La Rinconada, il paradiso del diavolo peruviano

In questo episodio di Contro Natura siamo entrati nelle miniere d’oro peruviane in cui le condizioni di lavoro sono estreme, così come i rischi per l’ambiente e la salute dei cittadini. Una città dell’oro in cui non c’è spazio per il lusso.
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Rubrica a cura di Beatrice Barra
6 Marzo 2024

Sulle Ande peruviane, al confine tra Perù e Bolivia, si trova una sorta di El Dorado in versione "horror".

Ti sto parlando di La Rinconada, la città dell'oro, dove migliaia di persone vivono con un’unica ossessione: accaparrarsi il metallo più prezioso al mondo. Scordati il lusso: in questa terra lontana da ogni modernità, si vive con il 50% in meno di ossigeno, tra baracche di lamiere, freddo, montagne di spazzatura, cocaina e fiumi di mercurio; la criminalità e il pericolo sono all’ordine del giorno.

Ma perché c’è questa situazione? E soprattutto chi accetterebbe una vita così solo per il gusto di sfidare  il "paradiso del diavolo"?

Da piccola cittadina di montagna a "paradiso del diavolo"

Posta a un'altitudine media di 5.100 metri sopra il livello del mare, La Rinconada è considerato l'insediamento abitativo più alto del mondo. Fino a qualche decennio fa era una piccola cittadina di montagna ai piedi del ghiacciaio Ananea, poi accadde una rivoluzione: negli anni ‘70 il prezzo dell’oro salì alle stelle.

Il motivo? Sebbene lo sfruttamento dei giacimenti di oro fosse già praticato dagli Incas, è proprio negli anni ‘70 che il mercato subisce una totale metamorfosi: se per decenni il prezzo dell’oro era rimasto relativamente stabile, improvvisamente, il mercato di questo metallo divenne libero (così come lo conosciamo oggi), causando un aumento spropositato del prezzo.

Fonte: Convinvest

Questo, insieme ad altri fattori – tra cui una grave crisi economica che ha colpito il Perù –, attirò migliaia di persone spinte dal desiderio di poter diventare cercatori d’oro.

Intorno al piccolo centro abitato senza impianti idraulici, fogne ed elettricità hanno iniziato a spuntare baracche di lamiera ondulate stipate attorno agli ingressi delle miniere. A poco a poco, in queste case improvvisate per i minatori di passaggio hanno iniziato ad arrivare anche donne e bambini. Oggi la popolazione è di circa 50 mila/70 mila abitanti, ma non si tratta di un dato ufficiale. Qui la popolazione è temporanea, le persone arrivano e se ne vanno senza nessun controllo.

Come si vive a La Rinconada?

La prima cosa che si deve affrontare quando si arriva a la Rinconada è il “mal di montagna”. Normalmente in montagna quando l’altitudine aumenta – pur essendoci le stesse quantità di gas e componenti, tra cui l'ossigeno, che si trovano nell’aria che respiriamo tutti i giorni a bassa quota – ciò che cambia è la pressione. È proprio la pressione che guida lo scambio di gas dai polmoni ai globuli rossi che trasportano l’ossigeno al resto del corpo. Una minore pressione in alta quota rende, quindi, difficile per il corpo assorbire ossigeno. Mal di testa, vertigini, nausea, fino a mancanza di respiro sono i sintomi con cui convivono le persone che raggiungono La Rinconada. L'organismo necessita infatti del giusto tempo per ambientarsi e, oltre alle bombole di ossigeno, un grande aiuto per gli abitanti del luogo sono le foglie di cocaina.

Donna che mastica una foglia di cocaina

Si proprio la pianta da cui viene estratta la sostanza stupefacente illegale in molti Paesi. Devi sapere che le foglie di coca contengono una bassa percentuale di cocaina (tra lo 0.5% e il 2,5%) quindi gli abitanti e soprattutto i minatori masticano per ore le foglie per rilassarsi, sconfiggere la fatica e la fame, senza avere effetti psicotropi.

Lavorare gratis per 28 giorni al mese

Ma qui il mal di montagna sembra essere il problema minore. A La Rinconada tutto ruota attorno all’oro. Le miniere dell’intera zona sono concesse a diverse cooperative minerarie, ma esiste un'unica società che le gestisce e supervisiona tutte: la Corporación Minera Ananea S.A. (CMA). Questa distribuisce le aree minerarie a 450 soci concessionari, che a loro volta si affidano a delle squadre di minatori, obbligati a lavorare in un labirinto di gallerie scavate sottoterra tra la roccia e il ghiaccio, in condizioni estreme. Ogni giorno i minatori oltre a percorrere km in salita, tra sentieri improvvisati e immondizia, all’interno delle miniere lavorano senza nessuna norma di sicurezza con il rischio di crolli, esplosioni e di non riuscire più a vedere la luce del sole.

Ma lo sai qual’è la cosa peggiore: i minatori non vengono nemmeno pagati. Si hai capito bene, qui vige il sistema del cachorreo. Sostanzialmente l’operaio lavora 28 giorni per il proprietario della miniera senza retribuzione, in cambio di due giorni di riposo durante i quali il minatore è autorizzato a estrarre oro per sé, da un'area mineralizzata di 2 m di diametro, da tenersi come stipendio. Insomma è come una scommessa: puntando tutto sulla fiducia nella fortuna, quando va bene, l’operaio guadagna molto di più che con un salario fisso ma se va male lavora gratis. Ovviamente vale solo per gli uomini, visto che le donne non sono ammesse all’interno delle miniere. Le uniche alternative per loro sono: la prostiruzione o scavare negli avanzi.

Anche la vita per le donne non è più semplice. Le donne non sono ammesse all'interno delle miniere. Secondo la tradizione “La Bella Durmiente", così viene chiamata la montagna che circonda la città perché le sue cime ricordano il profilo di una donna addormentata, diventa gelosa se un’altra donna entra in miniera. Questo secondo le credenze popolari provoca crolli o peggio ancora la scomparsa dell’oro. Così, le donne che non vengono coinvolte nel giro delle prostituzione, sono cotrette a scavare negli avanzi di rocce gettate fuori delle miniere per cercare resti di oro.

L'estrazione dell'oro dalle rocce

Un grammo di oro equivale a circa 190 soles, cioè più o meno 50 euro. Non male, peccato che trovare anche solo un grammo di oro non è semplice. Partiamo dal presupposto che in natura l’oro non si trova in lingotti anzi è ben nascosto nelle rocce. Per ricavare le famose pepite d’oro a La Rinconada si usa il mercurio, che produce gravissimi danni ambientali. Giusto per farti un esempio pensa che per realizzare un anello nuziale d’oro di 18 carati si produce circa 20 tonnellate di rifiuti tossici.

Ma vediamo esattamente questo processo: una volta estratte le rocce che presentano tracce di oro vengono macinate con dei mulini fino a ridurle in polvere che sarà poi mescolata proprio con il mercurio. Infatti, il mercurio è un metallo liquido che si lega molto facilmente con l’oro creando una amalgama, un mix dei due metalli. A questo punto, per liberare l’oro dal mercurio, basta scaldare l’amalgama su una fiamma e il mercurio evapora. In questo modo, si ottiene un’unica massa di oro, molto più pratica da commerciare mentre i vapori di mercurio si disperdono nell’aria fredda. Questi vengono inalati dai lavoratori che li manipolano senza protezioni, dalle loro famiglie e si depositano sui tetti delle baracche, nei terreni, sul ghiacciaio che sovrasta la città, l’unica fonte d’acqua a disposizione degli abitanti della città, insieme al lago Rinconada, inquinato da da arsenico, mercurio e piombo.

I rischi per la salute

Oltretutto il ghiacciaio viene considerato l’unica fonte d’acqua a disposizione degli abitanti de La Rinconada. Infatti, per ricavare acqua il ghiaccio viene fatto a pezzi e tramite dei precari tubi neri, l’acqua arriva in città, ovviamente contaminata. E la situazione peggiora nel lago Rinconada, che si trova a circa 5 chilometri dalla città. Nelle sue acqua è stato rilevato un inquinamento "estremo" da arsenico, mercurio e piombo. Questi metalli pesanti vengono proprio dalla città mineraria e scorrono a valle, compromettendo il lago.

Oggi, l’utilizzo del mercurio nelle miniere è vietato e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato il mercurio come una delle dieci sostanze chimiche che costituiscono un grave problema per la salute pubblica, ma qui nessuno sembra preoccuparsene. Lo dimostra perfettamente l’aspettativa di vita di questa popolazione che è di 30-35 anni. Ma le sostanze chimiche non sono le uniche ragioni di questa condizione.

La Rinconada sembra essere un luogo completamente dimenticato. Non c’è elettricità se non nelle vie centrali, non c’è acqua corrente o un sistema fognario. Esistono solo dei bagno pubblici con tubi che mandano direttamente i reflui e l’acqua sporca fuori città. Lo stesso vale per la spazzatura, non esiste un servizio di raccolta dell’immondizia, questa viene buttata fuori città trasformando la periferia in una vera e propria discarica.

L'unica ragione per cui la spaventosa situazione sanitaria della città non causa un'epidemia di infezioni e parassiti gastrointestinali è il freddo brutale che dura tutto l'anno (nel mese estivo di gennaio, la temperatura raggiunge massimo 4 gradi). Qui i batteri congelati sono innocui in confronto alla catastrofe per la salute pubblica che un clima più caldo potrebbe provocare.

Ma non solo, non essendoci leggi e controllo da parte del governo peruviano, la Rinconada viene considerata come un luogo non sicuro. Le strade sono governate da bande di criminali, disposti a spargere sangue per una roccia che potrebbe celare dell'oro. Quando cala il buio, alcool, prostituzione e violenza diventano i padroni della città.

Ma nonostante tutto quello che ti abbiamo raccontato la febbre dell’oro sembra essere la vera malattia dalla quale le persone non riescono a guarire.

Una filiera dell'oro etica e solidale è possibile

Se da un certo punto di vista La Rinconada può essere considerata un esempio estremo della pratica di estrarre l'oro, questa contrastante realtà rispecchia la complessità dell'industria mineraria del Perù che è il settimo produttore globale di oro.

Pensa che qualche anno fa persino dallo spazio si vedevano quelli che sono stati definiti i "fiumi gialli": una scia di luci, sentieri per le miniere, terreni ripuliti dalla vegetazione, che solcano la foresta pluviale, a la Madre de Dios, nel sud ovest del Perú. Ciò che è più grave è che tutto si svolge nell'indifferenza o tolleranza delle autorità.

Sicuramente per migliorare questa situazione prima di tutto è necessario un intervento da parte delle istituzioni locali per regolamentare e controllare lo sfruttamento minerario, imponendo norme di sicurezza, di qualità e di responsabilità sociale alle aziende e agli operatori che operano nel settore.

Ma anche sensibilizzare e formare i minatori e le comunità locali sui rischi e gli impatti dell'inquinamento minerario, mostrando loro che uno stile di vita diverso è possibile.

Questo è quello che provano a fare alcune associazioni, una tra tutte è l'organizzazione no-profit Alliance for Responsible Mining (ARM) che certifica l'oro proveniente da minatori che soddisfano una serie di standard legali, sociali e ambientali e li mette in contatto con i gioiellieri che vogliono poter tracciare la loro fornitura alla sua origine. Una dimostrazione in questo senso è la medaglia del Premio Nobel per la Pace, che dal 2015, è prodotta con oro estratto in modo responsabile da organizzazioni minerarie di piccola scala certificate. Tuttavia, garantire la tracciabilità, richiede molto lavoro e la quantità di oro certificato come “commercio equo e solidale” (ovvero che è stato lavorato senza sostanze chimiche tossiche) è solo di 130 kg su circa oltre 3.000 t di oro prodotto nel 2022 a livello globale, un dato che non si avvicina neanche lontanamente all’1% dell’oro prodotto.

Sicuramente la strada è ancora lunga, ma possiamo provare a fare la nostra parte. Per esempio, quando acquistiamo gioielli, possiamo scegliere dell'oro riciclato oppure dell’oro etico, estratto e prodotto con un approccio responsabile e rispettoso dell'ambiente e delle comunità. Questo è un piccolo passo, ma importante, per contribuire a creare una filiera dell'oro etica e solidale, che valorizzi il lavoro dei minatori e che favorisca lo sviluppo del paese.

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Polentona acquisita e curiosa instancabile. Sono a Milano dal 2016 e scrivo per passione da quando ho cinque anni. Amo il altro…