Papà over 35? Maggiori rischi per il bambino alla nascita

Esiste una relazione tra l’età più avanzata dei papà e una serie di rischi maggiori per il nascituro. Lo rivela uno studio condotto negli Stati Uniti dagli scienziati della Stanford University School of Medicine.
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Gaia Cortese 7 Novembre 2018
* ultima modifica il 22/09/2020

Fare un figlio è un lavoro di squadra, ma da oggi le madri si sentiranno un po’ di responsabilità in meno. Per decenni ci è stata data anche la colpa relativa al sesso del nascituro, per poi scoprire che, si trattasse di una femmina o di un maschio, era solo cosa imputabile al padre. Nei tempi più moderni, ci viene richiesto di diventare madri da giovani, divincolandoci tra un contratto a tempo determinato e qualche collaborazione co.co.co., tra l’assistenza di una baby-sitter o la sistemazione di un nido (che poi, a causa di influenze, raffreddori e malattie dei primi anni, ci obbliga inevitabilmente a cercare comunque una baby sitter).

Ebbene, il recente studio condotto negli Stati Uniti da alcuni scienziati della Stanford University School of Medicine e successivamente pubblicato online sul British Medical Journal, si basa su dati raccolti nel corso di un decennio, relativi a oltre 40 milioni di nascite nel Paese. Lo studio rivela che esiste una relazione tra l’età più avanzata dei papà e una serie di rischi aumentati per il nascituro, come basso peso alla nascita, necessità di ventilazione e convulsioni.

“Nella valutazione dei rischi associati alla nascita – ha sottolineato Michael Eisenberg, professore associato di urologia e autore senior dello studio – si tende a considerare i fattori materni, ma questo studio dimostra che avere un bambino sano è un "lavoro di squadra" e anche l’età del padre contribuisce alla salute del bambino”.

Le percentuali di rischi stimati sono ancora basse. Per esempio, gli uomini di età pari o superiore ai 45 anni risultavano avere il 14% di probabilità in più di avere un bambino nato prematuro rispetto ai padri di età compresa tra 25 e 34 anni (età media della paternità negli Stati Uniti). E ancora: i papà di cinquant'anni o più avevano il 28% di probabilità in più di avere un figlio che richiedesse l’ammissione al reparto di terapia intensiva neonatale.

Ora, non mi permetterei mai di contraddire uno studio condotto da scienziati. Ma a logica, siamo sicuri che un papà di 45 anni si accompagni a una giovane ventenne e non più facilmente a una quarantenne? E quindi si sa, le gravidanze in tarda età (per quanto l’età delle mamme, e in particolare delle neomamme, si è molto alzata negli ultimi anni) comportano sempre qualche rischio in più rispetto a quelle portate avanti dalle più giovani. Consideriamo anche il peso delle percentuali: se nello stesso mese ho 100 nascite da genitori giovani e 20 da genitori attempati e se in entrambi casi ho 15 casi di complicanze alla nascita, la percentuale peserà molto di più nella categoria degli attempati che non in quella dei giovani.

Le cose sono due: o si iniziano a fare bambini in giovane età (ma dovrebbero cambiare molte cose nella nostra società), o le future mamme, se hanno raggiunto gli -anta, devono cercare uomini più giovani. Ad ogni modo, abbiamo ottenuto finalmente che i papà cambiassero i pannolini e ninnassero i bambini a notte inoltrata, se per una volta possono prendersi anche la responsabilità della buona salute del loro pargolo, male proprio non fa.

Fonte| Association of paternal age with perinatal outcomes between 2007 and 2016 in the United States: population based cohort study pubblicato il 31 ottobre 2018 sul British Medical Journal

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