A chi verrà somministrato il vaccino di AstraZeneca? Aifa ha suggerito specifiche fasce d’età

Le prime dosi arriveranno in Italia l’8 febbraio, ma c’è una questione importante a cui rispondere: lo potrà ricevere anche chi ha più di 55 anni? Al contrario di quanto suggerito dall’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, l’Aifa, l’autorità italiana, ha messo ulteriori paletti. C’è poi da affrontare la questione dell’efficacia e dell’intervallo di tempo tra le due inoculazioni.
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Giulia Dallagiovanna 2 Febbraio 2021
* ultima modifica il 08/03/2021

Aggiornamento dell'8 marzo 2021:

A partire da oggi, il vaccino di AstraZeneca potrà essere somministrato anche agli over65. Lo ha annunciato il ministro della Salute Roberto Speranza durante la trasmissione televisiva Mezz'ora in più di Lucia Annunziata. Le indicazioni arrivano naturalmente dall'Aifa, l'agenzia italiana del farmaco, che ha deciso sulla base di nuove evidenze sorte sull'efficacia del vaccino tra la popolazione più anziana. Già il 23 febbraio l'autorità sanitaria ne aveva consigliato l'uso fino ai 65 anni di età. Ora potrà essere esteso anche oltre. Una buona notizia, dal momento che si spera in questo modo di accelerare la campagna vaccinale. Nel frattempo comunque va detto che gli over85 stanno già ricevendo la soluzione di Pfizer o Moderna.

Le fasce d'età suggerite dall'Aifa

Il via libera ai primi due vaccini contro il Covid-19, quelli di Pfizer-BioNTech e di Moderna, hanno seguito un percorso piuttosto liscio. Prima è arrivata l'approvazione da parte dell'FDA, l'ente americano che regola la messa in commercio dei medicinali, poi si è pronunciata l'Ema, l'autorità europea, e circa 24 ore dopo anche l'Aifa, l'agenzia italiana. L'efficacia documentata dagli studi clinici era sempre attorno al 94-95% e questo dato si manteneva costante per tutte le età, dai 18 anni in su. Con la soluzione di AstraZeneca invece la faccenda sembra un po' diversa e soprattutto più complicata. È importante capire quale sarà l'effettivo impatto di questo farmaco, dal momento che è quello su cui il nostro Paese ha puntato di più, almeno per il 2021: ne abbiamo acquistato 40 milioni di dosi. E ora, chi lo potrà utilizzare?

Cosa dice l'Ema

Venerdì 29 gennaio, Ema, l'Agenzia europea per i medicinali, ha approvato ufficialmente il vaccino prodotto da AstraZeneca, in collaborazione con l'Università di Oxford. Prendendo in esame 4 sperimentazioni, che hanno coinvolto in tutto circa 24mila persone, hanno certificato un'efficacia del 59,5%. Quasi il 60%, dunque, ma evidentemente inferiore alle performance dei vaccini americani a mRNA.

Non solo, ma l'Autorità ha sottolineato come gli studi avessero preso in esame soprattutto persone che avevano tra i 18 e i 55 anni di età, mentre per i più anziani i dati scarseggiavano. La decisione è stata comunque quella di consentire la somministrazione a tutte le fasce di popolazione dal momento che: "Sulla base delle esperienze con altri vaccini e appurato che un risposta immunitaria è stata comunque vista in questa fascia di popolazione, ci si aspetta che il vaccino risulti altrettanto efficace". L'atteggiamento quindi è stato di cauto ottimismo, come si sente dire spesso in questi giorni.

In Germania intanto l'utilizzo del farmaco è stato approvato solo per chi aveva meno di 65 anni, adottando quindi parametri più restrittivi rispetto a quanto è stato consigliato dall'Unione europea.

L'ok dell'Aifa

Il giorno dopo il verdetto di Ema, il 30 gennaio, anche Aifa si è pronunciata. Dall'Agenzia italiana del farmaco è arrivato il via libera, ma le condizioni poste sono maggiori. Dopo averne confermato efficacia e sicurezza, l'Autorità aveva raccomandato un uso preferenziale del vaccino per le persone che hanno meno di 55 anni. Oggi l'Autorità ha apportato una modifica al documento, aggiungendo questa frase: "Si ribadisce tuttavia che, sulla base dei risultati di immunogenicità e dei dati di sicurezza, il rapporto beneficio/rischio di tale vaccino risulta favorevole anche nei soggetti di età più avanzata che non presentino specifici fattori di rischio" per il Covid-19.

Ma cosa intendeva dire di preciso l'Agenzia? Premettiamo prima di tutto, che il vaccino è sicuro e lo sarà quindi anche per chi ha più di 55 o 65 anni. Il problema riguarda piuttosto l'efficacia. Non sappiamo cioè se e quanto funzioni realmente nelle persone più anziane per il semplice fatto che al momento i dati in proposito non sono sufficienti per arrivare a conclusioni definitive. Il ragionamento dell'Aifa dunque è semplice: perché sprecare dosi preziose in contesti dove forse non daranno il risultato sperato? E, d'altro canto, perché vaccinare le persone più esposte al rischio di complicanze da Covid-19 con un farmaco che forse non garantisce loro una reale copertura?

Aifa mira semplicemente a ottimizzare l'uso dei vaccini già a disposizione

L’arrivo di un terzo vaccino rappresenta un importante contributo alla campagna vaccinale in corso – ha infatti commentato Nicola Magrini, il Direttore Generale di AIFA – AIFA ha fornito indicazioni per ottimizzare l’utilizzo dei vaccini esistenti sfruttandone al meglio le diverse caratteristiche”. Ottimizzare le armi che abbiamo a disposizione, questo propone di fare l'Agenzia. Si suggerisce quindi di riservare AstraZeneca per chi ha tra i 18 e i 55 anni e somministrare invece Pfizer e Moderna a chi è più avanti con l'età, nonché ai pazienti fragili, come i malati oncologici ad esempio. Una precauzione che viene suggerita nell'attesa di avere altri dati a disposizione proprio per quanto riguarda la fascia di popolazione che al momento dovrebbe essere esclusa.

La frase aggiunta è un dietrofront? No, si rifà piuttosto alle stesse deduzioni che aveva già espresso l'Ema. In altre parole, i precedenti vaccini contro il Covid-19 funzionano anche sulle persone più anziane, inoltre sappiamo che pure questa fascia di popolazione sviluppa anticorpi contro il virus. Ne possiamo quindi dedurre che AstraZeneca possa risultare efficace su soggetti con più di 55 anni e che siano in buona salute, con un sistema immunitario pronto a collaborare dunque. In tutto questo, non è detto che le raccomandazioni non possano cambiare nel corso della campagna vaccinale, sulla base dei nuovi dati che dovrebbero arrivare.

Le dichiarazioni del viceministro Sileri

Il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, che è anche un medico, proprio ieri aveva invitato l'Aifa a rivedere le proprie raccomandazioni. Parlando al Tg Zero di Radio Capital aveva espressamente chiesto che il limite di età fosse aumentato fino ai 65 anni, aggiungendo che "Ema ha approvato AstraZeneca con il consiglio di somministrazione per gli under 65. Questo è un consiglio, però, non è una regola mandatoria. Il piano vaccinale dovrà essere rimodulato per distribuire i vari vaccini tra le varie categorie, per età e per comorbidità. Questa cosa lascia un po' di confusione. Io mi aspetto che l'Aifa riveda il limite e lo porti da 55 a 65 anni. E saranno le singole Regioni a gestire i vaccini".

Come hai potuto capire, la situazione non è esattamente quella dipinta dal viceministro, che esprimeva però una preoccupazione comune: come si farà ora con il piano vaccinale?

Facciamo qualche conto: le dosi consegnate da AstraZeneca sono 40 milioni in totale. Considerando che ne servono due per raggiungere la copertura necessaria, permetteranno di vaccinare più o meno 20 milioni di italiani. La popolazione del nostro Paese è di 59, 6 milioni di persone, di cui circa 29 milioni con un'età compresa tra i 18 e i 55 anni. Questo almeno è quello che ci raccontano i dati raccolti dall'ultimo censimento ISTAT del 2018-2019. Tra loro c'è anche una parte, minima, che lavora come operatore sanitario e dunque ha già ricevuto il vaccino di Pfizer o Moderna o lo avrà a breve. I margini per ottimizzare l'utilizzo del farmaco di AstraZeneca verso le fasce di età suggerite da Aifa ci sono. Allo stesso tempo però questo vorrebbe dire rivedere l'organizzazione dell'intera campagna e lasciare al momento meno coperta la fascia 55-79 anni, che è anche tra le più a rischio per le complicanze del Covid-19. Un rebus, insomma.

Il vaccino è efficace?

Un altro dato sul quale potrebbe esserti caduto l'occhio riguarda la percentuale di efficacia di questo vaccino: 60% circa. Ben al di sotto di quelli a mRNA già approvati. A tal proposito, Aifa ha subito precisato che: "Si tratta di uno strumento che rafforza la campagna vaccinale in Italia e, seppure i dati a disposizione indichino una efficacia inferiore a quella degli altri due vaccini disponibili, la comparazione tra i tre vaccini è difficile, tenuto conto delle diversità delle popolazioni studiate e della necessità di completare gli studi".

"Non dobbiamo guardare a questo dato con disprezzo – ha spiegato il professor Roberto Burioni, ospite alla trasmissione Che tempo che fa.Chiaramente è molto lontano rispetto a quello degli altri due vaccini contro il Covid-19, ma è ad esempio superiore rispetto all'efficacia dell'antinfluenzale, che utilizziamo ogni anno".

Il vaccino di AstraZeneca non sembra essere in grado di prevenire l'infezione asintomatica

"In realtà, i limiti veri sono due – ha proseguito il virologo. – Il primo è che non è dimostrato essere efficace nelle persone più anziane. Il secondo è un po' più grave, perché questo vaccino è efficace nel prevenire la malattia, magari anche più efficace di quello che abbiamo visto nel prevenire la malattia grave. Però alle dosi autorizzate e con i dati che abbiamo, sembra non prevenire l'infezione asintomatica. Quindi le persone non si ammalano, ma possono infettarsi e poi eventualmente contagiare gli altri. Quindi al momento attuale, questo vaccino non può essere utilizzato per raggiungere quella cosa importantissima che è l'immunità di gregge". La soluzione di AstraZeneca dunque ci proteggerà, ma non ci permetterà di liberarci una volta per tutte del virus.

I tempi di somministrazione

La grande comodità di questo vaccino, rispetto agli altri, è che ha una capsula di protezione molto più resistente e potrà quindi essere conservato in un comune frigorifero addirittura per sei mesi. Non serviranno insomma i supercongelatori richiesti invece da Pfizer e Moderna. E forse è anche per questa ragione che l'intervallo tra le due dosi da somministrare non è ancora chiaro. L'Ema ha parlato di un tempo variabile tra le 4 e le 12 settimane, che corrispondono a 1 o 3 mesi. Ben diverso dai 21 e 28 giorni quasi tassativi dei precedenti. Sono infatti attesi, si legge nel documento pubblicato da Aifa, ulteriori precisazioni rispetto a questo intervallo. Dovrebbero comunque pervenire in settimana, dal momento che il primo carico è atteso in Italia per l'8 febbraio.

Fonte| Aifa

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