Alla base dell’egoismo c’è una mancata comunicazione tra amigdala e corteccia prefrontale del cervello

Uno studio recente dimostra come le nostre scelte altruistiche o egoistiche dipendano anche dalla connessione che viene a crearsi tra la corteccia prefrontale e l’amigdala, nota per essere il centro emotivo dell’essere umano.
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Gaia Cortese 25 Ottobre 2022
* ultima modifica il 25/10/2022

Un atteggiamento più altruista piuttosto che più egoista può dipendere dal funzionamento dell’amigdala, quell’agglomerato di nuclei nervosi posto nella parte più interna di entrambi i lobi temporali del cervello, noto per essere il nostro centro emotivo.

E' quanto emerge da uno studio pubblicato recentemente su Nature Neuroscience, e da non prendere come scusa per scaricare ogni responsabilità del proprio egoismo. Lo studio, condotto dal team di ricercatori e ricercatrici dell’Istituto Italiano di Tecnologi (IIT) e dell’Università Statale di Milano, ha scoperto le cause che regolano lo sviluppo di atteggiamenti di altruismo e di egoismo nel mondo animale, attraverso l'analisi del ruolo dei fattori comportamentali e socio-ambientali messi in relazione a specifici fattori cerebrali.

Nello specifico, il team di ricercatori del Dottor Diego Scheggia, coordinato dalla professoressa Monica Di Luca e dal professor Fabrizio Gardoni, e il laboratorio Genetics of Cognition di IIT coordinato da Francesco Papaleo hanno dimostrato per la prima volta il coinvolgimento delle connessioni fra l’amigdala basolaterale e la corteccia prefrontale del cervello.

L’attivazione fisiologica o meno di queste connessioni, infatti, influenza la manifestazione di comportamenti egoistici o altruistici e ciò può spiegare la variabilità degli atteggiamenti tra diversi soggetti. Nelle persone più altruiste i neuroni dell’amigdala si attivano maggiormente rispetto a quelli delle persone egoiste, la cui amigdala si attiva meno a causa della mancata comunicazione con la corteccia prefrontale, che oltretutto svolge anche un ruolo di controllo su molte altre funzioni cognitive, anche in ambito sociale.

Per verificare i fattori sociali che influenzano i livelli di altruismo, i due team di ricercatori hanno condotto studi comportamentali su modelli animali, attraverso test come il Dictator game, in cui un soggetto sperimentale può scegliere se condividere o meno il cibo con un partner.

Gli scienziati hanno potuto osservare una maggior tendenza altruistica quando i partner si conoscono,   quando c’è maggior interazione, o ancora, quando uno dei due è affamato. Non solo. Tra i maschi con rango sociale più distante, si è evidenziato che il soggetto dominante è più altruista verso un subordinato, diversamente se a confrontarsi sono due soggetti alla pari, la competizione aumenta.

"La corteccia prefrontale e l'amigdala basolaterale lavorano come un'orchestra nel modulare le nostre scelte altruistiche o egoistiche".

La connessione tra amigdala basolaterale e corteccia prefrontale nella regolazione tra altruismo ed egoismo, è stata dimostrata attraverso la chemogenetica, un processo che utilizza molecole che si attaccano a siti specifici e che consente di attivare o meno singoli circuiti cerebrali, per capire quali sono coinvolti in un certo processo e dimostrare il loro ruolo fisiologico.

 “Le interazioni sociali sono il fulcro delle nostre vite quotidiane e la maggior parte delle nostre azioni hanno una ricaduta su chi ci circonda – ha spiegato Diego Scheggia, coautore dello studio -. In questo contesto, il progetto di ricerca ha studiato come le azioni prosociali ed egoistiche vengano influenzate da numerosi fattori tra cui: la posizione sociale occupata all’interno di una comunità organizzata, l’empatia, la familiarità all’interno di una relazione sociale e per la prima volta abbiamo dimostrato anche il ruolo del circuito cerebrale che coinvolge l’amigdala, un complesso che viene definito il nostro centro delle emozioni, e la corteccia prefrontale che svolge un ruolo chiave nel controllo delle più importanti capacità cognitive, anche nella sfera sociale”.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.