
“Oggi voglio raccontarvi tre storie della mia vita: niente di che, sono solo tre storie.”
Inizia così il discorso che Steve Jobs, cofondatore e Ceo di Apple, nonché di NeXT Pixar, ha dedicato il 12 giugno 2005 a una platea gremita dei giovani neolaureati dell’Università di Stanford. Un discorso intenso, durato poco meno di quindici minuti, ma carico di intensità e di saggezza. Tre storie, tutte vere, tutte impregnate di ispirazione, la stessa ispirazione che Jobs ha voluto regalare a questi ragazzi pronti a buttarsi nel mondo reale.
“La prima storia riguarda l’unire i puntini”. Sì, dice, proprio così: connecting the dots. Una storia che comincia dall’abbandono da parte della madre biologica, che desiderava che suo figlio venisse adottato da persone laureate che l’avrebbero fatto studiare all’Università. La coppia che poi lo adottò, però, non aveva studiato, ma promise che gli avrebbe garantito gli studi. Una volta iscritto all’Università di Stanford, però, non resistette più di sei mesi. Non capiva dove sarebbe andato a finire, dove tutte quelle lezioni lo avrebbero portato, cosa fare della sua vita. Così, dopo sei mesi di lezioni, decise di abbandonare. E solo a quel punto qualcosa cambiò.
“Nel momento in cui lasciai, potei smettere di seguire i corsi che non mi interessavano e iniziai a cercare quelli che trovavo più interessanti. Non è stato facile. Non avevo un posto in cui dormire, quindi dormivo sul pavimento delle camere dei miei amici. Riportavo le bottiglie vuote di coca cola per avere indietro i 5 centesimi di deposito con cui mi compravo il cibo. E ogni domenica sera mi facevo 10 chilometri a piedi per poter mangiare un buon pasto a settimana al tempio Hare Krishna. Lo amavo. E tutto quello che mi capitò semplicemente seguendo la mia curiosità e il mio istinto scoprii in seguito che ebbe un valore inestimabile.”
Il messaggio di Jobs risulta sempre più chiaro parola dopo parola. Tutto ciò che lui fece, dopo aver abbandonato gli studi, lo fece seguendo il suo cuore e ciò che più gli piaceva. E anche se all’inizio aveva la sensazione che nulla di tutto questo gli sarebbe davvero servito in futuro, scoprì che invece gli avrebbe permesso di fare la differenza. Come il corso di calligrafia che scelse di frequentare senza un apparente motivo pratico. Imparò a scrivere bene, a gestire qualsiasi tipo di font, di spazio tra le lettere. Lo imparò perché la disciplina lo affascinava e gli piaceva. Tutto inutile? No, perché dieci anni dopo, mentre progettava il primo Macintosh, le conoscenze acquisite in quel corso vennero a galla, e quel computer fu il primo a presentare caratteristiche e possibilità tipografiche letteralmente fuori dal comune. Era un dettaglio che aveva reso quel prodotto qualcosa di speciale. E mai lo avrebbe immaginato, mentre frequentava quel corso di calligrafia.
“Ai tempi sarebbe stato impossibile unire i puntini e capire che ciò che stavo facendo mi sarebbe stato così utile dopo. Ma poi, dieci anni dopo, mi sono guardato indietro e ogni cosa mi è sembrata estremamente chiara. Non potete unire i puntini guardando avanti. Potete farlo solo in seguito. Perciò credere che un giorno i puntini della vostra vita si uniranno e che ogni cosa che fate avrà un senso, vi darà la forza di seguire il vostro cuore e fare ciò che realmente vi interessa.”
Jobs racconta poi del suo periodo più creativo, in cui essere cacciato da Apple gli permise di creare nuove realtà come NeXT e Pixar, di sposarsi, avere una famiglia, di ricominciare daccapo qualcosa di suo, di diverso, con lo stesso amore e la stessa passione di prima. In seguito, quando Apple acquistò NeXT, Jobs poté tornare nel luogo da cui era stato mandato via, ma in modo nuovo, diverso, più ricco, trasformando una delusione in una grande esperienza. E, sottolinea, ciò che gli ha permesso di restare in piedi è stato l’amore per ciò che faceva.
“Trovate ciò che amate. Trovatelo nel lavoro, così come negli affetti. Se non l’avete ancora trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi”.
Infine, Steve Jobs si rivolge alla platea gremita parlando della morte. Racconta della diagnosi di cancro che gli è stata fatta, della paura di lasciare la propria famiglia, di come poi alla fine è stato operato ed è guarito.
“Per gli ultimi 33 anni ogni mattina mi sono guardato allo specchio chiedendomi ‘Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che farò oggi?’ E tutte le volte che la risposta è ‘no’ per troppi giorni consecutivi, so di dover cambiare qualcosa. Ricordarmi che morirò presto è lo strumento più importante che abbia mai avuto per fare le più grandi scelte della mia vita. Perché davanti alla morte tutto svanisce, lasciando solo ciò che è più importante. Ricordarsi che bisogna morire è il modo migliore che conosco per evitare di cadere nella trappola di pensare di aver qualcosa da perdere. Siamo tutti nudi. Non c’è ragione per cui non dobbiate seguire il vostro cuore.”
“Il vostro tempo è limitato. Non buttatelo via vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi, che significa vivere attraverso i risultati dei ragionamenti di qualcun altro. Non permettete che il rumore delle opinioni altrui soffochino la vostra voce interiore. E infine, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione, perché in qualche modo loro sanno già cosa voi volete diventare davvero. Tutto il resto è secondario.”
Steve Jobs conclude il suo discorso con l’augurio che lo ha caratterizzato per tutta la sua vita e ancora oggi: Stay hungry. Stay Foolish. Siate affamati. Siate folli. Così come lo è stato lui. Così come ogni giovane dovrebbe essere.