Perché consumiamo così tanto suolo?

In Italia nasciamo sempre meno, ma continuiamo a costruire case, edifici industriali, parcheggi e infrastrutture. Ma cosa succede al suolo quando lo copriamo con il cemento?
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Rubrica a cura di Mattia Iannantuoni
1 Marzo 2024

Guarda le macchie rosse su questa mappa dell’Italia: noti qualcosa?

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Il consumo di suolo in Italia nel 2022 – rendering ESR, dati ISPRA

La loro concentrazione aumenta in corrispondenza delle nostre grandi città. Di che si tratta? Di cemento. Bello fresco anche. Quello che vedi infatti è il suolo che abbiamo consumato negli ultimi 15 anni. Chilometri e chilometri quadrati di natura che sono stati coperti per costruire case, parcheggi e attività commerciali.

Ma scusa un momento: perché abbiamo bisogno di sfruttare sempre più terra se ogni anno siamo sempre di meno? Si parla tanto di denatalità, del fatto che presto noi italiani saremo la metà, eppure il consumo di suolo aumenta sempre di più. Per essere precisi, aumenta di 2,4 metri quadrati al secondo, che è come dire che ad ogni nuovo nato in Italia vengono dati in regalo 195 metri quadri di cemento nuovo di zecca. Tipo: "Tieni, giocaci sopra e prova a non sbucciarti le ginocchia."

Da cosa dipende questo consumo di suolo? E perché non possiamo semplicemente sfruttare meglio quello già occupato?

Perché costruiamo così tanto?

Uno può pensare che lo facciamo per avere case più moderne, prima che le vecchie ci crollino sulla testa, o più efficienti dal punto di vista energetico. Ma in realtà noi consumiamo il suolo anche per costruire edifici per le attività industriali e commerciali, infrastrutture come strade e parcheggi o, semplicemente, per avere nuova terra da coltivare. Questa mappa qui è un po’ diversa da quella di prima e fa proprio questa distinzione: in rosso è indicato il suolo che abbiamo consumato dal 1960 al 2018 per allargare le città e costruire nuove attività industriali (in una sola parola: urbanizzazione), mentre in giallo è indicato il suolo che abbiamo destinato alle attività agricole.

Come vedi le aree maggiormente interessate dall’urbanizzazione sono quelle intorno alle grandi città. Ti sarà capitato di imbatterti in piazzette tipo quelle dei paesini in alcuni quartieri periferici di Roma o Milano. Questo perché un tempo quei quartieri erano effettivamente un paese, che con il tempo è stato inglobato nell’area metropolitana. Un tempo qui era tutta campagna… No, sul serio.

Ma se l’urbanizzazione degli anni 60 era collegata al grande boom economico, a una fase cioè di effettiva crescita demografica degli italiani, oggi la situazione è un po’ diversa. Da 15 anni a questa parte gli italiani sono ogni anno di meno, mentre il consumo di suolo continua ad andare nella direzione opposta, più testardo che mai. Il report dell’ISPRA sul consumo di suolo uscito nel 2023 ci dice che in questo stesso lasso di tempo abbiamo consumato una quantità di terreno pari a 30 campi da calcio al giorno. Più o meno la stessa distanza che percorrevano Holly e Benji da una porta all’altra.

Le aree più colpite sono quelle della Pianura Padana, in particolar modo in Lombardia, in Veneto e lungo la direttrice della via Emilia. Ma anche le province di Roma e Napoli non se la passano affatto bene. Questa mappa sul consumo di suolo diventa ancora più facile da comprendere alla luce di un dato dell’ISTAT: oltre 21,3 milioni di italiani, più di un terzo del totale, vivono in appena 14 aree metropolitane.

L’urbanizzazione continua dunque ancora oggi a giocare un ruolo di primo piano: se infatti andiamo a vedere dove avviene il maggiore consumo di suolo, scopriamo che è proprio a ridosso di questi grandi centri urbani, parliamo di un raggio di 1-2 km. E, come ti dicevo, consumare suolo non significa solamente costruire delle case: edifici e fabbricati costituiscono il 16% circa del totale; il 9% è dato invece dalla costruzione di infrastrutture (come strade, ferrovie, porti etc), mentre l’8% per altre cose brutte da vedere tipo i parcheggi. Insieme fanno parte di questo 35% di “suolo consumato permanente”, che è un modo carino per chiamare una bella colata di cemento sul terreno che difficilmente andrà via.

Quando parliamo di suolo dobbiamo infatti fare un’importante distinzione tra consumo permanente e reversibile. Un cantiere, che occupa un terreno solo temporaneamente, è un esempio di consumo reversibile. Un altro esempio è un’area coperta dai pannelli solari: basta smontarli. Al contrario una strada di cemento è un esempio di consumo permanente. Ma perché? Non posso levare anche quello?

Coprire il suolo significa soffocarlo

Li vedi questi due pezzi di terra?

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Differenza tra un suolo sfruttato e disturbato dall’attività umana e suolo vivo e multifunzionale.

Il colore diverso, più scuro e umido, e la presenza di organismi viventi come germogli o lombrichi sono un indicatore del suo stato di salute. Perché il terreno è vivo e respira. E cucina e mangia. Proprio come noi trae benefici dagli agenti esterni come l’aria, l’acqua o i raggi solari e si nutre dalla materia organica che lo abita. Metterci uno strato di cemento sopra equivale quindi letteralmente a soffocarlo. In inglese si parla di soil sealing, che potremmo tradurre con “sigillare il suolo”. Perché effettivamente è questo che succede: gli mettiamo una lapide di cemento sopra e gli facciamo un funerale.

Gli scienziati misurano lo stato di salute di un suolo in base alla sua multi-funzionalità. Che vuol dire? Significa che un suolo che sta bene è un suolo che sa fare tante cose: assorbe carbonio, contribuendo a equilibrare i livelli di gas serra nella nostra atmosfera; assorbe l’acqua, partecipando al ciclo idrogeologico che studiavamo da bambini e che serve a fornirci l’acqua potabile; ospita specie viventi imprescindibili per il funzionamento degli ecosistemi. Ne ospita un bel po’ a dire il vero: non tutti sanno che nel suolo vivono circa i due terzi di tutte le forme di vita del pianeta. E non devi scavare molto per trovarle. La maggior parte si trova infatti nei primi 20 centimetri di profondità, per cui intaccare questo sottile strato superficiale significa compromettere la vita sul pianeta così come la conosciamo.

Sulla nostra dipendenza dal suolo ci starebbe bene un contenuto a parte, perché ti assicuro che sono incredibili le cose che diamo per scontate. Oggi invece voglio concentrarmi sul cemento, ovvero su quello che succede in città.

L’importanza del suolo in città

Abbiamo sempre pensato che una zolla di terreno scoperta fosse una zolla “sprecata”. Beh non è proprio così. Ci sono diversi motivi per cui anche in città è fondamentale averne. Il primo ha a che fare con l’acqua: ti ho detto come un terreno sano ha la capacità di assorbire l’acqua che viene giù con le precipitazioni. Ma via via che il suo stato di salute peggiora, vale a dire che si secca, perde questa capacità. Fino al caso estremo di un terreno coperto dal cemento: lì non esiste alcuna forma di assorbimento, l’acqua scivola sopra fino a che non trova uno sfogo da qualche parte. Se esiste. È per questo motivo che il terreno secco e il terreno impermeabilizzato portano alle alluvioni. L’acqua viene giù, in quantità eccezionali nel caso degli eventi estremi, e il terreno non è in grado di assorbirla. Risultato? Le nostre città si ritrovano sott’acqua.

Avere un pezzo di terreno ogni tot pezzi di cemento è quindi fondamentale per evitare quei disastri che ormai, complice anche il riscaldamento climatico, viviamo sempre più spesso. Prendi Roma e Milano: solo nel 2023 sono state colpite rispettivamente da 25 e 17 eventi estremi legati al clima, con gravi conseguenze per la popolazione.

L’altro problema legato al cemento è quello del caldo. Abbiamo tutti presente l’immagine che mette a confronto la temperatura registrata sull’asfalto e quella all’ombra di un albero. Questo succede perché il cemento immagazzina e rilascia il calore che arriva dai raggi solari, portando la temperatura ad aumentare. È il fenomeno delle isole di calore, per cui le nostre città sono più calde, con valori in estate abitualmente sopra i 40 gradi centigradi.

Perché tanto cemento?

Alluvioni e caldo estremo sono dunque due aspetti del soil sealing, della cementificazione, che possiamo toccare con mano. Allora perché ci ostiniamo a costruire? Alla base, come puoi immaginare, ci sono interessi economici, dettati da quella che è la richiesta che noi italiani facciamo in termini di nuove case, servizi e risorse di cui abbiamo necessità. Si chiama “dispersione urbana” quel fenomeno per cui ci sembra di costruire senza un’idea precisa o un piano urbanistico come si deve, che sfocia di conseguenza nell’uso di aree sempre più ampie. Il motivo è legato ai trend sull’urbanizzazione di cui parlavamo, che spinge il mercato immobiliare a investire in nuove costruzioni nel primo spazio vuoto. Seguono a ruota le attività commerciali, che ovviamente andranno dove c’è più gente da soddisfare.

Ma sono anche le nostre scelte come consumatori che impattano sul consumo di suolo. Pensa alla logistica e alla grande distribuzione organizzata, che nell’ultimo anno ha toccato il suo picco massimo dal 2006 in termini di consumo di suolo, con più di 5 km quadrati sul totale dei 76. Far viaggiare un prodotto ha un costo, anche in termini di suolo. Anche le scelte alimentari incidono, a seconda dello spazio di cui hanno bisogno per essere coltivate o allevate. Non dimentichiamoci che di tutta la terra abitabile del pianeta, il 46%, praticamente la metà, la sfruttiamo per la produzione di cibo. E di questa fetta il 77% per la produzione della carne.

Fermare il consumo di suolo urbano

Cosa fare dunque? Sicuramente la parte di intervento più grande va chiesto alle istituzioni. E su questo non ci piove… anche perché se no poi si alluviona tutto. Mancano soprattutto delle leggi a livello nazionale, che aiutino le amministrazioni locali a contenere le trasformazioni del territorio. Molto spesso infatti è la definizione di consumo di suolo, poco chiara rispetto a quella europea o internazionale, che permette la concessione di deroghe o eccezioni per gli interventi edilizi. Il resto è un circolo vizioso: i comuni sono costretti a concedere l’utilizzo di nuovo suolo per avere introiti, introiti che poi vengono utilizzati non solo per il miglioramento delle opere pubbliche già esistenti, ma anche per i servizi e la manutenzione direttamente collegati all’espansione dell’edificato.

Ma se la richiesta di abitazioni in città non diminuisce, si potrebbe tradurre in uno sviluppo verticale piuttosto che orizzontale. Pensa che quella della “città verticale” non è un’idea nuova: edifici alti 6 piani esistevano anche a Cartagine più di 2000 anni fa, e molte delle metropoli presenti nel mondo hanno ripreso questa architettura. E grazie alle tecnologie di oggi sta diventando una realtà sempre più diffusa e attuabile. Questo tipo di costruzione ci aiuterebbe non solo riducendo il consumo di suolo per nuove abitazioni, ma anche riducendo le distanze di spostamento e la nostra dipendenza dalle strade.

E per affrontare alluvioni e caldo? Beh per quelli la soluzione sono gli spazi verdi in città. Forse avrai sentito parlare delle “città spugna”, ovvero delle città progettate con spazi e soluzioni architettoniche che permettono all’acqua di penetrare facilmente nel suolo, di finire nella falda acquifera o di essere raccolta in un secondo momento in serbatoi artificiali. Un approccio un po’ diverso da quello a cui siamo stati abituati finora, che prevedeva semplicemente di far scorrere l’acqua e raccoglierla nei tombini. Sempre più città in giro per il mondo lo stanno adottando, ma non pensare solo a Tokyo o Seoul. C’è un esempio virtuoso anche nel cuore della Brianza: è il comune di Bovisio Masciago, dove, ad aprile 2023, è stato inaugurato uno dei sistemi di drenaggio urbano sostenibile più lunghi e importanti d’Italia.

Senza dimenticarci che piantare alberi nei quartieri secondo schemi ben pensati – non giusto un alberello qua e là – aiuterebbe a bilanciare la temperatura percepita in città. È la funzione naturale delle piante, che assorbono la CO2 e garantiscono una temperatura mite, al contrario dell’effetto riflettente dell’asfalto.

Consumo di suolo: un problema quotidiano

Insomma, quello del consumo di suolo è un problema strettamente connesso allo sviluppo delle città, ne è una prova la mappa che ti ho mostrato all’inizio. Un problema dunque che viviamo da vicino, e che ha ripercussioni dirette sulla qualità e il costo della nostra vita. Ma che ha anche diverse soluzioni a portata di mano. Spero con questo racconto di averti fornito un quadro abbastanza completo sul consumo di suolo in Italia, aiutandoti a capire meglio i meccanismi che ci sono dietro. Se ti va condividilo, o scrivimi in un commento un aspetto che ti piacerebbe approfondire, come quello delle città verticali o delle città spugna.

Fonte| SNPA; ISPRA; EEA; Osservatorio Città Clima; PNAS

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Creatore di contenuti come conseguenza, appassionato di racconti come causa. Approdo al mondo delle storie su clima e sostenibilità dopo un altro…