Ormai da un mese la Sicilia ha dichiarato lo stato di calamità naturale su tutto il territorio e lo stato di emergenza per l'acqua potabile in sei province: Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina, Palermo e Trapani. Perché? Cosa sta succedendo? Puoi accorgertene tu stesso da queste immagini.
Questo è il lago Fanaco – si trova appunto in Sicilia. Guarda la differenza tra febbraio 2023 e febbraio 2024. Le foto sono state scattate a distanza di un anno da Copernicus, il programma europeo di osservazione della Terra dallo spazio. L’acqua praticamente non c’è più!
In questa nuova puntata di RetroScena proviamo a fare chiarezza sul perché in Italia c’è la siccità.
Indagando sul perché della siccità, si scoprono diversi aspetti di questo fenomeno. Alcuni perfino assurdi. E il primo ti sembrerà anche un controsenso: l'Italia è uno dei paesi europei dove piove di più ed è il terzo paese UE dopo Francia e Svezia per risorse idriche. Quindi qual è il problema? Se abbiamo tutta questa acqua a disposizione, perché si parla tanto di siccità, al punto da arrivare a dichiarare lo stato di calamità naturale e a parlare di razionamento delle risorse idriche?
I motivi principali sono due. Uno, il più complesso, è il cambiamento climatico che nel bacino mediterraneo è una realtà con cui dobbiamo fare i conti. Infatti, nonostante l’Italia sia ricca d’acqua, va anche detto che quest’anno le piogge sono state inferiori alla media, così come le nevicate sulle Alpi e sugli Appennini. Gran parte dell’acqua che alimenta i fiumi in Italia infatti, proviene proprio dall’acqua stoccata nella neve. Quindi se nevica meno, di conseguenza ci sarà meno acqua nei fiumi. Ed è proprio quello che sta succedendo. Pensa che allo stato attuale manca il 64% dell’acqua stoccata nella neve, e l’inverno ormai sta per finire.
L’altro motivo, fondamentale, è la mala gestione delle infrastrutture idriche, nonché l’assenza pressoché totale di manutenzione.
In Italia, infatti, più del 40% dell’acqua che viene prelevata ce la perdiamo per strada! O meglio… sotto la strada.
Ciò avviene a causa di infrastrutture vecchie e tubature logore che permettono solamente al 60% dell’acqua prelevata di giungere a destinazione. Il resto si perde durante il lungo viaggio attraverso la rete idrica, lunga ben 600.000 km. Parliamo di 3,4 miliardi di metri cubi d’acqua potabile dispersi.
Tra l’altro, osservando i dati Istat, possiamo notare come la situazione, anziché migliorare, stia peggiorando anno dopo anno. Tra il 1999 e il 2020, la percentuale di acqua persa è cresciuta di quasi il 10%! Questo perché l’assenza di manutenzione porta a delle vere e proprie perdite fisiche nelle tubature, e più passano gli anni e più, ovviamente, le tubature si indeboliscono, aumentando ulteriormente le perdite.
E il 60% dell’acqua rimanente poi? Che fine fa? Del circa 60% che arriva a destinazione la maggior parte viene impiegata nel settore agricolo, circa il 41%. Parliamo di una quantità d’acqua davvero enorme, dovuta soprattutto a tecniche di irrigazione che potrebbero essere migliorate, perché richiedono moltissima acqua e la usano in modo poco preciso. Anche per questo in Europa siamo secondi, dopo la Spagna, per prelievi d’acqua per fini agricoli.
Ma non finisce qui. Siamo anche quelli che prelevano più acqua per fini industriali, ben il 20%. A che cosa serve alle industrie l’acqua? Moltissime operazioni la richiedono, ad esempio è un ottimo mezzo di raffreddamento durante i vari processi industriali. Un altro 15% poi viene utilizzato per la produzione di energia elettrica.
E infine la restante acqua è quella che giunge a noi per uso civile.
È quella che usiamo per bere, lavarci, pulire e così via. E anche in questo caso, il primato dei consumi indovina a chi va? Esatto, proprio a noi italiani, con ben 220 litri al giorno di media per abitante.
Il fatto che i cittadini utilizzino così tanta acqua potrebbe trarre in inganno e farci pensare che “se possiamo permetterci di usarne così tanta, vuol dire che ce n'è in abbondanza”. In realtà la situazione è molto più critica di quanto sembri, specialmente sulle Isole, e ce lo dicono i dati.
Sia in Sicilia che in Sardegna, infatti, gli invasi idrici, ovvero quei bacini che usiamo come riserve d’acqua, in molte zone non hanno superato la metà della loro capacità di riempimento. Il dato è estremamente preoccupante, soprattutto perché mancano poco più di 3 mesi all’inizio dell’estate. Come dicevamo in apertura, in Sicilia il nove febbraio 2024 è stato dichiarato lo stato di emergenza. Ma che vuol dire? Lo stato di emergenza è una situazione eccezionale che può essere attivata solamente quando si verificano eventi davvero straordinari come terremoti, incendi, alluvioni o crisi sanitarie. In questi casi bisogna agire con urgenza e per questo vengono conferiti alle amministrazioni poteri straordinari per proteggere i cittadini. Insomma, non una cosa da poco, e questo ci fa capire che la situazione nelle isole è davvero grave.
Il problema però, non è esclusivamente italiano. Anche in Spagna, in Catalogna, la situazione è talmente critica che si è giunti al punto di dover razionare l’acqua. Pensa che agli abitanti di più di 200 comuni è stato imposto un tetto massimo di litri giornalieri da poter consumare. E così in Sicilia a inizio gennaio Siciliacque si è vista costretta a ridurre del 10-15% la portata dell’acqua destinata a ben 39 comuni.
Ma da dove proviene l’acqua che usiamo normalmente, e come mai non ce n’è più?
La maggior parte dell’acqua che usiamo qui in italia proviene dal sottosuolo, ben l’85%. Nello specifico parliamo di quasi il 50% proveniente dalle falde acquifere e il 35% dalle sorgenti. In superficie, invece, viene prelevata molta meno acqua: il 9,6% da bacini artificiali e il 5% da corsi d’acqua.
Il problema è che a causa del cambiamento climatico le temperature sono aumentate mandando in tilt il ciclo dell’acqua. Infatti, più aumentano le temperature e più l’acqua evapora dal suolo. Ma non solo, all’aumentare delle temperature cresce anche la capacità dell’aria di trattenere il vapore acqueo. Perciò passa più tempo prima che piova. E dopo la pioggia, gran parte dell’acqua, non ha il tempo di venire assorbita dal suolo che già rievapora. Di conseguenza le falde acquifere non hanno il tempo di riempirsi e, come abbiamo detto, noi prendiamo quasi il 50% dell’acqua proprio da lì, quindi è un bel problema.
Gli sconvolgimenti nei pattern atmosferici dovuti al riscaldamento globale, causano lunghi periodi di siccità intervallati da nubifragi e precipitazioni violente. E la cosa più preoccupante è che tutto ciò potrebbe diventare una nuova normalità per il Mediterraneo. Negli ultimi anni gli eventi climatici straordinari e le piogge intense sono aumentate sempre di più. Starai pensando “Ma scusa, se aumentano le piogge intense non è meglio? Più acqua uguale meno siccità, no?” Purtroppo non è proprio così. Lo so, sembra un controsenso ma paradossalmente, eventi come piogge intense o grandinate, vanno a peggiorare la situazione.
Quando cade troppa pioggia e tutta insieme, l’energia battente delle gocce va a rompere gli aggregati del suolo muovendo l’argilla verso il basso e lasciando più in superficie uno strato fangoso composto da limo e sabbia. Questo strato che si forma è poco permeabile e rende l’assorbimento delle acque difficoltoso. Il problema è che se l’acqua non viene assorbita e filtrata dal terreno, non si andranno a ricaricare le falde acquifere, che sarebbero proprio quei bacini idrici naturali del sottosuolo da cui prendiamo gran parte dell’acqua dolce. Inoltre, ad impermeabilizzare il terreno ci pensa anche la cementificazione del suolo, dovuta alla costante espansione delle aree urbane. Comunque, è così che quando ci sono le alluvioni, l’acqua inizia a scorrere sul terreno, portandosi dietro, in alcuni casi, anche agenti contaminanti che possono andare a finire nelle falde acquifere o nei terreni vicini, avvelenandoli.
Quindi, riassumendo, il problema non è solo il fatto che piove di meno, ma anche che piove moltissima acqua ma in pochi momenti dell’anno. Per di più, i lunghi periodi senza piogge che spesso seguono all’alluvione vanno a inaridire ulteriormente il terreno. Ti ricordi quello strato fangoso che si forma quando piove tanto? Come detto questo, asciugandosi, si va a indurire formando una vera e propria crosta impermeabile su cui l’acqua scivola. Proprio come se versassimo un bicchiere d’acqua sopra un ombrello. Inoltre non è così facile capire quando un periodo di siccità è effettivamente terminato. Non basta mica una singola pioggia, ma ci vorranno anche mesi per osservare se i livelli delle precipitazioni sono tornate alla normalità.
Ma cosa significa vivere in Italia in uno scenario sempre più siccitoso?
Ogni scenario di studio dei prossimi decenni ci dice che è molto probabile che in futuro le ondate di calore saranno sempre più frequenti con un'ulteriore diminuzione delle precipitazioni. Di conseguenza si perderanno molte specie vegetali e, soprattutto nel meridione, si andrà incontro al rischio di desertificazione. Infatti, senza acqua il suolo si inaridirà e di conseguenza le colture non cresceranno. Verrà quindi a mancare il cibo, e non solo per noi, ma anche per le specie animali che abitano quelle zone. Molti organismi non potranno adattarsi alle condizioni di siccità e moriranno o migreranno altrove. Si avrà quindi una inevitabile perdita di biodiversità del territorio.
E quindi cosa possiamo fare per contrastare tutto questo? Innanzitutto bisognerebbe iniziare un lavoro enorme di gestione e manutenzione delle infrastrutture, così da evitare più perdite d’acqua possibile.
Poi sicuramente bisognerebbe agire sull’agricoltura che, come già detto, è il settore che in Italia richiede più acqua. Dobbiamo introdurre metodi di irrigazione più efficienti, e colture che richiedono meno acqua.
Insomma si dovrà progettare da capo tutto il sistema di coltivazione sulla base degli effetti del cambiamento climatico, adattando il più possibile le nostre colture e introducendone di nuove.
Inoltre è necessario rendere più efficace il sistema di riutilizzo delle acque. Le acque reflue, per esempio, potrebbero essere depurate e riutilizzate in agricoltura, ma nonostante ciò, in Italia ci ostiniamo a utilizzare acqua potabile per irrigare. Una assurdità se ci pensi!
Anche i pesticidi giocano un ruolo cruciale, seppure indirettamente: poiché possono andare a inquinare le acque superficiali e sotterranee, riducendo di fatto le risorse di acqua potabile.
Tornando alla cementificazione, come abbiamo visto, è anche questo un problema non da poco perché contribuisce a rendere impermeabili grosse aree di territorio. Bisognerebbe, quindi, iniziare a progettare e costruire con criterio, incoraggiando la creazione di parchi, orti urbani e spazi verdi.
Infine, sembrerà scontato, ma ognuno di noi può davvero fare la sua parte. Te lo ricordo ancora una volta: siamo i cittadini europei che utilizzano più acqua! Davanti a questo dato non possiamo rimanere indifferenti.
Sicuramente fare più attenzione, chiudere l’acqua quando laviamo i denti o programmare la lavatrice in modo intelligente, per noi non è la fine del mondo… eppure se lo facessimo potrebbe contribuire a salvarlo.