comitato venatorio

Perché per il WWF il ministro dell’Agricoltura Lollobrigida è il “ministro della caccia”

Il decreto firmato dal ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida per l’attuazione di un piano straordinario per la gestione della caccia prevede la reintroduzione del comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, ma in una nuova formulazione a vantaggio dei rappresentanti del mondo venatorio. Per il WWF si tratta dell’ennesima conferma di una visione della fauna asservita agli interessi della “lobby delle doppiette”.
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Maria Teresa Gasbarrone 16 Maggio 2023
Intervista a Dante Caserta Responsabile Relazioni istituzionali di WWF Italia

Il rinvio della Conferenza Stato-Regioni che avrebbe dovuto esprimersi a riguardo aveva fatto ben sperare gli ambientalisti, ma alla fine il parere positivo sulla riformulazione del comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale è arrivato, con buona pace delle richieste del WWF, in prima fila tra i critici.

Si tratta di un organo consultivo istituito dall'articolo 8 della legge n.157/1992 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e sul prelievo venatorio", nota a tutti come "legge sulla caccia". Il suo compito avrebbe dovuto essere quello di esprimere pareri non vincolanti, ma di fatto dal 2014 – ultimo anno in cui sono state rinnovate le nomine dei componenti – non esiste più.

Ora però il ministro ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida ha proposto di riattivarlo, modificandone in modo sostanziale la composizione. La proposta è contenuta nella bozza di decreto per l'attuazione di un piano straordinario per la gestione della caccia, che il 10 maggio ha ricevuto l'ok dalla Conferenza Stato-Regioni. Secondo il WWF queste modifiche però, qualora divenissero effettive, porterebbero a una composizione in cui a essere rappresentata sarebbe sostanzialmente solo la voce dei cacciatori, a svantaggio degli ambientalisti.

Ma la Conferenza non solo non ha ascoltato le richieste dell'organizzazione non governativa, dalle Regioni è arrivata anche la richiesta di aumentare ancora di più il numero dei rappresentanti del mondo venatorio. Vediamo perché per il WWF questo potrebbe rappresentare un grosso problema.

Un problema di interessi

Secondo il WWF il comitato, così com'è stato ripensato nella bozza del decreto, sarebbe sbilanciato nella sua composizione. Secondo la bozza di decreto voluta dal ministro dell'Agricoltura, ribattezzato dagli ambientalisti "il ministro della caccia", il numero dei rappresentanti del Ministero dell'Agricoltura e delle Regioni passerebbero da tre a uno, quelli della associazioni ambientaliste da quattro si ridurrebbero a uno, al quale si aggiungerebbe un posto per l'Unione zoologica italiana. Uno solo è inoltre il posto riservato all'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), "che invece – si legge nel comunicato del WWF – dovrebbe costituire la voce scientifica nel Comitato".

Invece resterebbero tre i membri relativi alla associazioni venatorie, ai quali si aggiungerebbero i rappresentati dell'Ente nazionale per la cinofilia italiana e quella del Consiglio internazionale della caccia e della conservazione della selvaggina. "In sostanza, se il decreto venisse approvato – commenta Dante Caserta, Responsabile Relazioni istituzionali di WWF Italia – la parte rappresentativa degli interessi del mondo della caccia sarebbe nettamente prevalente all'interno del comitato stesso".

È proprio su questo punto che il WWF è in disaccordo con il ministro Lollobrigida e i suoi sostenitori: "Nelle motivazioni scritte nella bozza di decreto queste modifiche – spiega Caserta – sarebbero finalizzate a rendere più snella la formula di composizione del comitato. In sostanza ciò che emerge in maniera chiara è la riduzione di tutta una serie di componenti, compresi quelle relative al Ministero dell'Agricoltura, delle Regioni e delle associazioni ambientaliste, mentre il numero delle componenti delle associazioni venatorie – ovvero quelle rappresentative dei cacciatori – resterebbe invariato".

In sostanza, bozza di decreto alla mano, il Comitato sarebbe così composto:

  • un rappresentante designato dal Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste;
  • un rappresentante designato dal Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica;
  • un rappresentante delle Regioni designato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano;
  • un rappresentante delle Province designato dall’Unione delle Province d’Italia;
  • un rappresentante dell’Istituto Superiore per la protezione e ricerca ambientale (ISPRA); tre rappresentanti delle Associazioni venatorie nazionali riconosciute;
  • due rappresentanti delle Organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale;
  • un rappresentante delle Associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l’ambiente;
  • un rappresentante dell’Unione zoologica italiana;
  • un rappresentante dell’Ente nazionale per la cinofilia italiana;
  • un rappresentante del Consiglio internazionale della caccia e della conservazione della selvaggina; un rappresentante dell’Ente nazionale per la protezione degli animali.

"Ministro della caccia"

La riformulazione del comitato faunistico venatorio, così come è stato pensato dal ministro dell'Agricoltura, è stata tanto criticata dagli ambientalisti anche e soprattutto per il significato simbolico che secondo il WWF si porterebbe dietro.

"Ci sembra l'ennesima dimostrazione – commenta Caserta – dell'atteggiamento ingiustificatamente vicino del ministro Lollobrigida al mondo della caccia. Le modifiche al comitato sono solo uno dei tanti passi compiuti in questa direzione".

Per quanto riguarda le modifiche previste per l'ong una soprattutto costituirebbe la prova innegabile di quanto appena detto: "Non capiamo perché l'Ispra, che rappresenta la voce dei tecnici super partes, alla quale quindi per definizione spetterebbe prendere le decisioni, venga assegnato un solo posto?", si chiedono.

"Al di là delle valutazioni circa la legittimità di un decreto ministeriale che finirebbe per modificare una legge (L.157/92), ciò che preoccupa è il pensiero del ministro di trattare la gestione faunistica come qualcosa che riguarda solo i cacciatori". Dal loro punto di vista, insomma, sarebbe evidente la volontà da parte di Lollobrigida di "andare incontro alle istanze più estremiste della lobby delle doppiette".

I dubbi sulla legittimità costituzionale

Oltre la tematica ideologica ed etica, il Wwf ha tirato in ballo anche un'altra questione, legata alla legittimità del provvedimento. Si chiedono i rappresentanti dell'organizzazione non governativa: può il decreto di un ministro modificare una legge approvata in passato?

Per provare a dare una risposta a questa domanda bisogna tenere in considerazione due punti. Il primo è che l'ordinamento italiano è regolato dal principio della gerarchia delle norme, ovvero la legislazione è ordinata secondo una precisa gerarchia. Questo significa che una norma successiva di grado inferiore non può modificare una norma precedente di grado superiore.

Il secondo riguarda la natura del decreto firmato dal ministro Lollobrigida. In quanto tale, ovvero firmato da un ministro, si tratta di un decreto ministeriale. Nell'ordinamento giuridico italiano si tratta di un atto amministrativo emanato da un ministro della Repubblica nell'ambito delle materie di competenza del suo dicastero. Ma, a differenza di un decreto legge o decreto legislativo, non ha forza di legge e nel sistema delle fonti di diritto riveste il carattere di fonte normativa secondaria, nel caso in cui sia qualificato come regolamento.

Stando così le cose, i dubbi del Wwf sembrano quanto meno ammissibili.

La caccia non è la risposta

"La gestione faunistica non può limitarsi a una visione soltanto venatoria. In Italia si continua ad accogliere le istanze del mondo venatorio, ma è sbagliato".

Un esempio lampante lo offre ogni giorno l'attuale emergenza cinghiali: "È vero che – aggiunge Caserta – in diverse località d'Italia c'è un oggettivo  sovraffollamento di questi animali, con conseguenze negative e danni per le colture e i campi presenti, ma anche per la conservazione della stessa biodiversità. Ma pochi ricordano che negli anni passati, nello specifico a partire dagli anni '80, sono state operate delle forti immissioni di questi animali, proprio a scopi venatori, senza però un adeguato piano di gestione negli anni avvenire".

Non solo, oggi si continua a tentare di risolvere il problema ampliando i periodi di caccia o aumentando le aree in cui è possibile farlo, nonostante questa strada non abbia portato nessun risultato.

"Il parere positivo alla riformulazione del Comitato, unita alla richiesta di aumentare ancora il numero dei rappresentati del mondo venatorio ci confermano come in Italia prevalga ancora l'idea che la fauna non sia una risorsa naturale, ma una proprietà in mano ai cacciatori". L'eventuale approvazione definitiva della riformulazione del comitato potrebbe confermarlo.