Vivremo tutti nelle città spugna? Il modello urbanistico a prova di alluvioni ora anche in Italia

La soluzione per rendere gli spazi urbani a prova di alluvione arriva dalla Cina e si chiama “città spugna”. Sarà la nostra arma contro eventi climatici sempre più estremi?
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Rubrica a cura di Mattia Iannantuoni
19 Aprile 2024

Metti un mattone sul tuo tavolo in cucina e versaci sopra un po’ d’acqua. Probabilmente, avrai fatto un disastro. Ora togli il mattone e metti una spugna. Versaci sopra l’acqua. Risultato? Tavolo asciutto, cucina in ordine!

Questo banalissimo esperimento ti mostra l’idea stessa alla base delle “città spugna”, un modello urbanistico che nasce in Cina ma che ci aiuterà a proteggere i nostri centri abitativi dalle alluvioni.

Bovisio Masciago, una città spugna Italiana

Ma come facciamo a trasformare una città in una spugna? Per capirlo, incredibile ma vero, basta spostarsi a Bovisio Masciago, una cittadina brianzola a pochi chilometri da Milano. Lungo la carreggiata di alcune sue vie si notano delle aiuole di ghiaia e cespugli fioriti. Sono “trincee drenanti” e hanno il compito di assorbire l’acqua. Ti chiederai: ma i tombini non andavano bene?

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Trincee drenanti a Bovisio Masciago

Le trincee di Bovisio fanno parte delle cosiddette Nature-based solution (NBS) che è un modo milanese per indicare una roba palesemente scopiazzata dalla natura… e che proprio per questo funziona! Il loro principio di funzionamento si basa infatti sul replicare quello che fa naturalmente l’ambiente intorno a noi, tipo assorbire e riciclare l’acqua delle precipitazioni all’interno di un habitat. È diverso dal classico canale di scolo, che invece si limita a far scorrere l’acqua da un’altra parte. Quando parliamo di modi per gestire la pioggia in città, esistono diverse tipologie di NBS che possono essere applicate singolarmente o combinate insieme, a seconda del contesto in cui verranno impiegate.

Nature-based Solutions: la tecnologia dalla natura

Ti faccio degli esempi. Questa qui sotto è una “pavimentazione inerbita” e può essere utilizzata nei parcheggi. Ha questa struttura a griglia con l’erba che cresce nel mezzo, che quindi permette agli pneumatici di appoggiarsi su una superficie solida e allo stesso tempo all’acqua di essere assorbita nel terreno.

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Pavimentazione inerbita

La seguente immagine ti mostra invece un giardino di pioggia, uno stagnetto costruito all’interno di una piccola depressione in modo che l’acqua possa scivolare all’interno ed essere assorbita con più calma dal terreno. Ma ci sono anche i box alberati o le trincee drenanti di Bovisio Masciago.

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Giardino di pioggia. Credit: EPA

La loro funzione non si esaurisce in superficie come elementi di decoro urbano: dopo essere stata raccolta e assorbita, l’acqua scende giù attraverso gli strati di ghiaia che la filtrano e la ripuliscono dagli agenti inquinanti. Fatto ciò viene restituita al terreno circostante, che può quindi mantenersi umido e in salute.

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NBS: come funzionano le città spugna. Credit: Gruppo CAP

A seconda dello spazio che si ha a disposizione e della conformazione del terreno si può scegliere di applicare questa o quella soluzione. Prese tutte insieme, invece, fanno parte del più grande progetto delle città spugna, che in Cina hanno raggiunto già un buon livello di sviluppo.

Come nasce il modello delle “città spugna”?

Ma perché assorbire l’acqua in città è così importante? Facciamo la conoscenza di Kongjian Yu, famoso architetto paesaggista cinese. È lui la mente dietro l’idea delle città spugna. Come gli è venuta? Un fiume in piena lo ha bullizzato da piccolo? Beh… sì. Quando aveva dieci anni è caduto nel fiume vicino al suo villaggio in Cina, diventato più largo e profondo in seguito a un’alluvione. Sarebbe morto annegato se non fosse stato per le radici dei salici che in quella parte di Cina rurale crescevano indisturbate, alle quali si è potuto aggrappare per tirarsi fuori dal fiume. Se ci fosse caduto ai giorni nostri, racconta, sarebbe morto a causa delle pareti di cemento che ora si trovano lungo il fiume. Ecco, da quell’episodio ha avuto l’illuminazione che lo ha spinto a voler diventare un urbanista: il modo migliore per controllare la forza dell’acqua è la natura stessa, vale a dire integrando nelle nostre città aree verdi capaci di rallentare e assorbire l’acqua nel terreno. Non ci può essere acqua senza alberi, dice, “non ci può essere azzurro senza verde”. Un romanticone.

Il problema è che a partire dagli anni 80 le città cinesi avevano seguito un modello di urbanizzazione molto simile a quello delle città occidentali, con alti grattacieli e tanto, tanto cemento. Questo modello di città, in cui viviamo ancora oggi, prevede di affrontare il problema dell’acqua da un semplice punto di vista idraulico. Che vuol dire? Vuol dire che la soluzione è buttare giù altro cemento e metallo per costruire tombini e canali di scolo in modo tale da far scorrere via l’acqua dalle strade. Non proprio una soluzione geniale, dato che l’acqua non può sparire nel nulla.

La difficile gestione dell'acqua in città

È ormai comprovato che questo vecchio sistema di drenaggio dell'acqua rappresenta diverse problematiche: in primo luogo, dove i sistemi di scolo non sono abbastanza efficienti, ci possono essere allagamenti anche in caso di piogge modeste. Immagina la base di cemento su cui poggiano le città come una vasca da bagno con il tappo chiuso. Cosa pensi che succederà quando lasci il rubinetto aperto?

In secondo luogo, se le acque piovane superano la capacità dei tombini e delle fognature, possono causare allagamenti in superficie per un semplice gioco di pressione. Se invece fanno il loro lavoro, possono comunque rappresentare un problema per i fiumi in cui vengono sversate le acque, causando esondazioni anche a chilometri e chilometri di distanza.

Un’altra cosa da tenere in considerazione è la velocità dell’acqua. Un canale di cemento funziona come uno scivolo di un’acquapark, che aumenta la velocità del flusso e, di conseguenza, la potenza distruttiva ed erosiva dell’acqua. Che unita alla mala gestione delle infrastrutture può portare a danni molto gravi. Anche l’inquinamento è collegato: le acque di scolo raccolgono gli agenti inquinanti che si depositano sull’asfalto durante i periodi di secca e li riversano così come sono nei fiumi e nei bacini idrici.

Come se non bastasse, tutti questi problemi si inseriscono all’interno di un problema ancora più grande: le alluvioni sono e saranno sempre di più. C’è un legame diretto infatti tra i cambiamenti climatici e gli allagamenti sempre più frequenti che colpiscono le nostre città, il che rende il problema di come gestire l’acqua una questione estremamente urgente.

Cosa fare quindi? Per Kongjian Yu la soluzione è molto semplice: basta guardare alla natura. Da qui la sua teoria che è praticamente all’opposto di quella utilizzata finora. Invece di far defluire l’acqua, propone di trattenerla; invece di farla correre, propone di rallentarla; invece di adattare la natura alle città, propone di adattare le città alla natura.

Le città spugna in Cina

Già nel 1997 iniziò quindi a parlare del concetto di città spugna in alcune pubblicazioni scientifiche. Un anno dopo, nel 1998, creò il suo studio di architettura e nel 2000 ebbe l'opportunità di costruire un piccolo prototipo in un parco di Pechino. Le sue idee divennero piano piano molto famose in Cina, ma è solo dal 2012 che il governo decise di prenderlo sul serio, quando una grande alluvione nell’area di Pechino causò la morte di ben 79 persone. Era giunta l’ora di ripensare le città. In un solenne discorso il presidente cinese Xi Jinping disse: «Costruiamo delle città spugna con capacità naturali di ritenzione, penetrazione e purificazione dell’acqua».

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Progetto di una città spugna in Cina. Credit: Turenscape

I mesi successivi furono caratterizzati da febbrili lavori di progettazione, per trovare un modo di far convivere queste idee con la rapida urbanizzazione che stava vivendo la Cina. Venne quindi stilata una lista di 16 città, le prime 16 città spugna per l’appunto, tra cui anche alcune delle metropoli più grandi. Ricordi Wuhan? Fino a poco prima dell’esplosione della pandemia, che ha inevitabilmente rallentato il processo di trasformazione, Wuhan era una delle città più avanzate da questo punto di vista, con ben 228 progetti che hanno riguardato spazi pubblici, aree residenziali e scuole; parliamo di un’area di oltre 38,5 chilometri quadrati adattata a città spugna, per un costo di 1,5 miliardi di euro.

Come si fa una città spugna?

Il ruolo più importante all’interno di una città spugna lo giocano sicuramente i parchi, vaste aree in cui la natura può crescere più rigogliosa. I parchi infatti non hanno solo la funzione di spazio ricreativo e rigenerativo, ma aiutano anche a contenere le temperature in città, ripulire l’aria e, appunto, ad assorbire l’acqua. Alcune di queste aree sono a tutti gli effetti delle zone umide, delle specie di paludi, che hanno quindi la capacità di trattenere l’acqua in quantità molto più elevate e che sono l’habitat naturale per tanti animali e piante locali. Perché anche preservare la biodiversità porta dei benefici nel nostro ecosistema. Pensa solo al lavoro degli insetti impollinatori e a quanto ci serva per produrre il nostro cibo.

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Un esempio di città spugna di Kongjian Yu. Credit: Turenscape

Dove non si ha lo spazio per costruire un parco possono venire in aiuto le altre soluzioni che ti ho mostrato all’inizio. L’importante è che la loro concentrazione sia la più alta possibile, in modo che l’acqua possa trovare con facilità un punto dove penetrare nel terreno. Questo è fondamentale non solo per contrastare il rischio di allagamenti in superficie, ma anche per creare una riserva di acqua a cui la città può attingere in qualsiasi momento. Non ti ho ancora detto infatti che a completare il quadro ci sono anche dei bacini di detenzione, che vanno dalla dimensione di un piccolo stagno fino a quella di un vero e proprio lago. Sono aree progettate per svuotarsi e riempirsi a seconda del volume di acqua presente in un determinato periodo. L’acqua immagazzinata può essere poi riutilizzata per le opere pubbliche, in un circolo virtuoso che punta a non sprecare neanche una goccia. In un’epoca contraddistinta da fenomeni di siccità sempre più frequenti capisci che anche questo processo è importantissimo. Ecco, quella della città spugna può essere a tutti gli effetti una soluzione a quei problemi.

Città spugna nel mondo e in Italia

Sulla base dell’esperienza cinese numerose altre città in giro per il mondo hanno cominciato ad adottare soluzioni simili. Esiste proprio una classifica che mette in ordine alcune metropoli globali sulla base della loro “spugnosità”. Che vuol dire? Significa che più interventi fai, più parchi, giardini, alberi e aiuole costruisci, più aumenta la capacità della tua città di assorbire l’acqua. Ad esempio Auckland, in Nuova Zelanda, ha una percentuale di “spugnosità” del 35%, e guida questa speciale classifica. Segue Nairobi, la capitale del Kenya, con il 34%.

In Italia siamo ancora in una fase sperimentale. Il sistema di drenaggio urbano di Bovisio Masciago è infatti ad oggi il più lungo che abbiamo nel nostro paese, ma è pur sempre il primo tassello di un progetto più grande ancora in fase di lavorazione. Solo nella periferia di Milano sono stati individuati 90 interventi che riguarderanno 32 Comuni.

Quali soluzioni alle alluvioni e alle tempeste?

È importante però sottolineare una cosa: le città spugna ci aiuteranno a contenere ma non eliminare le conseguenze dei cambiamenti climatici. Ne è una prova il fatto che la Cina non ha smesso di punto in bianco di subire i danni delle alluvioni. Ciò ha dato spazio a un dibattito sulla loro reale utilità, al fronte dei grandi investimenti che servono per realizzarle. Però, come ti dicevo, bisogna considerare che esistono diversi gradi di spugnosità di una città, a seconda delle quantità di interventi e della loro capillarità. Sarai d’accordo con me che non basta costruire un parchetto per rendere spugnosa una città da un milione di abitanti. E aggiungo pure che non basta costruire una città spugna, per quanto fatta bene, nel mezzo di chilometri e chilometri quadrati di terreno impermeabilizzato. Serve una spugna bella grossa per salvaguardare una regione intera.

Ripensare le nostre città è un passaggio necessario, dal momento che è lì che vive la maggior parte delle persone. Ma di pari passo bisogna promuovere politiche di protezione delle aree verdi non urbane. Parlo delle foreste e delle aree umide che sono fondamentali per l’equilibrio climatico del nostro pianeta, in una prospettiva che è molto ma molto più grande di quella di una singola città.

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Creatore di contenuti come conseguenza, appassionato di racconti come causa. Approdo al mondo delle storie su clima e sostenibilità dopo un altro…