Lo iodio anti-radiazioni? Il prof Giustina: “Ecco perché oggi non serve acquistarlo né tantomeno assumerlo”

In Belgio ma anche in Svizzera si è registrata una vera e propria corsa all’acquisto di pillole di iodio per proteggersi dalle radiazioni. Ma a che serve questa sostanza e oggi è davvero necessario farne scorta o addirittura cominciare ad assumerlo? Ne abbiamo parlato con il professor Andrea Giustina, primario di Endocrinologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano.
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Kevin Ben Alì Zinati 11 Marzo 2022
* ultima modifica il 17/03/2022
In collaborazione con il Prof. Andrea Giustina Primario di Endocrinologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, professore Ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo all’Università Vita-Salute San Raffaele.

Quella che si alza dalle centrali nucleari di Chernobyl e Zaporizhzhia, oggi sotto il controllo delle forze armate russe, è una paura grave e spaventosa eppure invisibile, impalpabile, senza forma.

Proprio come la nuvola carica di elementi radioattivi che in caso di incidente a uno dei due impianti si muoverebbe verso l’Italia e il mondo intero spinta dai venti dell’est.

È una paura giustificata? Non sta a noi dire se e di cosa devi avere paura. Armi e scontri a ridosso di un impianto nucleare non possono certo lasciare del tutto tranquilli.

Di fronte al silenzio di Zaporizhzhia, la più grande centrale nucleare d’Europa che oggi non trasmette più dati sul monitoraggio del materiale nucleare, e a Chernobyl tagliata fuori dalla rete elettrica, la IAEA si è detta preoccupata ma allo stesso tempo ha ridimensionato l’allarme lanciato dal Governo ucraino di “imminenti fughe radioattive” non appena i generatori diesel di riserva finiranno di alimentare la centrale di Chernobyl.

Tutti noi guardiamo all’evolversi della situazione carichi di fiducia e speranza ma in questi giorni anche tu avrai visto quella paura concretizzarsi sempre di più e, tra le altre cose, assumere la forma di una corsa all’acquisto di pillole di iodio anti-radiazioni.

In caso di incidente radiologico, come sai, vengono sprigionate grandi quantità di materiali radioattivi. Dopo l’incidente del 26 aprile 1986 sono state registrate concentrazioni di isotopi radioattivi come il cesio-137 e lo stronzio-90 insieme, appunto, allo iodio-131.

La centrale nucleare di Zaporizhzhya, Ucraina

Queste sostanze, dal luogo del disastro si disperderebbero nell’aria e viaggerebbero per chilometri contaminando cibo e acqua che troverebbero sul proprio cammino: attraverso l’alimentazione poi entrerebbero infine nel nostro organismo.

“Un’assunzione preventiva di iodo naturale, tuttavia, può proteggere la nostra tiroide da un eccessivo accumulo di iodio radioattivo” ha precisato il Professor Andrea Giustina, Primario di Endocrinologia all’Ospedale San Raffaele di Milano provando a dare una forma all’assalto alle farmacie registrato in Belgio o in Svizzera.

La tiroide è una piccola ghiandola situata alla base del collo che attraverso la produzione di ormoni tiroidei regola alcune funzioni fondamentali dell’organismo come la respirazione, il battito cardiaco, la temperatura corporea, il metabolismo di zuccheri, grassi e proteine e anche lo sviluppo del sistema nervoso centrale.

Se la tiroide è uno dei motori del nostro corpo, lo iodio è sicuramente la sua benzina. Secondo il professor Giustina “la tiroide è sempre affamata di iodio e quando è presente in eccesso attorno a noi, questa tende a trasportarne grandi quantità al suo interno”. 

L’ingresso nell’organo di sostanze radioattive rischierebbe di creare una patologia tumorale a danno dell’organo perché queste radiazioni possono causare alterazioni del Dna cellulare da cui si potrebbero originare dei tumori. “Patologie comunque che raramente sono particolarmente aggressive”. 

Una pillola di iodio, sotto forma di ioduro di potassio, è in grado di proteggere la tiroide per circa 24 ore e se dunque iniziassimo ad assumerlo nel giro di 3-4 ore dall’eventuale incidente satureremmo il fabbisogno iodico della tiroide e “una volta «sazio» l’organo non è più affamato di iodio e quindi le radiazioni non entrano più nell’organo”.

Dalla teoria alla pratica, tuttavia, il passo oggi è per fortuna ancora molto lungo. Al momento il rischio che un ipotetico incidente nucleare, distante migliaia di chilometri dall’Italia, possa dare un aumento di patologie tiroidea secondo il primario di Endocrinologia del San Raffaele è "molto contenuto" e per questo non è indicato assumere iodio in previsione di una remota possibilità di un incidente nucleare”.

Prima di tutto perché il rischio di un tumore alla tiroide non è uguale per tutti ma dipende da diversi fattori. Su tutti l’età. “I soggetti più a rischio sono i più piccoli e gli adolescenti sotto i 18 anni, per la popolazione dai 18 ai 40 anni il rischio è intermedio mentre sopra i 40 anni il rischio di sviluppare una neoplasia è basso". 

L'assunzione di iodio non è indicata oggi in previsione di una remota possibilità di un incidente nucleare

Prof Andrea Giustina, Primario Endocrinologia San Raffaele Milano

A Chernobyl si è visto un aumento dei tumori tiroidei proprio nei bambini, così come in Bielorussia e Russia, tra le aree maggiormente invase dalle nubi radioattive. La distanza dal luogo dell’incidente, è l’altro fattore discriminante: l’esposizione maggiore è per chi è nelle vicinanze, nell’arco di qualche decina di chilometri.

“Quando si parla di migliaia di chilometri come nel caso dell’Italia in questo momento questo rischio di contaminazione è molto meno pronunciato poiché la concentrazione di iodio radioattivo si ridurrebbe drasticamente ha rassicurato il professor Giustina.

In effetti, anche l’ultima revisione effettuata dall’Associazione Medici Endocrinologi ha sottolineato che dopo Chernobyl, il trend dei tumori tiroidei in Italia non sembra aver risentito dell’incidente, diversamente invece delle zone limitrofe al disastro dove i più piccoli erano colpiti da tumori quasi esclusivamente di tipo papillare, quindi maggiormente aggressivi.

Il rischio di tumore alla tiroide non è uguale per tutti ma dipende da fattori come l'età e la distanza dal luogo dell'incidente

Assumere oggi compresse di iodio come forma di prevenzione “nel timore di qualcosa che forse potrebbe accadere”, dunque, per il professor Giustina non ha seno. Anche perché l’utilizzo prolungato e non motivato di iodio può determinare potenziali effetti collaterali, seppur generalmente non gravi. “L’assunzione cronica non motivata fornisce alla tiroide una quantità eccessiva di iodio che può causare delle disfunzioni all’organo. Potrebbe portare alla scarsa produzione di ormoni tiroidei oppure, in alcuni casi, anche all’opposto, con un’aumentata produzione in virtù di un’aumenta disponibilità di «materia prima»”.

Considera poi che, come ti ho detto prima, in caso di incidente nucleare non verrebbe sprigionato solo iodio-131 ma anche altri isotopi radioattivi contro cui le compresse di iodio non possono nulla. Le compresse di iodio, quindi, non sono delle protezioni totali contro le radiazioni.

E la corsa all’acquisto, come forma di prevenzione? Secondo il professor Giustina potrebbe avere un senso in linea teorica anche se, tuttavia, oggi non serve farsi prendere dal panico e correre in farmacia a cercare delle pillole di iodio o assillare il proprio medico per fartele prescrivere. “Nell’eventualità di una reale necessità saranno le autorità preposte a dare le indicazioni da seguire. La corsa all’approvvigionamento è anche un po’ rischiosa perché poi il passo dal comprarlo ad assumerlo in modo del tutto soggettivo e arbitrio è corto”. 

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