Da oggi la Russia non vende più gas a Polonia e Bulgaria. I rischi per l’Italia e l’urgenza della transizione ecologica

Nuovo episodio nella “guerra del gas” che corre parallela al conflitto in Ucraina. La Russia ha annunciato lo stop alla vendita di gas a Polonia e Bulgaria, che non avevano accettato di pagarlo in rubli. Intanto Europa e Italia si preparano a possibili allargamenti della misura: c’è il rischio di contraccolpi e di sviluppare nuove dipendenze, ma anche la grande opportunità di realizzare una vera transizione energetica.
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Michele Mastandrea 27 Aprile 2022

La notizia, te ne sarai accorto, è su tutti i giornali: la Russia, tramite la sua azienda statale Gazprom, ha tagliato le forniture di gas a Polonia e Bulgaria. Il blocco continuerà fino a quando i combustibili non verranno pagati in rubli, come sancito da Vladimir Putin qualche settimana fa in un decreto che voleva rispondere alle sanzioni occidentali nei confronti dell'economia russa, che avevano fortemente svalutato la moneta nazionale.

Inoltre, se i due Paesi si approprieranno di quote di gas destinate ad ulteriori Stati (come la Germania, nel caso polacco), le forniture saranno ridotte di un ammontare analogo. Polonia e Bulgaria, devi sapere, sono infatti attraversate sui loro territori da gasdotti che arrivano fino a Paesi come Germania, Ungheria e Serbia. La decisione ha portato a un aumento immediato dei prezzi del gas sui mercati, che sono aumentati del 16% solo tra ieri e oggi.

I rischi per Polonia e Bulgaria

La Russia ha bloccato innanzitutto il transito di gas attraverso lo ‘Yamal Europe‘, gasdotto che collega Mosca alla Germania passando per la Bielorussia e la Polonia. La portata di questo provvedimento in realtà è abbastanza limitata, nel senso che da quei tubi passava solo il 10% dell'export totale russo di gas in Europa. E già da prima dello scoppio del conflitto. La Polonia stessa ha dichiarato di poter fare a meno del gas in arrivo dalla Russia tramite ‘Yamal Europe', e per alcuni analisti lo stop potrebbe servire a Varsavia per sostenere la sua posizione favorevole a un embargo totale su gas e petrolio russo da parte della Ue.

Molto più complicata la situazione per la Bulgaria, che dipende per circa il 90% dal gas russo e che secondo le prime stime avrebbe riserve di gas per un solo mese di consumi. Nonostante questo, la portavoce del governo di Sofia, Lena Borislavova, ha affermato che "non ci sono rischi per la sicurezza energetica del Paese". La Grecia ha subito promesso alla Bulgaria aiuto per affrontare la situazione, senza fornire ulteriori dettagli

Verso nuove sanzioni europee

I ventisette Paesi membri dovrebbero rispondere alla decisione di Putin solo la prossima settimana. Quando è probabile che sia varato un nuovo pacchetto di sanzioni, il sesto, che potrebbe prevedere un embargo totale sul petrolio russo. Sempre che si riesca a convincere la Germania, tra le più dipendenti dai combustibili fossili di Mosca. "L‘annuncio di Gazprom è un altro tentativo della Russia di ricattarci con il gas. Siamo preparati per questo scenario. Stiamo tracciando la nostra risposta coordinata dell'Ue. Gli europei possono aver fiducia nel fatto che siamo uniti e solidali con gli Stati membri colpiti", ha intanto commentato, attraverso un tweet, la presidentessa della Commissione Europea Ursula von der Leyen.

Alcuni Stati europei dipendenti dal gas russo, come l'Austria, hanno intanto già dichiarato che continueranno a pagare il gas in euro come da contratto. Non è scontato di conseguenza che la Russia si fermi solo a Polonia e Bulgaria a livello di stop all'export, anche se allargare la misura potrebbe significare la perdita di miliardi di euro per Mosca. Questa mattina, su Telegram, il presidente della Duma (il Parlamento russo) Vyacheslav Volodin, ha affermato che quanto deciso su Polonia e Bulgaria "dovrebbe essere fatto per quanto riguarda i nostri paesi ostili nei nostri confronti".

Le conseguenze per l'Italia

La conseguenza di tutti questi eventi per l'Italia è quella di dover accelerare sulla riduzione della dipendenza dal gas russo. Obiettivo che secondo il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani potrebbe essere raggiunto in 18 mesi. Al momento, secondo Snam, la fornitura dalla Russia al nostro Paese è regolare. Inoltre, il passaggio a un clima più caldo che si realizzerà nei prossimi mesi ridurrà drasticamente i nostri consumi, perlomeno per quanto riguarda il riscaldamento. Ma la situazione potrebbe cambiare con l'estate e con la necessità di utilizzare i condizionatori.

Il nostro governo nelle scorse settimane ha firmato accordi con Algeria, Angola e Congo per importare nuovo gas, ha "beneficiato" dell'accordo con gli Stati Uniti sottoscritto dall'Unione Europea per importare gas americano, dovrà impegnarsi come previsto dal piano RePowerEu per riempire al 90% i suoi centri di stoccaggio gas entro ottobre e ha infine deciso di acquistare nuovi rigassificatori. Sul fronte decisivo sul lungo periodo, quello dell'energia pulita e rinnovabile, importante è la notizia dell'inaugurazione del primo impianto eolico offshore (o meglio dire nearshore) nel Mar Mediterraneo, al largo del Porto di Taranto. Ma anche lo sblocco a procedure che dovrebbero dare una forte spinta all'installazione del fotovoltaico sui tetti, contenute all'interno dell'ultimo Dl Energia.

Puntare sulle rinnovabili

Nei prossimi giorni, inoltre, un nuovo Decreto Energia potrebbe da un lato velocizzare ulteriormente le procedure per quanto riguarda la realizzazione di parchi eolici e solari (una decisione i cui effetti comunque non si vedranno prima di diverso tempo), ma dall'altra potrebbe varare una riapertura delle centrali a carbone, decisamente poco in linea con l'obiettivo di riduzione delle emissioni climalteranti. Un passo indietro che mostra quanto non puntare sulla transizione alle energie pulite in passato sia stato un errore imperdonabile.

Il rischio da evitare oggi è infatti quello di avvitarsi da soli in ulteriori problemi, puntando troppo su gas, petrolio e carbone, magari acquistati da altri fornitori. E sostituendo semplicemente la dipendenza da un Paese con quella da un altro. L'obiettivo deve essere invece puntare ancora più con decisione sulle rinnovabili, per fare in modo che in futuro usare l'energia come arma di ricatto non sia più possibile.