Pochi giorni dopo la strage di Capaci, Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, scrive una canzone e la dedica a Giovanni Falcone, il magistrato di Palermo rimasto vittima della mafia.
Verso la fine degli anni Ottanta, il giudice Giovanni Falcone e altri suoi collaboratori del pool antimafia conducono il più grande processo contro la criminalità organizzata mafiosa che si sia mai tenuto al mondo. Sono 460 gli imputati coinvolti e per la mafia è un colpo devastante. Tra settembre e dicembre del '91, per la mafia uccidere Falcone è un compito da portare a termine.
Succederà con l'attentato di Capaci, il 23 maggio 1992, una stare che vede come vittima Giovanni Flacone, la sua compagna e tre uomini della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicilio e Antonino Montinaro.
Jovanotti scrive la canzone "Cuore" di getto. Rimane colpito nel vedere la folla di giovani presente al funerale del giudice. Scrive "Cuore" perché è lì che si concentrano le emozioni, ma anche tutta l’energia vitale di ciascun individuo. E il cuore è l’immagine con cui Jovanotti vuole guardare a questi giovani che si recano in massa a porgere l’ultimo saluto a Giovanni Falcone perché credevano in lui e continuano a crederci, perché sono stanchi di vivere in un luogo corrotto dal male e dalla violenza, perché non vogliono più farsi sopraffare dalla paura, anzi, vogliono andare avanti con coraggio.
Migliaia di ragazzi in piazza a Palermo
un saluto alla bara del giudice Falcone,
hanno bisogno di una risposta.
Hanno bisogno di protezione.
Il testo della canzone è un’ode alla gioventù, quella parte ancora integra della società, che crede nei valori e in un futuro migliore, dove pace e legalità non sono solo parole, ma garanzie su cui costruire la propria vita e quella dei propri figli.
I ragazzi son stanchi e sono nervosi,
in nome di Dio a fanculo i mafiosi.
I ragazzi denunciano chi guida lo stato
per non essersi mai abbastanza impegnato.
"Mi connetto con l'atmosfera di quella stagione del nostro paese, e lo faccio attraverso una cosa che scrissi di getto nei giorni dopo quella strage di mafia – ricorda Jovanotti venticinque anni dopo in un'intervista a Radio Montecarlo -. Non era una canzone vera e propria, erano solo parole e le registrai con un microfono su un battito di cuore senza sapere neanche bene perché e che cosa farne, era come una cosa scritta su un diario, un “post” diremmo oggi".
"La famosa immagine in cui Falcone e Borsellino sono insieme e si dicono qualcosa sorridendo la scattò un fotografo, Toni Gentile, che aveva 28 anni e loro due poco più di 50 a testa – continua Jovanotti -, in questo scarto generazionale c’è il racconto di un paese che aveva un futuro e che, dopo 25 anni, mi azzardo a dirlo, ce l’ha ancora, anche grazie a quei “ragazzi” e al loro “cuore”.