Atrofia muscolare spinale (Sma): diagnosi precoce nei neonati grazie a un nuovo test in Toscana e Lazio

Il progetto pilota dell’università Cattolica di Roma partirà a breve. I genitori potranno scegliere se sottoporre a un test genetico il proprio figlio per scoprire se affetto dalla malattia rara che può portare anche alla morte. Lo scopo è aumentare il numero di diagnosi precoci e iniziare il percorso terapeutico fin da subito con benefici per la qualità di vita del bambino.
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Federico Turrisi 19 Giugno 2019
* ultima modifica il 24/09/2020
Con la collaborazione del Dott. Francesco Danilo Tiziano Professore associato all'Istituto di Medicina genomica dell'Università Cattolica di Roma

Diagnosticare in anticipo, attraverso un test genetico gratuito, una grave e rara malattia neuromuscolare come l’atrofia muscolare spinale (Sma) prima ancora che si manifestino i suoi sintomi. È questo l’obiettivo del progetto pilota, coordinato dall’Università Cattolica di Roma, che punta a coinvolgere i circa 140 mila bambini che, si stima, nasceranno in Lazio e Toscana nei prossimi due anni. L’iniziativa è stata presentata lo scorso 11 giugno a Roma: si tratta del terzo progetto pilota europeo, dopo quelli di Germania e Belgio.

Per la prima volta in Italia i neonati di queste due regioni potranno essere sottoposti contestualmente agli screening neonatali obbligatori a un test genetico che permetterà di fare con certezza la diagnosi dell’atrofia muscolare spinale quando ancora non ha fatto il suo esordio. Ai bambini che parteciperanno allo studio sarà prelevato un piccolo campione di sangue nel centro nascita locale per individuare l’eventuale difetto genetico. La partecipazione è su base volontaria dei genitori che dovranno ovviamente firmare il consenso informato.

Si stima di poter offrire una diagnosi precoce a circa 20 neonati

Una volta individuata la patologia sarà possibile iniziare subito un trattamento specifico. Stando alle attuali stime di incidenza, si calcola di poter offrire una diagnosi precoce a circa 20 bimbi di cui l'80% affetto da Sma I o II, le forme più gravi.

"I dati a nostra disposizione che sono in corso di acquisizione ci dicono che i bambini che sono stati trattati prima dell'esordio dei sintomi della Sma hanno comunque uno sviluppo motorio simile a quello dei bambini non affetti. La terapia attuale, che non è una vera e propria cura definitiva, anche se somministrata in fase post-sintomatica permette un netto miglioramento delle condizioni del paziente e un allungamento dell'aspettativa di vita; il trattamento pre-sintomatico, in più, permette di massimizzarne l'efficacia", spiega Francesco Danilo Tiziano, professore associato all'Istituto di Medicina genomica dell'Università Cattolica di Roma e coordinatore del progetto pilota.

"Lo studio, che è concepito come epidemiologico e quindi volto a definire l'incidenza della Sma, ha due obiettivi: valutare la fattibilità di uno screening neonatale su base genetica e non biochimica e dall'altro produrre dei dati preliminari che poi saranno utili a stabilire l'inclusione del test nei Lea (Livelli Essenziali di Assistenza, ndr). Il che può portare all'estensione dell'esame a livello nazionale".

Che cos’è l’atrofia muscolare spinale

L’atrofia muscolare spinale (Sma) è una malattia neuromuscolare caratterizzata dalla progressiva morte dei motoneuroni, le cellule nervose del midollo spinale che hanno il compito di trasmettere ai muscoli il comando di movimento. Provoca debolezza e atrofia muscolare progressiva, che interessa, inizialmente, i muscoli del tronco e prossimali degli arti. La malattia è causata da un difetto genetico che porta alla produzione di livelli insufficienti di una proteina chiamata SMN, necessaria per la sopravvivenza dei motoneuroni. Se entrambi i genitori sono portatori sani di questo difetto c’è il 25 per cento di probabilità di trasmettere la condizione a ciascuno dei figli.

La Sma è classificata come malattia rara: colpisce soprattutto in età pediatrica circa 1 paziente ogni 6000 e costituisce la più comune causa genetica di morte infantile. Ne esistono tre forme: I è la più grave e colpisce circa la metà dei pazienti. In questo caso, i bambini mostrano segni della malattia già alla nascita o nei primi mesi. L’aspettativa di vita è fortemente ridotta a causa delle complicazioni respiratorie che si presentano. I bambini affetti dalla  forma II acquisiscono la capacità di stare seduti ma non di camminare autonomamente. Presentano spesso anche problemi respiratori e altre complicanze come la scoliosi. La  forma III  è la meno grave; spesso compare dopo i primi anni ed è sempre associata alla capacità di riuscire a camminare, anche se in alcuni casi questa capacità può essere perduta in seguito.

Fonti | Telethon, Osservatorio Malattie Rare

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