Cannabis in Italia: le leggi in Italia, la normativa di distribuzione e gli utilizzi terapeutici

Le pratiche qui descritte non sono accettate dalla scienza medica, non sono state sottoposte a verifiche sperimentali condotte con metodo scientifico o non le hanno superate. Queste informazioni hanno solo un fine illustrativo.
La cannabis si sta sempre più ritagliando uno spazio sia nel mondo commerciale italiano sia a livello terapeutico. E sebbene venga ancora da molti vista come una sostanza illecita e dannosa, le norme che ne autorizzano la prescrizione medica e la vendita della sua versione “light” per uso ricreativo, esistono.
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Sara Del Dot 20 Aprile 2019
In collaborazione con Dott. Marco Ternelli Farmacista specializzato nella pratica galenica della cannabis medicale

L’abbiamo sempre chiamata “droga leggera”. Eppure oggi viene venduta nelle tabaccherie, in appositi negozi, può essere prescritta dal tuo medico di base e addirittura essere rimborsata dal Sistema sanitario nazionale. E sebbene non faccia che entrare sempre più a far parte delle nostre vite, in maniera totalmente legittima, molte persone fanno ancora fatica a concepirne i benefici.

Sto parlando, ovviamente, della cannabis. Quella pianta naturale che per diversi anni è stata vista da molti solo come una droga per giovani, un ricordo degli anni ’70, una sostanza illegale che nelle nostre case non dovrebbe esserci. E pensare che la canapa (che altro non è che una varietà di cannabis) è ormai considerato il materiale del futuro, una coltivazione perfetta per ri-fertilizzare i terreni, fantastica materia prima per realizzare bioplastiche, mattoni, abiti resistenti e sostenibili.

E non solo. La cannabis è ormai da tempo utilizzata anche a fini terapeutici anche nel nostro Paese. Ne avrai sicuramente sentito parlare e, probabilmente, hai sorriso al pensiero che una pianta che hai sempre sentito essere utilizzata per “sballarsi” possa rappresentare un vero e proprio rimedio fitoterapico, con tanto di ricetta medica. Ma c’è di più. Perché, secondo determinati criteri stabiliti su base regionale, la terapia a base di cannabis può essere anche rimborsata dal Sistema sanitario nazionale. Certo, le resistenze sono ancora molte, e piuttosto forti. Un po’ meno per quella utilizzata a fini terapeutici, un po’ di più per la cannabis “light”, quella che puoi acquistare (tranquillamente?) in qualsiasi grow shop.

In entrambi i casi, è importante informarsi e capire i comportamenti corretti da utilizzare proprio in merito all’utilizzo di questa pianta ancora troppo spesso vista come un nemico da combattere e non come una reale risorsa. In questo articolo ti dirò tutto quello che, a livello normativo, è necessario sapere sulla cannabis, sia quella terapeutica che quella light.

La cannabis terapeutica

La cannabis è una pianta naturale utilizzata con finalità curative da secoli e secoli. Sebbene però nel mondo occidentale ci sia ancora una visione piuttosto rigida della sua somministrazione in questo senso, dal momento che la tendenza principale è quella di associarla a una semplice “droga”, in Italia sembra che un varco si sia aperto. Nel nostro Paese, infatti, la cannabis terapeutica può essere utilizzata per il trattamento del dolore in diverse patologie e per la sua somministrazione è previsto un piano terapeutico che la rende, in alcuni specifici casi, rimborsabile dallo Stato. La possibilità di tutti i medici di prescrivere cannabis per fini terapeutici risale al 2006, come si legge sul sito del Ministero della Salute, ma è dal 2013 che può essere tranquillamente acquistata in farmacia. Inoltre, solo nel 2014 l’Italia ha avviato un progetto pilota per la produzione di cannabis medicinale entro i propri confini, precisamente allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, mentre prima il prodotto veniva importato principalmente dall’Olanda. Naturalmente la sua prescrizione e somministrazione sono regolate da norme ben precise, soprattutto per quanto riguarda quella rimborsabile.

Quali sono le leggi che la regolano

Le radici normative della gestione della cannabis, anche quella a uso terapeutico, affondano nel Decreto del Presidente della Repubblica 309/1990, ovvero il "Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza" che in realtà comprende tutti gli stupefacenti.

La norma a cui però è necessario riferirsi parlando di cannabis nello specifico è rappresentata dal Decreto ministeriale 9 novembre 2015, “Funzioni di Organismo statale per la cannabis previsto dagli articoli 23 e 28 della convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, come modificata nel 1972”.  Si tratta di una legge creata ad hoc per la cannabis terapeutica, che attualmente ne disciplina utilizzo e somministrazione, anche dal punto di vista del Ministero della Salute in materia di autorizzazioni e di controllo. Oltre a inglobare le disposizioni presenti nel testo unico, il Decreto ministeriale comprende anche la legge Di Bella 94/98, che disciplina le modalità di prescrizione della cannabis da parte dei medici.

È considerato un farmaco a tutti gli effetti?

Se ti stai chiedendo se esista una nota Aifa per i farmaci a base di cannabis, la risposta è “no”. A spiegarci il perché è il dottor Marco Ternelli, farmacista specializzato nella pratica galenica della cannabis medicale.

“L’Agenzia del Farmaco si occupa solo dei farmaci prodotti a livello industriale, registrati, e che hanno l’AIC (autorizzazione all’immissione in commercio), ovvero quelli venduti già pronti in una forma ben precisa. A differenza di questi farmaci, la cannabis non viene prodotta a livello industriale, ma fa parte dei farmaci chiamati “galenici”. Questo significa che viene preparata direttamente dal farmacista, a cui viene venduta come materia prima da lavorare direttamente in farmacia."

Da dove arriva la Cannabis terapeutica

Fino al 2014, la cannabis terapeutica veniva acquistata da parte delle farmacie dall’estero, in particolare l’Olanda, dove viene prodotta nelle serre farmaceutiche. Oggi in Italia c’è un unico posto in cui questo prodotto può essere acquistato ed è lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze che produce FM-2, contenente i due principi attivi principali, ovvero THC e CBD. Ciò è stato possibile grazie a un accordo sottoscritto il 18 settembre 2014 tra il Ministero della Salute e il Ministero della Difesa per avviare un progetto pilota finalizzato a produrre sostanze attive estratte dalla Cannabis.

Cannabis e Servizio sanitario nazionale

Normalmente i farmaci definiti dall’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) come mutuabili, ad esempio l’antibiotico per un’infezione, lo sono in tutte le Regioni italiane, a prescindere da dove vivi e dove lavori, previa naturalmente prescrizione medica. Per i farmaci galenici il discorso è diverso: questi di solito non sono mutuabili, quindi i costi sono tutti a carico del paziente.

“La cannabis è soggetta a un discorso ancora diverso.” Afferma Marco Ternelli, “Infatti, grazie a numerose pressioni nel corso degli anni, è stata raggiunta una rimborsabilità statale, i cui criteri vengono però decisi da ogni singola Regione. Infatti poiché ciascuna Regione è responsabile della gestione dei propri servizi sanitari, definisce criteri, fondi e possibilità per i propri cittadini nello specifico.”

Cannabis terapeutica mutuabile

Una regola piuttosto generale è che in quasi tutte le Regioni è previsto un piano terapeutico per la prescrizione della cannabis mutuabile. “In questo modo”, prosegue il dottor Ternelli, “il paziente deve recarsi presso una struttura accreditata, riconosciuta dalla Regione per la prescrizione di cannabis o da uno specialista convenzionato per farsi redigere il piano terapeutico della durata variabile dai 3 ai 6 mesi. Una volta ottenuto, potrà presentarlo al proprio medico di base che gli consegnerà la ricetta per il ritiro gratuito della terapia.”

Naturalmente, ciò non può avvenire in modo indiscriminato. Alcune Regioni hanno infatti stanziato dei fondi annuali previsti per questo tipo di cura, ponendo un tetto alla rimborsabilità dei prodotti. E non solo: ciascuna Regione ha il compito di individuare le malattie per le quali i costi della terapia a base di cannabis sono coperti dallo Stato.

Ci sono però anche delle eccezioni: ad esempio, in Emilia-Romagna il piano terapeutico non è previsto, di conseguenza qualunque medico può redigere autonomamente la prescrizione, che tuttavia riguarda soltanto due patologie ben definite (quindi con requisiti molto stringenti): dolore associato a spasticità con resistenza alle terapie convenzionali o intolleranza ad altri cannabinoidi in pazienti affetti da sclerosi multipla e dolore neuropatico cronico in pazienti con resistenza a trattamenti convenzionali.

Pubblico e privato

Come hai appena letto, nella maggior parte dei casi la cannabis terapeutica viene proposta come terapia mutuabile soltanto quando le altre terapie hanno fallito nella gestione del dolore o dei sintomi. Una sorta di “ultima spiaggia” per la terapia del dolore. Decisamente diverso è il discorso per quanto riguarda un medico privato. Chi redige una prescrizione a pagamento, infatti, può proporre una terapia a base di cannabis a seconda delle proprie convinzioni e conoscenze.

Patologie da trattare con cannabis terapeutica

“La legge Di Bella consente la prescrizione della cannabis per qualunque patologia per la quale esista letteratura scientifica accreditata.” Dice Marco Ternelli. “Sicuramente è consigliata per la gestione del dolore, in tutti i sensi. Si va dal dolore oncologico fino a mal di denti e mal di schiena. Altre patologia per cui è indicata sono la Sclerosi multipla, l’epilessia, patologie spastiche come la sindrome di Tourette, disturbi del sonno, ansia e altri sintomi come nausea e vomito dovuti alla chemioterapia, anoressia, glaucoma.”

La cannabis “light” e la legge 242/2016

Per la cannabis “light” la storia è ben diversa. Si tratta di un prodotto che, non avendo fini terapeutici ma soltanto ricreativi, è soggetto a normative molto più stringenti (e a una diffidenza maggiore). Una svolta da questo punto di vista è stata sancita dall’approvazione della legge n. 242 del 2 dicembre 2016, "Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa", in vigore dal 14 gennaio 2017. Si tratta di norme che regolano il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa, ovvero cannabis sativa, considerandola una coltura in grado di ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura. All’interno del testo di legge, infatti, viene data una regolazione sia alla produzione sia alla vendita di questo prodotto, il cui contenuto complessivo di THC, ovvero il principio attivo, deve mantenersi entro lo 0,2%, potendo però arrivare anche allo 0,6% senza responsabilità per il coltivatore.

A partire dall’entrata in vigore di questa legge, in tutta Italia hanno fatto capolino centinaia di negozi, chiamati grow shop, dedicati esclusivamente alla vendita di prodotti a base di canapa. Anche alcuni tabaccai hanno scelto di inserire la cannabis “light” tra i loro prodotti, tuttavia la legislazione risulta ancora poco chiara sotto diversi aspetti. E questo ha consentito alla Corte di Cassazione di dichiarare, il 30 maggio 2019, illegale la vendita di prodotti come olio, resina, infiorescenze e foglie di cannabis sativa, ovvero i derivati dalla cannabis light, non previsti esplicitamente dalla norma. Nelle motivazioni, uscite qualche mese più tardi, la Corte ha dichiarato "reato" la vendita dei prodotti derivanti dalla cannabis light che abbiamo un effetto "drogante", presentando quindi un livello di Thc superiore allo 0,2%.

Fonti | DM 9 novembre 2015, Legge 242/2016

Ultimo aggiornamento | 5 giugno 2019, da Sara Del Dot