Aveva dei tremori forti che nel giro di 8 anni, da quando aveva saputo di aver sviluppato il morbo di Parkinson, erano diventati incontrollabili.
Aveva, verbo al passato. Sì, perché ora Gabriele Selmi, 66 anni, quei tremori li ha quasi dimenticati.
Come ha dichiarato in una recente intervista, a un certo punto ha visto la sua la malattia tornare indietro, tanto che ora è pronto a tornare in piscina e a fare attività fisica.
Quel punto ha delle coordinate precise nel tempo, il mese di gennaio 2024, e nello spazio, la sala operatoria dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna.
Quel momento corrisponde all’intervento in cui, per la prima volta in Italia, gli è stato impiantato un dispositivo di ultima generazione pensato apposta per controllare i sintomi del Parkinson.
Si tratta di uno strumento molto simile a un pacemaker che eroga una corrente elettrica per stimolare, attraverso degli elettrodi, i nuclei profondi del cervello.
Lo scopo è quello di bloccare i segnali che provocano i sintomi motori disabilitanti del Parkinson migliorando gli effetti della malattia e ridando al paziente un maggiore controllo sui movimenti del proprio corpo.
L’intervento di stimolazione cerebrale profonda viene proposto a pazienti come Gabriele che, pur rispondendo alla terapia farmacologica, mostrano delle fluttuazioni giornaliere che compromettono la loro qualità di vita.
La particolarità dei questo approccio non sta solo nella complessità del dispositivo, capace di stimolare il nucleo target e registrare in tempo reale la sua attività permettendo ai medici di osservare con precisione gli esiti della terapia impostata ottimizzandola tempestivamente in funzione della risposta di ciascun paziente.
Il pacemaker infatti è totalmente ricaricabile attraverso un sistema bluetooth: un modo insomma per permettere al paziente di utilizzarlo in autonomia e di evitare nel corso del tempo i vari interventi per la sostituzione della batteria.
Fonte | IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna