La pianta carnivora può davvero mordermi?

Le piante carnivore sono pericolose per l’uomo? Spoiler: No, ma ci sono piante carnivore capaci di mangiare piccoli vertebrati come i ratti.
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Rubrica a cura di Gabriele Martinucci
16 Febbraio 2024

Sei mai stato morso da una pianta carnivora?

Questa pianta è straordinaria perché riesce a mangiare insetti. Ma come fa a digerire altri organismi? E soprattutto, può davvero “mordere” un essere umano?

Perché esistono le carnivore?

Pensa che cosa assurda: le carnivore non sono carnivore da sempre, sono piante che hanno modificato le loro abitudini per… sopravvivere. Esatto! Ok, di cosa si nutrono le piante normalmente? Luce, acqua, anidride carbonica e basta? Certo che no, anche di sali minerali vari presenti naturalmente nel terreno. Ecco, immaginate queste piante che a un certo punto si ritrovano in terreni poveri di azoto, fosforo, manganese, i principali nutrienti delle piante comuni. Pensa alle paludi dove il PH del terreno è tendente all'acido e di questi nutrienti non ce n'è nemmeno l'ombra. Piuttosto che arrendersi e morire, queste piante hanno trovato altri modi, altre strategie, per sopravvivere nei terreni fradici. Nelle zone umide abbondano gli invertebrati e altri artropodi, come ad esempio vari insetti, lombrichi, ragni. Una fonte di cibo quasi inesauribile. Ecco che alcune piante, nel corso della loro evoluzione, sono riuscite a fare qualcosa di straordinario: catturare e mangiare questi invertebrati. E dato che le loro proteine, i loro acidi nucleici e i loro lipidi, sono ricchi di azoto, di fosforo e di tutti quei macro e micronutrienti essenziali per la sopravvivenza del vegetale, digerendoli la pianta riesce così a nutrirsi. Questo processo evolutivo ha seguito strade diverse: le varie specie, infatti, non sono tutte imparentate tra loro, ma hanno evoluto indipendentemente questa strategia di alimentazione.

Quasi tutte le piante carnivore attirano gli invertebrati nelle trappole con colori sgargianti e con ghiandole che producono sostanze zuccherine a cui molti animali non sanno resistere. Una volta che la vittima è stata catturata, ecco che inizia la digestione. Queste piante hanno evoluto delle ghiandole che producono enzimi digestivi. Detto brutalmente, è un po' come facciamo noi con il nostro stomaco e i succhi gastrici. Quello che viene sciolto da questi acidi vegetali, viene poi assorbito dalla pianta.

Pianta carnivora attiva

Possiamo dividere le piante carnivore per tecniche di caccia in piante attive e piante passive.

Le piante attive sono quelle che catturano le loro prede con movimenti veloci. La più famosa è la Venere acchiappamosche, nome scientifico “Dionea muscipula”. Già Darwin la descrisse come la pianta più bella del mondo. Il perché è chiaro! Ha queste foglie modificate a bocca dentata e quando una mosca si appoggia all’interno, ecco che fa scattare la trappola e le fauci si chiudono in pochi centesimi di secondo.

Come funziona la Venere acchiappamosche

Ma come fa la pianta a sapere che dentro la sua trappola c’è un animale vivo se non ha gli occhi? Beh, conta i secondi! All’interno delle bocche ci sono dei peletti: questi sono peletti sensibili al tocco e ad ogni stimolo fanno partire una scarica elettrica all’interno delle cellule della Dionea. Immagina: la mosca si posa, comincia a camminare cercando di mangiare lo zucchero e facendo questo, urta uno di questi peli, e tac! Parte la prima scarica. Se il secondo tocco, e di conseguenza il secondo segnale elettrico, arriva entro i primi 20-30 secondi dal primo, ecco che la pianta chiude repentinamente le fauci, intrappolando la preda. Farà partire la digestione solo se l’invertebrato, zampettando spaventato, continuerà a stimolare i peletti interni e facendo capire alla pianta che effettivamente è riuscita a catturare una preda. Davvero ingegnosa e un po' sadica!

Pianta carnivora passiva

Passiamo ora all’altra tecnica di cattura tipica delle piante passive, invece, sono quelle che per catturare la vittima aspettano semplicemente che la preda…cada!

Un esempio lampante sono le Nepenthes. Queste piante hanno sviluppato  degli ascidi, ossia delle specie di sacche o brocche spesso coloratissime, che attirano gli animali e li fanno scivolare all’interno grazie a uno spesso strato di cere e grasso lungo le pareti di questo sacco. Nel fondo dell’ascidio è presente un liquido ricco di enzimi digestivi prodotti dalla pianta e lì, tutto ciò che di vivente ci casca dentro, è destinato ad essere digerito con calma ma inesorabilmente. Le Nepenthes sono forse tra le piante carnivore più carnivore di tutte.

Nepenthes rajah

Le brocche di Nepenthes rajah, ad esempio, sono talmente grandi da contenere circa 2,5 litri di liquido e riescono a digerire non solo piccoli invertebrati. È stato infatti documentato che riesce a digerire, se le capita l’occasione, dei piccoli vertebrati come ratti o lucertole. La sua dieta principale però, va precisato, non sono i ratti, ma sono principalmente, come per le altre, vari artropodi. Ma la cosa straordinaria è che queste trappole sono talmente grosse che hanno formato al loro interno un micro-ecosistema dove vivono numerose specie di batteri, larve di zanzare, di moscerini, acari, ragni e addirittura una specie di granchio. Questi organismi non si sa precisamente che ruolo svolgono nella pianta (le loro relazioni sono ancora avvolte da un velo di incertezza), ma si pensa che siano in simbiosi mutualistica, ossia di mutuo scambio: la pianta offre riparo, gli organismi la aiutano a digerire meglio.

Nepenthes lowii

Ma le Nepenthes non finiscono di sorprendere! La Nepenthes lowii e i suoi ascidi hanno una forma a vespasiano. E non è un caso. Questa pianta non si nutre di insetti e nemmeno di topi, ma di… feci! Lo zucchero in questo caso attira le tupaie, delle specie di mammiferi simili agli scoiattoli, anche se non sono imparentati. Mentre mangia lo zucchero prodotto del cappello della brocca, la tupaia defeca dentro la Nepenthes e quella cacca, ricca di nutrienti, fertilizza la pianta.

Dove si trovano le piante carnivore?

Questi e moltissimi altri stratagemmi si sono evoluti per far vivere le piante carnivore dove altre morirebbero. Pensa che esistono più di 600 specie di piante carnivore e le possiamo trovare nelle zone equatoriali del mondo, come ad esempio il sud est asiatico, l’Africa, ma anche l’Australia o le Americhe.

E in Italia? Forse non lo sai, ma anche in Italia abbiamo diverse piante carnivore! Il mediterraneo è una zona calda per la biodiversità delle pinguicole ad esempio, piante carnivore dalle foglie cicciotte e appiccicose che fungono da carta-moschicida. In Italia ne abbiamo diverse specie, pensate che solo sulle Alpi Apuane, il mio luogo d’origine, si contano in pochi km2 ben 2 specie endemiche, ossia che si trovano solo in quelle montagne e da nessun’altra parte. Poi abbiamo la Drosera rotundifolia, una pianta che brilla sotto il sole e che produce delle gocce luccicanti e molto appiccicose che sembrano gocce di rugiada. Capita così che gli insetti assetati cadono vittima di questa trappola.

Le carnivore stanno scomparendo?

La Drosera era un tempo molto diffusa nel nostro territorio. Oggi invece rimangono solo alcune popolazioni isolate in zone umide come alcune paludi e torbiere. La causa? Eh, ce ne sono tante: crisi climatica collegata alla siccità, bonifiche e inquinamento sono tra le principali minacce. Ma la Drosera rotundifolia non è la sola a passarsela male. Tantissime specie di piante nel mondo stanno lottando per poter riuscire a non sparire per sempre. Valorizzare le zone umide del pianeta, le poche ormai rimaste, è fondamentale per tutti, non solo per le piante carnivore. Queste aree ci proteggono dalle piene, fanno riprodurre gli animali, ci donano acqua pulita e trattengono anidride carbonica. Sono un po' come i reni della Terra. Proteggere la Drosera significa proteggere il suo habitat naturale e proteggendolo aiuteremo la popolazione umana, noi stessi, a vivere in un mondo più in salute. E questo vale per tutte le aree naturali.

Ma quindi, secondo te, dopo tutto quello che ti ho detto, le piante carnivore potrebbero davvero mordere il dito? Ti aspetto nei commenti! Nel frattempo, ti do appuntamento alla prossima puntata di nome format. A presto!

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Naturalista, classe ‘96 e nato il 25 dicembre con un’enorme passione per la natura: rettili, anfibi e piante in particolare. Ho altro…