Come funziona una stanza del pianto?

Se non indicato espressamente, le informazioni riportate in questa pagina sono da intendersi come non riconosciute da uno studio medico-scientifico.
Cosa accade se in una città si apre un luogo dedicato solo a chi ha bisogno di un momento per sedersi e sfogarsi, anche piangendo? A Madrid hanno fatto proprio questo esperimento.
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Giulia Dallagiovanna 13 Aprile 2022

Una stanza del pianto è un luogo dove chiunque può entrare e piangere, in qualsiasi momento della giornata. Uno spazio in cui sfogarsi, insomma, senza vergognarsi delle proprie debolezze e dei momenti di difficoltà. A Ottobre dello scorso anno ne è stata aperta una a Madrid con il nome di Llorerìa (llorar in spagnolo significa proprio "piangere"), allo scopo di sensibilizzare e rompere un tabù sulla salute mentale. Provare ansia, sentirsi sovraccarichi, essere preoccupati, soffrire sono tutti stati d'animo che proviamo almeno una volta nella vita e dovremmo essere liberi di farne esperienza senza alcun imbarazzo. Così come non dovremmo vergognarci di chiedere aiuto quando ne abbiamo bisogno. L'idea alla base della stanza del pianto è questa. Ma secondo alcuni, l'iniziativa non ha solo aspetti positivi.

La Llorerìa è una stanza illuminata di rosa, con diversi angoli e spazi in cui è possibile sedersi e piangere. Sui muri, frasi come "va bene non sentirsi bene" o "anche io ho l'ansia" accolgono le persone e le accompagnano nel loro momento di sfogo, normalizzandolo. Puoi inoltre trovare pannelli informativi sull'importanza di parlare con uno psicologo quando si è in difficoltà. E a proposito di parlare: una fila di telefoni appesi lungo una parete ti permette di metterti in contatto con chi desideri, come tua madre, un tuo amico, il tuo fidanzato o, appunto, uno psicologo.

A Madrid, nel quartiere Malasaña, questo spazio è rimasto aperto per qualche giorno a ottobre 2021, subito dopo la pandemia che ha minato e acceso l'attenzione sulla salute mentale. A idearlo è stata la piattaforma spagnola di terapia online Therapy Chat. E se da un lato rimane un'iniziativa interessante e che può ravvivare il dibattito su un argomento così fondamentale e complicato, dall'altro lato c'è chi l'ha provata e ha notato diversi punti critici.

La rivista Hipertextual, ad esempio, ha raccontato l'esperienza di uno psicologo professionista, Pablo Rcoca  (conosciuto su Twitter come Occimorons), che ha voluto testare la Llorerìa. I problemi secondo lui riguardavano principalmente l'ottica social con la quale era stata concepita la stanza. Una persona insomma si trovava a piangere o a parlare dei propri problemi con un professionista, mentre altre attorno a lei ridevano, chiacchieravano e si scattavano selfie. I pannelli informativi, inoltre, avevano un contenuto piuttosto semplicistico, senza dati o informazioni che contestualizzassero le frasi che comparivano. Il rischio insomma era quello di banalizzare il messaggio e di non prestare un gran servizio alla salute mentale.

Questo però non significa per forza che una stanza del pianto sia un'idea da accantonare. Quante volte hai trattenuto a fatica le lacrime solo perché ti trovavi in un contesto pubblico? Ti è mai capitato di scoppiare a piangere e di vergognartene subito dopo? Iniziare a dire ad alta voce che "è ok non sentirsi ok", avere un luogo in cui sapere di essere accolti quando ti sembra di doverti nascondere dal resto del mondo, parlare di pianto apertamente è un modo per dire finalmente che non bisogna apparire sempre vincenti, performanti, al 100% delle forze. Le difficoltà esistono, le debolezze esistono. E devono essere rispettate e accolte.