La sostenibilità, per gli Eugenio in Via di Gioia, è una “salsa di pomodoro”

In questo nuovo episodio di 3 per la Terra abbiamo parlato (e riso, tanto) con gli Eugenio in Via di Gioia che ci hanno raccontato la loro idea di sostenibilità che riguarda la musica, il linguaggio, le scelte individuali e la salsa di pomodoro.
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Rubrica a cura di Beatrice Barra
13 Giugno 2024
Intervista a Eugenio in Via di Gioia Gruppo musicale

Il "m'ama o non m'ama" dell'arte, oggi, sembra essere: impegno sociale sì o impegno sociale no?

Per Eugenio Cesaro, Emanuele Via, Paolo di Gioia e Lorenzo Federici la risposta è più complessa: l'arte non ha il dovere di sensibilizzare, ma è importante farlo quando l'artista sente l'urgenza di esprimere un determinato concetto. Rimane solo un dubbio: "Perché in pochi, o comunque non tutti, sentono l'urgenza di esporsi sulla sostenibilità?".

Per questo nuovo appuntamento con 3 per la Terra abbiamo invitato nei nostri studi gli Eugenio in Via di Gioia, gruppo musicale italiano formatosi a Torino nel 2013 "per strada" — come scrivono sul loro sito — suonando "letteralmente ovunque". Hanno perso molti concorsi canori, hanno suonato in festival e club, per poi arrivare a vincere il premio della critica "Mia Martini" sul palco dell'Ariston di Sanremo nel 2020 con la canzone Tsunami, una critica alla società contemporanea caratterizzata dal disorientamento e un invito a opporvisi, mettendosi in gioco. È quello che fanno loro tutti i giorni attraverso le loro canzoni che hanno sempre uno sguardo critico e profondo sulla società e sul tema della crisi climatica.

Perché Eugenio in Via di Gioia?

Il nome della band nasce dall'unione dei nostri nomi, tranne quello di Lorenzo Federici che purtroppo è arrivato dopo, ma gli abbiamo dedicato il nome del nostro primo disco che sarà infinito, mentre noi ci scioglieremo (anzi, fonderemo) come i ghiacciai.

Albero, Umano, Tsunami, Filastrocca per grandi, Terra. Perché avete scelto di parlare di sostenibilità nelle vostre canzoni?

Perché sentivamo l'urgenza di parlarne. L'arte traduce il messaggio in un linguaggio emotivo che parla un vocabolario  diverso da quello della ragione e riesce a entrare in empatia con un pubblico che, magari, diversamente, non riuscirebbe a entrare in connessione con questi temi. Il punto è capire perché la sostenibilità non sia un'urgenza per tutti.

In "Umano" avete scritto: dovremmo frenare, ma stiamo accelerando. Quali sono le prime cose in cui dovremmo iniziare a frenare?

Nella definizione che ci diamo sulla base dei consumi che facciamo. La velocità che abbiamo acquisito è superiore a qualsiasi tipo di risorsa disponibile sul Pianeta. Ogni acquisto deve essere sensato e, comunque, la scelta migliore rimane non acquistare o acquistare a lungo termine. Ecco che arriva la vita lenta: meno frenesia, più calma, per riuscire a razionalizzare ciò che abbiamo intorno.

In cosa potrebbe essere più sostenibile l'industria musicale?

La musica è fatta di onde acustiche, quindi a parte l'inquinamento acustico, di rifiuti ne produce pochi. Però ci sono gli strumenti di riproduzione, i server, i tour, i mezzi di trasporto per portare la strumentazione, le persone. Se però ogni progetto musicale, nella fase di progettazione, presta un'attenzione in più,  si può iniziare un cambiamento e lanciare un messaggio a chi questi processi li gestisce.

Quali sono le vostre "attenzioni in più"?

Abbiamo deciso di trasformare il nostro merchandising in un mercatino sostenibile. Tutte le nostre magliette — che cerchiamo di fare sempre in edizione limitata, anche per evitare la sovrapproduzione — sono fatte con materiale riciclato e con ricaduta sociale. Ovviamente c'è un sovrapprezzo che noi dobbiamo pagare. Magari le persone comprano meno, ma sono contente di comprare prodotti di qualità. Poi, da qualche anno, nei nostri camerini abbiamo abolito l'uso della plastica e invitiamo il pubblico di  raggiungerci a piedi o in bici, quando possibile. Abbiamo inventato una chat Telegram per permettere ai nostri fan a raggiungere il concerto cercando di organizzarsi con altre persone, per ottimizzare l'uso delle auto. Da questa chat sono nati gruppi di amici e anche qualche coppia o nucleo familiare…

In che modo parlate di sostenibilità?

Nel tempo abbiamo usato diversi linguaggi. C'è quello razionale, in canzoni come Filastrocca per Grandi. Poi c'è quello emotivo, come in "Terra", che è una canzone d'amore a tutti gli effetti. Non è un caso che la canzone Terra venga cantata da tantissime maestre a scuola, anche grazie al fatto della scritta che abbiamo fatto in piazza San Carlo. Eravamo in 150 e abbiamo colorato la scritta "Ti amo ancora" sampietrino per sampietrino.

Fonte: Eugenio in Via di Gioia, Instagram

Perché "Ti amo ancora"?

É una dedica d'amore a un Pianeta che abbiamo maltrattato inconsapevolmente consapevolmente. Quindi, come fa un amante quando si accorge di aver sbagliato, abbiamo scritto una dedica "sotto casa". La cosa bella è che la maggior parte delle persone ha capito che quel messaggio fosse rivolto alla Terra. La bellezza arriva dove tutto il resto fatica a fare breccia. Se si abitua la persona fin dall'infanzia alla bellezza (e quindi alla cura di ciò che lo circonda), quando succede qualcosa di brutto lo avverte  in maniera più spontanea.

Ce ne cantate un pezzettino?

Terra, perché un posto più bello non c'era. Pronto a tutto per riaverti, anche a fare la guerra. Ma che dico, non sono il tipo. Tu così naturale, perfetta, essenziale, non cerchi clamore: sei musica senza parole.

Siamo arrivati alle 3 per la Terra, ovvero quei concetti secondo voi fondamentali per la sostenibilità. Nel vostro caso facciamo un'eccezione e ve ne chiediamo una ciascuno, quindi quattro.

La prima è approfondire, perché senza approfondimento non c'è una totale consapevolezza senza consapevolezza non c'è scelta.  La seconda è salsa, perché per me fare la salsa di pomodoro in casa è l'esempio più alto  del vivere sostenibile. Vengono raccolti i pomodori (frutta di stagione), si chiama il vicinato, ci si siede tutti insieme, si lavorano i pomodori e una volta fatta la salsa, si conserva per mesi. Chi ha lavorato i pomodori non suoi ci guadagna qualche barattolo di pomodori e la certezza che la volta dopo, quando sarà il suo turno, gli altri lo aiuteranno. La terza è scelta, che è una conseguenza dell'approfondimento, perché quando approfondisci l'argomento puoi scegliere la tua strada. La quarta è futuro, che è tutto. Una transizione, un passaggio, il cambiamento. Il  futuro ce lo dobbiamo anche guadagnare per evitare errori, ma anche per capire cosa è giusto per l'essere umano.

Un appello per la sostenibilità?

Evitiamo che la sostenibilità diventi una narrazione elitaria. Lanciamo un appello ai divulgatori scientifici e a chiunque parli del tema: farlo diventare qualcosa di distante dalla quotidianità e dalle salse di pomodori rischia di diventare pericoloso, perché lo fa sembrare un problema distante dalla vita di tutti i giorni, quando invece è la base su cui si appoggiano tutte le "teglie" che usiamo per cucinare quando torniamo a casa.

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Polentona acquisita e curiosa instancabile. Sono a Milano dal 2016 e scrivo per passione da quando ho cinque anni. Amo il altro…