Ludopatia, la dipendenza dal gioco d’azzardo da cui non si guarisce mai

Se non indicato espressamente, le informazioni riportate in questa pagina sono da intendersi come non riconosciute da uno studio medico-scientifico.
Quando le scommesse ai cavalli, i videopoker, le slot machine e il tavolo verde del casinò diventano un’evasione dalla realtà e un’ossessione quotidiana si è di fronte a una dipendenza patologica riconosciuta dallo stesso Ministero della Salute. Se ne può uscire attraverso una terapia psicologica, ma forse dire che ci si può conderare pienamente guariti, è un vero azzardo.
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Rubrica a cura di Gaia Cortese
13 Maggio 2020

Slot machine, scommesse sui cavalli, videopoker e lotterie. Si inizia senza accorgersene, giocandosi il resto del caffè per tentare la fortuna in un qualsiasi bar. Se all’inizio lo si fa per divertimento, poi è la voglia di vincere che spinge al gioco e in pochissimo tempo giocare, scommettere e perdere soldi diventa una dipendenza autodistruttiva.

Il disturbo da gioco d’azzardo (DGA o GAP) è una vera e propria patologia che facilita un comportamento compulsivo che produce effetti sulle relazioni sociali o sulla salute. Nel 1980 il gioco d’azzardo è stato riconosciuto dall’American Psychiatric Association come un vero e proprio disturbo psichiatrico, definito come un “comportamento persistente, ricorrente e maladattivo di gioco che compromette le attività personali, familiari o lavorative”. Insomma una dipendenza patologica “sine substantia” che può presentarsi con altre patologie come la depressione, il disturbo bipolare, l’abuso di sostanze come alcol o droga, deficit dell’attenzione, iperattività e attacchi di panico. Non si tratta di una correlazione obbligata, sia chiaro, ma il rischio che una dipendenza si leghi o si accompagni all'altra, esiste.

Ti accorgi che una persona è dipendente dal gioco quando inizia a sfuggire da amici e parenti e ad avanzare richieste economiche anomale.

Sta di fatto che, solo di suo, la dipendenza del gioco di azzardo porta con sé aspetti gravi e preoccupanti. Non si verifica solo un’attenzione continua e ossessiva al gioco, ma anche l’incapacità di fermarsi, oltre la convinzione che giocando, prima o poi ci sarà una vincita risolutiva e quindi un recupero dei soldi persi. Ma questo non avviene mai.

Il fatto che questa agognata vincita non arrivi NON ferma il giocatore, anzi. Le conseguenze sono via via più negative: chi gioca perde tutti i propri risparmi fino al punto di dover chiedere prestiti per giocare ancora; da qui problemi finanziari, legali, professionali e famigliari. Il gioco d’azzardo è un baratro, da cui è difficile uscire senza essere aiutati.

No Game è un’associazione di volontariato di Frosinone fondata da un ex giocatore di azzardo, Tiberio. Sul sito web dell’associazione si può leggere la sua testimonianza: “le sale gioco mi attraevano: all’inizio ti offrono l’aranciata, ti mettono a tuo agio, non ci sono finestre né orologi, così non ti accorgi del tempo che passa né se fuori piove o c’è una bella giornata di sole. E poi le luci e i suoni mi incollavano alle macchinette…. avevo sempre in mente che dovevo andare avanti per recuperare. Prima o poi avrei vinto…”.

Uno dei problemi del gioco di azzardo, infatti, è che ogni piccola vincita incoraggia a continuare a stare seduto davanti a una slot machine o a scommettere, mentre ogni perdita provoca un desiderio di riscatto. È un circolo vizioso che può colpire facilmente chiunque si trovi in un momento particolarmente stressante della propria vita o in un passaggio generazionale, oppure chi a posteriori ha già un disagio di tipo psicologico.

È possibile uscirne? Si può guarire una volta per tutte? "No, non c’è una medicina per la ludopatia – afferma proprio Tiberio -. Ci sono la terapia, il tempo e le persone che ti aiutano. Perciò non ho la sicurezza di essere guarito. Ho visto persone ricaderci dopo otto anni. Il GAP è una brutta dipendenza, molto insidiosa. Io ne sono uscito perché sono stato sostenuto da mia moglie. E continuo a starne fuori perché è mia moglie che gestisce il budget familiare. Ho voluto però aiutare chi è giocatore patologico e sta vivendo quello che ho vissuto io".

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