L'Alzheimer è una malattia neurodegenerativa. Questo significa che provoca un lento declino di alcune aree del tuo cervello, in particolare di quelle associate a memoria, del pensiero e del ragionamento. Un problema che spaventa, anche perché non se ne conosce né la cura, né la causa. Forse però un gruppo di ricercatori dell'Università di Boston sono riusciti a individuare due geni, rarissimi, che porterebbero allo sviluppo della malattia. Se i risultati dello studio fossero confermati, si potrebbero formulare diagnosi sempre più precoci e magari trovare anche un modo per prevenire la patologia.
L'analisi ha riguardato più di 10mila persone: la ricerca più di vasta scala che sia mai stata fatta. Fra i partecipanti, in 5600 erano affetti da Alzheimer, mentre i restanti 4600 non avevano ricevuto questa diagnosi. Il loro genoma è stato studiato in laboratorio, con particolare all'attenzione al Dna codificante, cioè a quella parte addetta alla produzione di proteine, e quindi alla costituzione di tutto l'organismo e delle eventuali manifestazioni di tipo clinico. I 95 geni, già identificati in precedenza come probabili indicatori della malattia, erano presenti in numero maggiore nelle persone malate.
Inoltre in due di loro, chiamati Notch3 e Trem2, sono state identificate due mutazioni estremamente rare che sarebbero presenti solo nelle persone con Alzheimer. Potrebbero dunque essere le vere responsabili di questa malattia e di altre patologie neurodegenerative, tra cui diverse forme di demenza. Sembra poi che la variazione del Notch3 sia associata a particolari gruppi etnici, come gli ebrei aschenaziti, dov'è stata riscontrata con maggior frequenza. Poterebbe quindi presentarsi la possibilità di sviluppare test diagnostici differenti in base alla provenienza di una persona.
Naturalmente, si tratta solo del primo studio di questo tipo e molti altri dovranno essere effettuati per confermare i risultati emersi. Inoltre, mutazioni diverse di uno stesso gene o una variazione nel numero di copie presenti potrebbero portare a forme di demenza diverse tra loro, perciò è necessario indagare meglio e far luce in ogni zona d'ombra. È però stato compiuto un passo importante nella conoscenza di una patologia che rimane ancora oscura, sotto molti aspetti.
Fonte| "Association of Rare Coding Mutations With Alzheimer Disease and Other Dementias Among Adults of European Ancestry" pubblicato su JAMA il 29 marzo 2019