Se ti dicessi di fare il nome di un suino selvatico, probabilmente il primo animale a cui penseresti è il cinghiale. Quest'ultimo, come sappiamo, non corre particolari pericoli di estinguersi, e anzi nel nostro Paese si presentano periodicamente problemi legati alla sua proliferazione. Dall'altra parte del mondo, in Indonesia, c'è invece un suino selvatico dall'aspetto piuttosto bizzarro che non se la passa proprio bene: si tratta del babirussa.
Questo mammifero ha tutte le sembianze di un maiale dalla colorazione scura, ma con una particolarità che non passa certo inosservata. Dal suo muso infatti spuntano quattro lunghe zanne ricurve all'indietro: in realtà, quelle inferiori sono i canini inferiori. Non è un caso che la parola "babirussa" in lingua malese significhi cervo-maiale. Negli esemplari maschi le zanne possono arrivare fino a 30 centimetri di lunghezza, mentre sono molto più corte nelle femmine.
La specie è endemica nell'isola di Sulawesi e in altri isolotti vicini: ciò vuol dire che si trovano solo in quel determinato ambiente e da nessuna altra parte nel mondo. La brutta notizia, purtroppo, è che il babirussa è un animale in via di estinzione, e non a caso è stato inserito nella Lista Rossa dello Iucn (l'Unione internazionale per la conservazione della natura) e classificato come specie "vulnerabile".
Attualmente si stima che esistano circa 4 mila esemplari. Pochissimi, come puoi intuire. Una delle problematiche è data dal basso tasso di riproduzione del babirussa: ogni femmina, dopo una gestazione di 5 mesi, dà alla luce solo uno o due cuccioli. La principale minaccia però si chiama deforestazione. Il suo habitat, rappresentato dalla foresta pluviale, si sta infatti riducendo sempre più di più per via del disboscamento illegale. A questo si aggiunge anche il bracconaggio, dal momento che in certi villaggi può capitare che il babirussa venga cacciato dagli abitanti non musulmani per la sua carne. In passato, per frenare il declino della specie, si è perfino tentato di addomesticarlo, ma con scarso successo. La soluzione sarebbe molto più semplice: rispettare gli spazi della natura.