“Sono determinata a tornare sul palcoscenico e a vivere una vita il più normale possibile”: firmato Celine Dion.
Queste le parole con cui la cantante canadese ha riacceso i riflettori sulla sindrome della persona rigida, la patologia che dal 2022 la sta tenendo lontano dai concerti in tutto il mondo.
“Cercare di superare questo disturbo autoimmune è stata una delle esperienze più difficili della mia vita […] Sono profondamente grata per l'amore e il sostegno dei miei figli, della famiglia, della squadra e di tutti voi!” ha continuato in un post social pubblicato in occasione della giornata internazionale della sindrome della persona rigida dove è ritratta insieme ai tre figli, René-Charles e i gemelli Nelson e Eddy, avuti con il defunto marito, René Angélil.
Dopo la diagnosi e l’annuncio della malattia, Celine Dion è stata costretta a cancellare i tour e i live perché i sintomi, come la forte rigidità muscolare, i problemi di postura e gli spasmi le avevano impedito di potersi esibire davanti al suo pubblico.
Ora però è decisa a tornare. O quantomeno a fare di tutto per provare a salire nuovamente su un palco.
Per farlo, dovrà sottoporsi percorsi terapeutici differenti. Sì, perché ad oggi non abbiamo a disposizione una cura specifica per la sindrome della persona rigida.
Della patologia sappiamo che si manifesta con un sintomo principale che è proprio la rigidità muscolare, localizzata soprattutto a livello del tronco e dell’addome, e sappiamo poi che il punto di origine è nel sistema nervoso centrale, probabilmente dovuto a un’alterazione proteinica: il resto di questa malattia, però, è ancora un’incognita.
Non avendo ancora viluppo una strategie mirata contro la patologia, l’unica cosa che Celine Dion potrà fare, così come tutti coloro che sono affetti dalla sindrome della persona rigida, è quello di ricorrere a terapie e supporti medici per controllare i sintomi.
Possono essere utili, per esempio, dei farmaci sedativi per provare a rilassare i muscoli e facilitare i movimenti del corpo così come la somministrazione di sostanze per tenere a bada la spasticità. Stesso discorso vale per terapie a base di prodotti con proprietà ansiolitiche, sedativo–ipnotiche e anticonvulsivanti.
Si può ricorrer anche alla somministrazione per via endovenosa di immonoglobuline o all’impiego di farmaci corticosteroidi, anche se solo per brevi periodi perché possono esporre i pazienti al rischio di sviluppare altre infezioni.