Pegah Moshir Pour Sanremo 2023

Chi è Pegah Moshir Pour, l’attivista che ha portato sul palco di Sanremo la voce soffocata dell’Iran

Nata in Iran e arrivata in Italia da bambina, Pegah Moshir Pour ha raccontato dal palco dell’Ariston i diritti negati nel suo Paese di origine dalla tirannia del Repubblica islamica. Da sempre lotta per i diritti umani e digitali delle minoranze.
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Maria Teresa Gasbarrone 9 Febbraio 2023

"In Iran non sarei potuta essere così vestita e truccata e non avrei potuto parlare di diritti umani da un palcoscenico. Perché sarei stata arresta o forse addirittura uccisa". È iniziato così il discorso  di Pegah Moshir Pour, l'attivista italiana di origini iraniane che nella seconda serata di Sanremo 2023 ha portato sul palco dell'Ariston i diritti dell'Iran.

Un discorso di poche parole, ma chiaro e conciso, com'è stato il gesto con cui Pegah ha lasciato il palco dell'Ariston: si è sciolta i capelli. Lo ha fatto in nome di tutte le donne che sotto il regime iraniano sono state arrestate e uccise per non aver indossato – o averlo fatto male – l'hijab. La prima è stata Mahsa Amini, uccisa a settembre 2022 per mano della polizia, con l'unica colpa di aver lasciato intravedere qualche ciocca da quel velo che è diventato il simbolo dei diritti negati alle donne iraniane. Proprio per loro e per i migliaia di iraniani in protesta da mesi nelle piazze del Paese contro il potere degli ayatollah ha parlato l'attivista ospite a Sanremo. Ma chi è Pegah Moshir Pour e com'è arrivata sul palco dell'Ariston?

Per mia sorella, tua sorella e le nostre sorelle: In Iran si paga con la vita il desiderio di esprimere la propria femminilità

Pegah Moshir Pour e Drusilla Foer

Chi è Pegah Moshir Pour?

"Buonasera a tutte ed a tutti, mi chiamo Pegah Moshir Pour Italiana di origine iraniana, nata tra i racconti del Libro dei Re, cresciuta tra i versi de La Divina Commedia". Nata nel 1991 in Iran, Pegah è arrivata in Italia, in Basilicata, quando aveva solo nove anni. La sua famiglia è stata costretta a lasciare il Paese a causa di altre proteste che proprio in quegli anni stavano attraversando il Paese.

Oggi Pegah è una consulente ma soprattutto – come lei stessa ha raccontato – è un'attivista per i diritti umani e digitali. Il coraggio di impegnarsi in prima linea per dare voce a chi non ne ha Pegah lo ha sempre avuto, ecco perché quando sono iniziate le manifestazioni in Iran e quindi la dura repressione che ha portato nelle carceri del regime oltre 20mila persone – secondo Human Rights Activists News Agency – l'impegno a fianco del Paese che le ha dato i natali le è sembrata la cosa più naturale da fare.

L'impegno di Pegah per l'Iran

Da quel settembre 2022, Pegah condivide dai suoi account social post che raccontano cosa sta succedendo in Iran e si espone in prima persona in iniziative culturale o da dietro gli schermi di trasmissioni e tg per denunciare le violenze operate dal regime.

Se il regime concedesse la libertà di togliere il velo, rischierebbe di crollare come un castello di sabbia

Pegah Moshir Pour

Ma non si limita a riportare i fatti di stringente cronaca, Pegah racconta il vero volto del suo Paese, quello in cui – come spiega in un suo recente post – le donne alfabetizzate rappresentano il 97% e costituiscono più del 60% dei laureati, motivo per cui il regime non vuole cedere sul fronte dei diritti femminili, "perché se dovesse cedere – aggiunge la 31enne – anche solo la libertà di togliere il velo potrebbe crollare come un castello di sabbia".

La voce dei giovani iraniani

Prima che entrasse in scena Drusilla Foer, l'attrice e conduttrice con cui Pegah ha condiviso la seconda parte del monologo, la 31enne lucana ha spiegato che proprio perché in nome dei tanti suoi coetanei rimasti senza voce, "come molte ragazze e ragazzi del mio Paese, ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce ad una generazione cresciuta sotto un regime di terrore e di repressione, in uno dei paesi più belli al mondo, uno scrigno dei Patrimoni dell’Umanità".

Proprio per aiutare i ragazzi intrappolati nell'incubo della repressione, a inizio ottobre 2022 Pegah ha scritto una lettera aperte alle Università italiane a seguito all'arresto di massa degli studenti dell'Università Sharif a Teheran. Gli studenti – si legge nel testo – si erano raccolti un presidio per chiedere la liberazione di alcuni rappresentanti dei comitati studenteschi coinvolti nelle proteste di quelle settimane.

"Da quasi 17 giorni – ha scritto Pegah – ci sono manifestazioni e proteste ininterrotte in Iran, in più di cento città dai grandi centri fino alle province più lontane, dove ragazze e ragazzi chiedono Libertà. Quella libertà che racchiude in sé la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell'Onu tra cui anche l'articolo 26 dove il diritto allo studio è uno dei diritti fondamentali ed inalienabili della persona".

"Per donna, vita, libertà!"

Le due ospiti hanno scelto di concludere il monologo attraverso le persone dei ragazzi perseguitati dalla Repubblica islamica, attraverso le parole di una canzone divenuta inno delle proteste. Si tratta di "Baraye", componimento nato dai tweet dei giovani sulle libertà di cui non sono privati. L'autore, Sharvin Ajipour, è stato arrestato e il suo account silenziato.

Un silenzio che Pegah ha però fatto in mille pezzi dal palco più noto della cultura musicale italiana, alternando al testo della canzone – citato da Drusilla – la spiegazione delle conseguenze di quelle libertà vietate:

"Per poter ballare per strada: In Iran si rischiano fino a 10 anni di prigione se si balla per strada o si ascolta musica occidentale

Per paura di baciarsi: In Iran è proibito baciarsi e stare mano nella mano con la persona che ami.

Per mia sorella, tua sorella e le nostre sorelle: In Iran si paga con la vita il desiderio di esprimere la propria femminilità […]

Per donna, vita, libertà".