Potrebbe ormeggiare a Ravenna il nuovo rigassificatore voluto dal governo per ridurre la dipendenza dal gas russo

Il nuovo rigassificatore che il governo italiano acquisterà per ridurre la dipendenza dal gas russo potrebbe ormeggiare al porto di Ravenna. A candidare la città romagnola sono stato il sindaco e l’autorità portuale, oltre che l’assessore regionale al Lavoro dell’Emilia-Romagna. A favorire Ravenna è anche la vicinanza del centro di stoccaggio gas di Minerbio, in provincia di Bologna. Le principali istituzioni politiche ed economiche della città vorrebbero però riprendere allo stesso tempo le attività di estrazione del gas nell’Adriatico. Una scelta tutt’altro che funzionale alla transizione ecologica.
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Michele Mastandrea 19 Aprile 2022

Potrebbe essere Ravenna uno dei luoghi più importanti nella strategia italiana per diventare indipendenti dal gas russo. La ragione, devi sapere, sta nel suo porto. Individuato di recente dall'assessore al Lavoro della Regione Emilia-Romagna, Vincenzo Colla, come adatto "alla gestione del gas naturale liquefatto in arrivo nel nostro Paese".

Nel terminal della città romagnola è presente infatti la possibilità di ormeggiare le navi metaniere, note anche come rigassificatori, di cui ti abbiamo parlato in passato. Navi realizzate appositamente per trasportare il gas in forma liquida (gnl), da poi "scaldare" e immettere nella rete di distribuzione nazionale. Per questo motivo il sindaco della città, Michele De Pascale, e il presidente dell'Autorità Portuale, Daniele Rossi, hanno scritto al Ministero della Transizione Ecologica per candidare Ravenna a ospitare la nuova nave metaniera, ritenuta indispensabile dal governo al fine della diversificazione energetica.

Inoltre, essendo presente a Minerbio (in provincia di Bologna) uno dei principali centri del Paese per lo stoccaggio del gas, la posizione favorevole del porto di Ravenna potrebbe essere ulteriormente sfruttata. La candidatura ad ospitare uno dei due rigassificatori che il governo sta cercando di acquisire, per processare il gas naturale liquefatto importato da Paesi come Stati Uniti, Algeria, Angola e Congo, potrebbe uscirne decisamente rafforzata, anche se il sito di Minerbio è stato in passato discusso anche per le sue perdite.

Favorevole all'ipotesi di far attraccare la nave metaniera a Ravenna è anche Confindustria Romagna. Tramite il suo presidente Roberto Bozzi, l'associazione imprenditoriale ha affermato nei giorni scorsi che "le aziende sono pronte a fare la propria parte, grazie a talenti e tecnologie all'avanguardia, per rendere il territorio punto di riferimento in una strategia energetica che deve essere lungimirante e composita, ma che ancora non vediamo con chiarezza".

Non a caso, Bozzi afferma che "occorre anche valutare seriamente una deroga al Pitesai, il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee per consentire nuove esplorazioni e aumentare la quota di metano estratto dai nostri fondali". A Bozzi ha fatto eco anche De Pascale, per cui estrarre gas naturale dall'Adriatico sarebbe "più conveniente che comprarlo dall'altra parte del mondo".

Parole che permettono di tornare su alcuni problemi legati alla ricerca di nuove forniture di gas da parte del nostro Paese, emerse anche nel recente accordo con l'Algeria. Ovvero il fatto di rallentare la marcia rispetto alla transizione ecologica. Al centro del problema ci sono soprattutto i danni per l'ambiente creati da nuove emissioni di gas, ricordati anche dall'Ipcc nel suo ultimo rapporto sui cambiamenti climatici. Investire in strutture e mezzi per l'utilizzo di combustibili fossili come il gas naturale rischia di avere come conseguenza quella di continuare a puntare su una fonte energetica che invece dovrebbe essere rapidamente abbandonata.

Una prospettiva smentita dal think tank Ecco, per cui il prezzo del gas non dipende dalla vicinanza al luogo dove lo si estrae. Ma anche associazioni come Legambiente, Wwf e Greenpeace si sono dette fortemente avverse, affermando che nuove trivellazioni, oltre che dannose, sarebbero anche di fatto inutili. E ospitare nuove infrastrutture per il gas non deve portarci a perdere di vista l'obiettivo finale: farne a meno.

Insomma, diversificare dalla Russia non deve rischiare di farci cadere nell'effetto lock-in: quello per cui diventa difficile uscire da una scelta (puntare sul gas) economicamente e ambientalmente meno conveniente di un'altra (investire su eolico e solare). Il gas, va ribadito ancora una volta, non è un combustibile pulito: non è dunque da tenere in considerazione all'interno della transizione energetica. Ma al momento, la direzione presa sembra quella opposta.