parkinson

Parkinson, le molecole Resolvine potrebbero rallentare la malattia e consentire una diagnosi precoce

Un gruppo di ricercatori italiani ha notato che una adeguata quantità di una particolare molecola, la resolvina D1, riduce la neuroinfiammazione e il processo degenerativo dei neuroni dopaminergici. La presenza ridotta di questa sostanza potrebbe essere anche utilizzata come strumento diagnostico per individuare la malattia in maniera tempestiva.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Federico Turrisi 3 Settembre 2019
* ultima modifica il 30/04/2021

Lo abbiamo imparato a conoscere anche attraverso personaggi famosi colpiti da questa terribile malattia, come la leggenda del pugilato Cassius Clay/Muhammad Ali o Papa Giovanni Paolo II. Stiamo parlando del Parkinson, una patologia neurodegenerativa per la quale al momento non esiste una cura. Malattia neurodegenerativa significa che la situazione può solo peggiorare per il paziente. I risultati di un nuovo studio tutto italiano, che ha coinvolto i ricercatori dell’Università di Roma “Tor Vergata”, della Fondazione Santa Lucia IRCCS e dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, potrebbero dare una nuova speranza alle persone affette dal Parkinson, sia per quanto riguarda il rallentamento del processo degenerativo della malattia sia per quanto riguarda una sua diagnosi precoce che può aiutare medici e pazienti ad affrontare tempestivamente la patologia con trattamenti adeguati.

La ricerca si è concentrata sul ruolo di alcune molecole, dette resolvine. Gli esperti hanno dimostrato che la proteina alfa sinucleina, nota per essere tra i responsabili dello sviluppo della malattia di Parkinson, causa precocemente delle disfunzioni dei neuroni dopaminergici. Tra le conseguenze c'è anche un’aumentata neuroinfiammazione associata a bassi livelli di resolvina D1, come è stato osservato nei campioni di sangue e di liquor prelevati da pazienti affetti da Parkinson.

I ricercatori hanno allora voluto vederci chiaro e hanno verificato in laboratorio se una adeguata quantità di resolvina D1 può effettivamente contribuire a rallentare lo sviluppo dei sintomi della malattia di Parkinson. Dopo due mesi di trattamento hanno notato una progressiva riduzione dello stato infiammatorio e del processo degenerativo dei neuroni dopaminergici, e di conseguenza una riduzione dei sintomi motori che caratterizzano la malattia. Una scoperta che potrebbe aprire nuove strade non solo dal punto di vista terapeutico, ma anche da quello diagnostico. Una bassa concentrazione di resolvina D1 potrebbe infatti essere utilizzata come biomarcatore da utilizzare per la diagnosi precoce della malattia.

Fonte | "Blunting neuroinflammation with resolvin D1 prevents early pathology in a rat model of Parkinson’s disease" pubblicato su Nature Communications il 2 settembre 2019

Contenuto validato dal Comitato Scientifico di Ohga
Il Comitato Scientifico di Ohga è composto da medici, specialisti ed esperti con funzione di validazione dei contenuti del giornale che trattano argomenti medico-scientifici. Si occupa di assicurare la qualità, l’accuratezza, l’affidabilità e l’aggiornamento di tali contenuti attraverso le proprie valutazioni e apposite verifiche.
Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.