Batterie allo stato solido, cosa sono e come cambieranno la mobilità elettrica in futuro

La mobilità si trova in un periodo in cui le istituzioni dovranno sempre più prendere decisioni, oltre che proporre novità. Ecco, una delle novità è quella delle batterie a stato solido. Cosa sono, quanta autonomia hanno, come sono costruite?
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Mattia Giangaspero 16 Giugno 2023

La transizione elettrica ha stravolto le abitudini di tutti: di chi usa mezzi elettrici, di chi vorrebbe e soprattutto delle istituzioni che devono implementare servizi e offerte stradali, attualmente carenti. Adesso però soffermiamoci su un singolo mezzo elettrico: non pensiamo più a cavalli, numero di cilindri o altro. Sono le dimensioni della batteria a focalizzare la nostra attenzione.

La parola chiave in questione è "ricarica", o meglio dire l'ansia di ricaricare. La tecnologia degli accumulatori attuali, infatti, non è troppo diversa da quella dei nostri smartphone. Vengono utilizzati gli ioni di litio, e diventa necessario usare pacchi batteria grandi, pesanti e che offrono un'autonomia tutto sommato limitata, se confrontata a quella delle auto a combustione.

Cosa sono le batterie allo stato solido

Si può cambiare però. Esiste una possibilità e ci stanno provando: le batterie allo stato solido. Vediamo il loro funzionamento e tutte le loro caratteristiche.

Il termine batteria è stato coniato nel 1749 da Benjamin Franklin, ma la prima batteria elettrochimica vera e propria è stata costruita da Alessandro Volta nel 1800. Le batterie prendono energia, la immagazzinano e la rilasciano quando serve ai nostri dispositivi, che siano telefoni, computer o auto.

Nei decenni successivi la tecnologia è evoluta in quella che è grossomodo l'applicazione che conosciamo, ovvero la conversione dell'energia chimica direttamente in energia elettrica in una cella elettrochimica. Questa avviene grazie al flusso di elettroni da un elettrodo chiamato anodo (carico negativamente) a un elettrodo chiamato catodo (carico positivamente). All'anodo, composto di un metallo come zinco o litio, l'elettrodo reagisce con l'elettrolita (il liquido o gel in cui è immerso) producendo elettroni (un processo chiamato ossidazione).

Questi si accumulano, mentre al catodo avviene una reazione che lo mette in condizioni di accettare gli elettroni (un processo chiamato riduzione). La reazione nel complesso si chiama di riduzione-ossidazione, ovvero redox.

Autonomia

Se infatti le auto elettriche di adesso, dotate di batterie agli ioni di litio, offrono autonomie tra i 300 e i 500 km, le batterie allo stato solido possono portare questo valore tra i 450 e i 750 km (e anche di più, secondo alcune stime che parlano di un incremento fino all'80%).

Materiali

I materiali proposti per l'uso come elettroliti solidi nelle batterie allo stato solido includono ceramiche come ortosilicato di litio, solfuri e fosfati, ma sono stati proposti anche conduttori superionici di cloruro.

Pro e contro

Il potenziale di queste reazioni è la capacità della batteria di produrre o attirare elettroni ed è chiamato potenziale standard. La differenza di questo potenziale tra i due elettrodi è il potenziale elettrochimico, che determina il voltaggio della batteria. Quando collego i due elettrodi, ovvero chiudo il circuito, gli elettroni sono liberi di passare e caricano il mio dispositivo. Quando collego la batteria a una fonte di elettricità, "forzo" il processo inverso, permettendo il passaggio degli elettroni attraverso la membrana semi permeabile e di fatto riportando gli elettroni all'anodo. Questa membrana, solitamente di plastica, impedisce il cortocircuito, perché le batterie moderne sono il più piccolo possibile, e bisogna tenere separati anodo e catodo, che se si toccassero causerebbero un cortocircuito.

Il problema è che i progressi sono stati fatti solo cambiando le molecole coinvolte nel processo, ovvero i materiali di cui sono composti elettrodi ed elettrolita, e oggi lo standard per le batterie ad alta capacità è di usare gli ioni di litio (al posto dello zinco delle pile alcaline).

Stato dell'arte

Una delle case automobilistiche che sta provando a implementare questo tipo di batterie è Toyota e anzi…  La nuova generazione di veicoli elettrici di Toyota si vuole basare su batterie ferro litio fosfato bipolari (senza involucro, quindi in grado di garantire più capacità per unità di volume). Il modello in questione è il bZ4X, che prevede nuovi sistemi di accumulo, i quali aumenteranno del 20% il chilometraggio, taglieranno i costi del 40% e avranno un tempo di ricarica dal 10 all’80% in meno di 30 minuti.

In parallelo, Toyota sta sviluppando un’altra batteria, battezzata Performance, che promette un range di 1.000 chilometri, sarà quadrata, avrà una densità energetica maggiore e costi del 20% inferiori alla bZ4X e un tempo di ricarica di meno di 20 minuti.

Ricarica in 10 minuti. Autonomia di 1.500 chilometri. E un numero di cicli di ricarica paragonabile con quello delle batterie tradizionali a ioni di litio. La nuova batteria a stato solido  firmata Toyota potremmo vederla dal 2027. L’azienda giapponese prevede di mettere in commercio i primi veicoli completamente elettrici alimentati dalla nuova tecnologia, anche in anticipo rispetto agli obiettivi che vedevano la scesa in campo delle nuove batterie già nel 2030.

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