Click day all’italiana: il Bonus mobilità 2020 finisce nel peggiore dei modi

Doveva essere il grande giorno dei rimborsi e dei voucher per chi aveva acquistato (o vorrà acquistare) un mezzo di trasporto sostenibile, come biciclette (anche elettriche) o monopattini. E invece il sistema di autenticazione PosteID di Poste Italiane è andato in tilt e dopo ore di attesa con code di centinaia di migliaia di persone in fila virtuale gli utenti non hanno potuto avere il loro rimborso.
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Simona Cardillo 3 Novembre 2020

Questa è la triste storia di come una bella iniziativa possa trasformarsi in una figuraccia atomica. Dalla primavera scorsa il nostro Governo non ha fatto altro che incentivare i cittadini a spostarsi in modo sostenibile, favorire l'acquisto di biciclette (normali o elettriche), monopattini e chi più ne ha più ne metta. E così noi bravi italiani, un po' spinti dal Bonus Mobilità 2020 promesso in pieno lockdown e un po' terrorizzati dal prendere il coronavirus sui mezzi pubblici, ci siamo lasciati convincere. Abbiamo comprato un mezzo sostenibile, magari elettrico. E con pazienza abbiamo aspettato il giorno del rimborso: ben il 60% della spesa sostenuta, per un massimo di 500 euro. Per fare un esempio: a fronte di una spesa di circa 450 euro avremmo avuto indietro 270 euro, spendendo quindi meno di 200 euro per il nostro monopattino elettrico. Un bell'investimento che fa bene a noi e all'ambiente.

Così, dopo oltre 6 mesi dall'acquisto (per chi aveva deciso di comprare già a maggio), arriviamo al giorno tanto atteso: quello del rimborso. O per meglio dire: il giorno del click day. Oggi, 3 novembre 2020. Recuperata la fattura, Iban sottomano, verificata la correttezza dei dati dell'identità Spid (necessaria per autenticarsi ed accedere al portale del Ministero dell'Ambiente), non resta che mettersi in coda prenotando il proprio posto nella sala d'attesa virtuale del sito creato ad hoc per l'occasione www.buonomobilita.it, disponibile dalle 9 di questa mattina.

E qui la prima sorpresa: pur prenotandosi alle 9 esatte del mattino, la coda è lunghissima. Noi siamo fortunati e riusciamo a prendere il posto numero 129.956. Con un po' di pazienza e buona volontà, il Ministero avrà i fondi per tutti noi in coda (215 milioni di euro sono davvero tanti!).

Tutto sembra filare liscio, fino al momento in cui tocca a noi: "Sei il prossimo. Tra qualche istante accederai al servizio. Grazie per l'attesa". E lì.. il patatrac: lo Spid ID fa cilecca nel peggiore dei modi. Poste ID (il sistema Spid di Poste italiane) non funziona, accedere al sistema di autenticazione è un miraggio, la app per smartphone non funziona e il sito posteid.poste.it è irraggiungibile. Tra un tentativo e l'altro il tempo passa e, passati i 20 minuti limite per ogni accesso, perdiamo il nostro turno.

Ci rimettiamo in coda con un'altra spiacevole sorpresa: "Il numero di utenti in coda davanti a te è: 586.427". Proviamo e riproviamo ancora, e ogni volta è la stessa cosa: problemi di autenticazione, sito irraggiungibile e il messaggio di errore "429 Too Many Requests" quando proviamo a collegarci al nostro Spid PosteID.

Ma cosa è successo? Il problema purtroppo è lo stesso per tutti gli utenti che hanno lo Spid PosteID di Poste Italiane. Pare che a essere arrivato impreparato all'appuntamento del grande giorno sia proprio il sistema di autenticazione di Poste. Dopo 6 mesi di attesa, con una data fissata da settimane, moltissime persone hanno speso ore in attesa virtuale per ricevere il rimborso tanto atteso per il loro investimento in favore di una mobilità sostenibile.

Quel che resta di questa giornata è una brutta, anzi pessima figura.

E poco importa se Poste Italiane, il Ministero dell'Ambiente o lo stesso Ministro Sergio Costa in persona interverranno per scusarsi e rimedieranno all'errore. Centinaia di migliaia di persone hanno davvero creduto che nel 2020 potesse essere semplice accedere al portale web, autenticarsi e ricevere il rimborso come veniva loro promesso da mesi.

"Non sarà un click day", avevano promesso. "Ci saranno soldi per tutti", rassicuravano. "Abbiamo altri fondi da stanziare", dicevano. E forse avevano ragione. Ma non è questo il problema, oggi.

Quel che resta di questa giornata è una brutta, anzi pessima figura. Sicuramente evitabile, difficilmente dimenticabile.