La musica come mezzo di resistenza psicologica: storie che arrivano dalla guerra in Ucraina

Se non indicato espressamente, le informazioni riportate in questa pagina sono da intendersi come non riconosciute da uno studio medico-scientifico.
Da Kiev a Odessa, la resistenza alla guerra senza armi è musica. C’è chi suona l’inno nazionale davanti ai commilitoni, una bambina che canta “Let it go” in un bunker e i civili che si preparano all’attacco nemico costruendo barricate sulle note dei Bon Jovi. E così, si resiste.
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Gaia Cortese 25 Marzo 2022

La musica può essere una terapia. A volte basta chiudere gli occhi e ascoltare il proprio brano musicale preferito per distoglierci temporaneamente dalla realtà e trarne subito beneficio.

La musica, infatti, può avere un impatto forte sullo stato emotivo di una persona: ha il potere di rilassare e di ridurre lo stress, ma anche di migliorare l’umore. E poi, in condizioni estreme, può anche diventare un mezzo per rispondere ad una guerra, senza per forza voler impugnare le armi.

In questi giorni in Ucraina vediamo militari e civili impegnati in una coraggiosa resistenza. Di questi, molti hanno deciso di farlo aggrappandosi alla musica, forse perché prima che le città fossero rasate al suolo da bombe e missili, erano soliti esercitarsi nel suonare uno strumento o amavano dedicarsi al canto. Se quindi da una parte la quotidianità gli è stata tolta, continuare a cantare o a suonare un pianoforte, non può che dargli coraggio, e in taluni casi pace, quella che tutti speriamo arrivi al più presto possibile.

Così, in una Kharkiv deserta, tra edifici bombardati e cumuli di macerie, pochi giorni fa il violoncellista ucraino Denys Karachevtsev ha suonato la suite per violoncello n.1 di Bach. Lo ha fatto per lanciare una raccolta fondi per gli aiuti umanitari e per ricostruire la città, una volta conclusa la guerra.

Non si può poi dimenticare la piccola Amelia Anisovych, la bambina di sette anni, ripresa in un video mentre canta Let it go, il celebre brano che fa da colonna sonora al film d’animazione Disney Frozen. Amelia canta mentre si trova in un bunker di Kiev. Lo fa per intrattenere i bambini nascosti nel rifugio antiaereo insieme a lei, per distrarli dai bombardamenti e dagli spari che provengono dall'esterno.

Amelia è riuscita a raggiungere la Polonia, dove ora vive insieme ai fratelli e alla nonna, ma la sua esibizione dedicata a quelle poche persone nascoste nel bunker, non è solo diventata virale sui social, ma è anche stata interpretata come un simbolo di speranza. Così le è stato chiesto di esibirsi nell'ambito di un concerto di beneficenza, intitolato “Insieme per l’Ucraina”, che si è svolto all’Atlas Arena di Lodz, in Polonia. Amelia ha così potuto cantare su un vero palcoscenico l’inno nazionale ucraino dal titolo “L’Ucraina non è ancora morta”.

L'inno nazionale ucraino viene suonato al violino anche da un soldato davanti ai suoi commilitoni negli alloggi dei militari di Kiev. E per un attimo la stanchezza e la paura lasciano spazio alla commozione, davanti all'esibizione del soldato.

E poi c'è un folto gruppo di cittadini di Odessa che, mentre si preparano all'avanzata russa, preparando le barricate di sacchi di sabbia per difendersi, ascoltano a tutto volume il brano "It's my life", tra le hit di maggior successo dei Bon Jovi.  C'è un impianto stereo sulla spiaggia, un ragazzo che accompagna il brano alla batteria e un gruppo di giovani impegnati a caricare sacchi di sabbia su un camion. La band americana non è rimasta indifferente a questa scena e ha condiviso su Facebook questo video scrivendo: "This is for the ones who stood their ground", che tradotto significa "Questa è per quelli che non mollano", citando un passaggio del brano. Se non è questa resistenza.