prostata, che rappresenta il carcinoma più diffuso nella popolazione maschile nei Paesi occidentali, Italia compresa. Rappresenta infatti circa il 20 per cento di tutti i tumori diagnosticati nell'uomo, soprattutto dopo i 50 anni. In Giappone l'incidenza del tumore alla prostata è solamente del 10%, mentre in un paese come gli Stati Uniti si arriva anche a punte del 40%. Il motivo ce lo spiega uno studio pubblicato dai ricercatori del Children's Hospital Medical Center di Cincinnati sulla rivista scientifica Biology of Reproduction. I benefici del regime alimentare giapponese sulla prevenzione del tumore alla prostata derivano soprattutto dalla produzione di una molecola chiamata equolo che viene prodotta dall'intestino quando digerisce la soia e che sarebbe in grado di bloccare l'azione di un ormone maschile, il Dht, associato all'ipertrofia prostatica e al tumore. Insomma, la tua voglia di cucina giapponese può trovare ora più che mai una salda conferma a livello scientifico.

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