Cosa c’entriamo noi in Europa con la deforestazione dell’Amazzonia?

Se in Italia la deforestazione è ai minimi storici, le foreste pluviali continuano a venire abbattute. Ma i responsabili siamo anche noi. Cosa possiamo fare per proteggere questa natura dalla distruzione?
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Rubrica a cura di Mattia Iannantuoni
23 Maggio 2024

Ottime notizie: le foreste europee si stanno espandendo! Gli spazi verdi aumentano e la deforestazione in Italia è ai minimi storici, tanto che negli ultimi 10 anni la superficie forestale sul territorio italiano è cresciuta di quasi il 20%! C’è da festeggiare. O forse no.

Mentre da noi le foreste aumentano, in altre zone del mondo enormi distese di foreste continuano a venire rase al suolo a ritmi folli. Ciò che forse non sai, è che le due cose sono strettamente collegate. Capiamo nel dettaglio perché.

L’Europa “importa” deforestazione

Devi sapere che nonostante in Europa le foreste stiano aumentando, siamo anche i secondi più grandi “importatori di deforestazione” in assoluto. Più dell’Europa solo la Cina, che però ha il doppio della popolazione rispetto a noi.

Cosa vuol dire che siamo importatori di deforestazione? Andiamo là con i bulldozer a distruggere le foreste e poi ce le portiamo qui? Beh no. O meglio, non direttamente. “Importare deforestazione” vuol dire che richiediamo beni da altre parti del mondo la cui produzione ha richiesto che venissero distrutte foreste per fare spazio a nuovi terreni in cui coltivare o estrarre le materie prime necessarie. In Brasile, per esempio, soltanto nel 2023 sono stati persi 1,14 milioni di ettari di foreste primarie, cioè foreste fino a quel momento intatte. Per capirci, un singolo ettaro equivale a 10.000 metri quadri, praticamente una superficie più grande di un campo da calcio. Ecco, ora moltiplicala per 1,14 milioni…

Perché deforestiamo?

Passo indietro: è davvero necessario per l’uomo abbattere le foreste? In realtà l’uomo lo fa praticamente da sempre, perché boschi e foreste sono sempre stati una fonte importantissima di materiali e risorse necessarie alla nostra sopravvivenza.

Considera che 10.000 anni fa le foreste ricoprivano il 57% della superficie delle terre emerse, mentre oggi ne coprono solamente il 38%. Praticamente abbiamo perso un terzo delle foreste, una superficie di circa 4 miliardi di ettari, che equivalgono a due volte l’area degli Stati Uniti.

Tuttavia, la maggior parte dei boschi sono andati persi negli ultimi cento anni. Questo perché è cambiato il ritmo. Nonostante, infatti, sia una pratica antica come la nostra società, il taglio degli alberi non è mai stato un grosso problema perché veniva fatto ad una velocità tale che i boschi avessero il tempo di rigenerarsi. Cioè tagliavamo e usavamo legna e terre abbastanza lentamente da dare il tempo alle foreste di allargarsi altrove. Il problema è che il troppo stroppia, e che l’uomo, pian piano, ha iniziato a prelevare sempre più risorse dalla natura e a prendersi sempre più spazio. Pensa che nell’Amazzonia brasiliana, solamente nell’agosto 2019 sono scoppiati 30.000 incendi. E una buona parte di questi appiccati volontariamente con un solo scopo: liberare terreni.

Perché bruciarli? Perché in questo modo il vantaggio apparente è duplice per gli agricoltori: si libera terreno che al tempo stesso viene fertilizzato dalla cenere. Anche se, in realtà, la cenere rende il terreno fertile solo per pochi anni, dopodiché perde di ricchezza. E allora si torna a bruciare altre parti di foresta, e poi altre e altre ancora. È per questo che la deforestazione sta progredendo con una velocità incredibile.

Quello che è cambiato rispetto al passato, come già detto, è sicuramente la domanda dei prodotti, adesso sempre crescente. Ma non solo. Se un tempo si trattava di una “deforestazione a km 0”, cioè abbattevamo foreste nei nostri territori, oggi, in un mondo in cui i mercati sono globalizzati possiamo deforestare indirettamente anche a chilometri e chilometri di distanza, semplicemente acquistando al supermercato prodotti che arrivano da quelle parti del pianeta. E così che noi Europei diventiamo la causa della distruzione delle foreste in Brasile a più di 8000 km di distanza  o in Indonesia a 11.000 km.

I prodotti del supermercato che causano deforestazione

Ma quali sarebbero i prodotti “responsabili” della deforestazione? Se stai guardando male la stampante in cui hai appena messo una risma di carta che non userai mai del tutto, aspetta a buttarla fuori dalla finestra. Seppure legname, carta e cellulosa siano ovvi motivi per cui si trasforma la foresta, un’enorme fetta di responsabilità è di prodotti come la soia, l’olio di palma, la carne, il caffè e il cacao. Suonano piuttosto familiari? Per forza, si trovano ovunque! Proprio per questo sono il motore di questa distruzione.

L’olio di palma, per esempio, si trova praticamente nella metà dei prodotti confezionati. È un grasso perfetto per la realizzazione di prodotti da forno: costa poco, è praticamente insapore, per cui può essere aggiunto senza alterare il gusto. Viene anche usato in molti prodotti non edibili come cosmetici, saponi e detersivi. L’olio di palma si estrae dai frutti e dai semi della palma da olio, e l’enorme domanda di quest’olio ha fatto sì che in paesi come l'Indonesia e la Papua Nuova Guinea, ettari ed ettari di foreste brulicanti di vita e diversità venissero rasi al suolo per far spazio a monocolture infinite di palme. Le palme da olio, poi, non hanno bisogno solamente di moltissimo terreno, ma anche di moltissima acqua. Perciò vanno anche ad inaridire il suolo, alterandone irrimediabilmente la consistenza. Inoltre, la palma in poco più di vent’anni diventa troppo alta e quindi raggiungere i suoi frutti per lavorarli diventa complicato. Ed ecco quindi che ci risiamo: le palme vengono abbandonate e si passa a deforestare nuovi ettari di suolo per piantarne di nuove. Se ci pensi è l’immagine stessa di qualcosa che in pochi anni diventa insostenibile per il futuro, considerando che la superficie terrestre è, ovviamente, limitata.

Come la carne distrugge la foresta Amazzonica

L’altro prodotto che ormai abbiamo tutti imparato ad associare alla deforestazione è la carne. Che però è causa di deforestazione in due maniere, una diretta e una “indiretta”.

Quella diretta consiste nel liberare lotti e lotti di foresta per fare spazio agli allevamenti del bestiame. Pensa che qui in Italia, molta carne la prendiamo proprio dagli allevamenti che sfruttano la deforestazione nelle foreste pluviali brasiliane, come l’Amazzonia o il Cerrado. Succede anche senza che ce ne accorgiamo. Prendi la famosa bresaola della Valtellina. In realtà di valtellinese ha ben poco: gran parte della carne con cui viene fatta è di zebù, un bovino allevato nei terreni sottratti alla foresta in Brasile e che dopo la macellazione viene congelato e spedito in Italia. La sua carne viene solamente lavorata in Valtellina, e tanto basta perché possa essere applicata la certificazione IGP.

Ma la carne, dicevo, causa deforestazione anche in maniera “indiretta”. Il motivo è la soia. Ecco, se ora stai guardando male anche il tuo amico vegano a fianco alla stampante, frena e chiariamo. La soia richiede tanto terreno e molta acqua. È un alimento molto molto calorico, che proprio grazie alla sua natura estremamente proteica, viene dato agli animali come mangime. Peccato, però, che gli animali per crescere consumino energia e quindi non è che se dai 100 calorie di soia a una mucca poi tiri fuori 100 calorie di carne. Anzi, da 100 calorie di soia è probabile tu ne ottenga appena 2 di carne di manzo. Quel 98% di efficienza persa è una quantità che se invece consumassimo noi direttamente, magari come parziale sostituto della carne, potrebbe contribuire a coprire il fabbisogno alimentare di molte più persone. Ed ecco che ci risiamo: per coltivare tutta questa soia che diventerà mangime per animali, vengono abbattute nuove foreste. Oggi circa l’80% delle terre impiegate a scopi agricoli finisce come mangime, nonostante fornisca solo il 17 o 18% delle calorie consumate dagli esseri umani. Dietro questo scarso rendimento, ci sono immense distese di foresta abbattuta per niente.

Perché la deforestazione è un problema di tutti?

Ora”, starai dicendo, "ma con tutto il bene che posso volere ai Brasiliani, agli Indonesiani, ai Malesi… a me, in fondo in fondo, che me ne frega delle foreste tropicali? Mica ci abito io!” Sappi che, al di là della questione etica, il fatto è che la deforestazione è un problema globale. Le foreste, specialmente quelle pluviali, sono assolutamente necessarie perché il pianeta funzioni come si deve per il benessere di tutti noi esseri viventi. Sicuramente hai già sentito dire che l’Amazzonia è il polmone verde del mondo. È una metafora per dire che gli alberi, attraverso la fotosintesi, effettivamente respirano. Solo che mentre noi catturiamo ossigeno e liberiamo anidride carbonica, loro catturano anidride carbonica. Catturando CO2 dall’atmosfera quindi, gli alberi vanno ad arginare massicciamente l’aumento delle temperature globali. Quando un albero viene abbattuto, però, la CO2 che aveva immagazzinato ritorna all’atmosfera, motivo per cui la deforestazione è doppiamente un problema.

Ma non finisce qui, perché meno foreste ci sono e più verranno sconvolti anche altri meccanismi ambientali, come quelli idrici. Infatti quando piove in questi habitat, solitamente, le piante assorbono l’acqua che poi ritorna all'atmosfera attraverso l’evaporazione. Evaporando, l’acqua forma nuove nuvole che a loro volta scaricano le piogge sulle piante, e così via. Questo fenomeno di pioggia-assorbimento-evaporazione si ripete tantissime volte equilibrando le piogge dell’intero pianeta. Deforestare, significa inceppare questo meccanismo e ne risentiamo anche qui.

E calcola infine che le foreste pluviali custodiscono una grossa percentuale dell’acqua dolce a nostra disposizione ed è casa di un immenso numero di specie di animali, piante e funghi diversi. Da queste noi tutti, ogni giorno, traiamo risorse fondamentali: i materiali che usiamo, le fibre che indossiamo, cibo! E perfino le medicine, molte delle quali sono ricavate dalle scoperte che facciamo nei luoghi ricchi di biodiversità e che sono ancora da esplorare. Quando deforestiamo, diciamo addio a possibili soluzioni per malattie oggi incurabili.

Come proteggere le foreste

E quindi come fermiamo la deforestazione? La verità è che le scelte veramente determinanti possono prenderle coloro che stanno al governo. Chi sta al potere può davvero fare la differenza. Pensa a questa cosa: negli ultimi 50 anni l’indice di deforestazione delle regioni brasiliane come l’Amazzonia ha avuto picchi in negativo e in positivo in base a chi governava il Paese. Fino ai primi anni 2000, dopo un lungo periodo di politiche scellerate, la deforestazione era arrivata a livelli davvero preoccupanti. Questa diffusa preoccupazione della comunità mondiale e nazionale ha portato però ai primi mandati del presidente Lula, sotto il quale tra il 2003 e il 2011 si è registrato un incredibile rallentamento della deforestazione. Questo grazie a misure e leggi che hanno permesso una forte campagna di protezione dell’Amazzonia. La deforestazione è poi schizzata nuovamente alle stelle sotto Bolsonaro, il quale invece ha incoraggiato l’abbattimento di foreste a favore degli allevamenti. Oggi, che Lula è tornato presidente ha ribaltato le politiche del predecessore, rafforzando nuovamente le misure contro le pratiche di deforestazione illegale e promuovendo la protezione delle comunità indigene che abitano questi habitat. Il risultato? Il 2023 ha visto un rallentamento del 36% della perdita di foreste. Rimane a livelli troppo alti, come visto in apertura (ricordi? 1,14 milioni di ettari), ma al contempo è una notizia incoraggiante che ci mostra come la politica sia il motore più importante per proteggere gli ecosistemi.

E non solo nei Paesi in cui ci sono le foreste. Anche qui da noi è la politica che fa la differenza. In Europa, nell’ambito del Green Deal, nell’estate 2023 è entrato in vigore un regolamentoche richiede alle aziende che importano i prodotti di dimostrare che questi non derivino da terreni rubati alla foresta. E questo aiuterà noi, nel nostro piccolo, al supermercato, ad acquistare senza contribuire alla deforestazione.

Coltivare le soluzioni alla deforestazione

Insomma, questa parentesi finale è per farti capire che arrestare la deforestazione è possibile, e scegliere chi sta al governo è l’azione più concreta ed efficace che possiamo attuare per farlo.La situazione delle foreste globali resta critica. Non mancano, però, i segnali positivi anche se abbiamo bisogno di amplificarli. Per fortuna gli strumenti esistono. E ne esistono anche di innovativi, come per esempio rendere la protezione della foresta un’alternativa economicamente più vantaggiosa di quanto succede oggi per le comunità locali.

Adesso serve solamente più coscienza collettiva e far sapere davvero a tutti che ognuno di noi, attraverso piccoli gesti, come una spesa consapevole, e attraverso grandi gesti, come votare chi è serio sulle grandi questioni ambientali, possiamo fare la differenza.

FONTI | CREA; Global Forest Watch; Our World In Data; Global Environmental Change; WWF

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