Uno studio del San Raffaele di Milano potrebbe rivoluzionare la cura della sclerosi multipla progressiva

Per la prima volta una ricerca impiega le cellule staminali neurali nella terapia della sclerosi multipla: dalla prima fase dello studio è emerso che questo tipo di staminali avrebbe un ruolo rigenerativo capace di curare i tessuti danneggiati.
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Maria Teresa Gasbarrone 11 Gennaio 2023
* ultima modifica il 11/01/2023
In collaborazione con la Dott.ssa Angela Genchi Ricercatrice Irccs Ospedale San Raffaele e primo autore del lavoro scientifico

Uno studio ha dimostrato il ruolo chiave che le cellule staminali neurali – ovvero quelle prelevate dal cervello – potrebbero avere nella cura della sclerosi multipla. A far aprire nuove, incoraggianti prospettive sono stati i risultati ottenuti dalla fase 1 di  uno studio clinico realizzato dall'Irccs Ospedale San Raffaele di Milano: si chiama Stems ed è la prima sperimentazione al mondo a prevedere l'utilizzo delle cellule staminali neurali nella cura della sclerosi multipla progressiva.

Lo studio

Lo studio, coordinato dal professor Gianvito Martino, direttore scientifico del San Raffaele e e prorettore alla Ricerca e alla Terza missione dell’Università Vita-Salute San Raffaele, ha mostrato – almeno nella preclinica condotta in laboratorio – come questo particolare tipo di cellule staminali abbia un elevato potenziale pro-rigenerativo una volta effettuato il trapianto.

Dopo due anni dal trapianto di staminali neurali i pazienti hanno mostrato una riduzione della perdita di tessuto cerebrale

In questa prima fase, i cui esiti sono stati pubblicati sulla rivista Nature Medicine, i ricercatori dell'unità di Neuroimmunologia e del centro Sclerosi multipla dell'ospedale milanese hanno osservato una riduzione della perdita di tessuto cerebrale nei pazienti trattati con il maggior numero di staminali. Ciò, in parole povere, significa che queste cellule, oltre a curare, riparano il tessuto danneggiato su cui si impiantano.

Il potere delle cellule staminali neurali

"Anche se la strada è ancora lunga, crediamo molto nelle possibilità terapeutiche di questa strategia". Angela Genchi, ricercatrice del laboratorio di Neuroimmunologia e primo nome del lavoro scientifico, ci spiega perché i risultati finora ottenuti potrebbero essere decisivi per lo sviluppo delle terapie contro la malattia neurodegenerativa:

"A differenza di tante altre terapie attualmente in fase di sperimentazione per le forme progressive di sclerosi multipla, questa strategia terapeutica è in grado di esplicare – almeno per quello che è stato dimostrato nei modelli animali – un effetto multifattoriale.

Si tratta della prima sperimentazione al mondo a prevedere l'utilizzo delle cellule staminali neurali nella cura della sclerosi multipla progressiva

Irccs Ospedale San Raffaele

Questo significa che agisce non solo attraverso la differenziazione delle staminali neurali in cellule del sistema nervoso, come le cellule che formano la mielina o i neuroni stessi, ma anche attraverso il rilascio di molecole in grado di modulare l’infiammazione e di fornire un supporto trofico al tessuto cerebrale".

sclerosi multipla
Cellule staminali

"L'aspetto più interessante di queste cellule – prosegue la ricercatrice – sta nella loro capacità di essere influenzate dall'ambiente circostante: le staminali neurali recepiscono infatti i messaggi inviati dall'esterno. Di conseguenza esplicano il loro ruolo mettendo in atto meccanismi differenti in relazione alle caratteristiche del microambiente. La loro attività sarà quindi differente in base al fatto che prevalgano fenomeni infiammatori o degenerativi".

I risultati sui pazienti

"È un traguardo importante quello raggiunto, anche se – ribadisce il professor Martino – rappresenta solo la prima tappa del percorso clinico-sperimentale che porta ad una vera e propria terapia".

Questa prima fase ha coinvolto 12 persone con sclerosi multipla progressiva ed elevata disabilità che avessero già sperimentato le terapie ad oggi disponibili con scarso o nessun successo. I pazienti sono stati suddivisi in 4 gruppi di 3 pazienti l'uno. Questi hanno ricevuto, con un'unica puntura lombare, un numero di cellule crescente, da circa 50 milioni di cellule per il primo gruppo fino ad arrivare a 500 milioni per l'ultimo.

“Nel lavoro pubblicato, oltre a dimostrare la sicurezza e la tollerabilità del trattamento, descriviamo una significativa riduzione della perdita di tessuto cerebrale, valutata tramite un monitoraggio di risonanza magnetica nei 2 anni successivi il trapianto, nei pazienti che hanno ricevuto il maggior numero di cellule staminali neurali", spiega la dottoressa Genchi.

Le prossime fasi dello studio

Ora sarà necessario ampliare la platea delle pazienti per convalidare i risultati ottenuti finora. La seconda fase della sperimentazione  dovrebbe partire entro la fine del 2023

"È difficile prevedere entro quando porteremo a termine i prossimi step avverte la dottoressa Genchi – perché se è vero che è nostro interesse procedere più velocemente possibile, resta per noi imprescindibile garantire la sicurezza dei nostri pazienti in ogni fase dello sviluppo della terapia".

Fatto sta che se il potere rigenerativo di queste cellule verrà confermato nelle fase successive dello sperimentazione, molte altre patologie potrebbero essere curate grazie alle loro proprietà: "Stiamo continuando – spiega Genchi – a studiare a livello sperimentale e preclinico l’applicazione delle proprietà protettive e rigenerative delle cellule staminali neurali in altre campi di interesse neurologico come le malattie cerebrovascolari e più in generale le malattie neurodegenerative che comportano invecchiamento cerebrale".

Fonti | Irccs Ospedale San Raffaele di Milano

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