Da sogno green a città fantasma, come la geopolitica ha portato Forest City al fallimento

Niente auto, grattacieli ricoperti di piante e possibilità di investimenti stranieri per quella che sarebbe dovuta essere “la città green del futuro” e che oggi è abbandonata. In questa nuova puntata di Contro Natura ti portiamo alla scoperta di Forest City.
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Rubrica a cura di Beatrice Barra
31 Maggio 2024

È stata presentata come "la città green del futuro" tra le più importanti del sud est asiatico, è costata oltre 100 miliardi di dollari e avrebbe dovuto ospitare circa 700 mila residenti. Qualcosa, però, non ha funzionato. Ti sto parlando di Forest City,  una città privata situata a Johor, in Malesia, annunciata nel 2006 e oggi completamente abbandonata.

L'isola artificiale grande quattro volte Central Park, il progetto

Realizzata sulla costa meridionale della Malesia, al confine con Singapore, Forest city è un’isola artificiale di 30 km2, con una superficie di 1370 ettari, praticamente un’area grande quanto quattro volte Central Park. Il progetto originale prevedeva ben 4 isole artificiali che avrebbero ospitato circa 700 mila residenti.

Fin dal suo annuncio (avvenuto nel 2006) ha fatto parlare di sé, tra grandi aspettative e aspre polemiche. Pubblicizzata come “la città del futuro”, puntava al miglioramento della qualità della vita, fondendo natura e architettura attraverso enormi grattacieli di lusso ricoperti di piante e strade destinate a scomparire sotto grandi parchi, con l'obiettivo di creare zone completamente senza auto in superficie.

Oggi, a dirla tutta, la realtà è decisamente diversa.

La situazione oggi

Partiamo dicendo che Forest City si trova all'interno di Iskandar Malaysia, un'enorme zona economica speciale (SEZ), un'area oltre sei volte più grande di Singapore, che gode di una legislazione economica differente rispetto al resto della Malesia. Lanciata nel 2006, questa zona è stata creata per attrarre investimenti stranieri, stimolare lo sviluppo economico e competere con la vicina Singapore.

Non appena si mette piede in questa nuovissima città, si viene accolti, oltre che dal silenzio, da cartelli stradali e scritte in cinese. E non è un caso: il 60% di Forest City è nelle mani di Country Garden, colosso cinese dell'edilizia. Il resto?

È di Esplanade Danga 88, di proprietà di Ibrahim Iskandar, ex sultanato di Johor (stato della Malesia) e da poco Sovrano della Malesia.

Pare proprio che l'influenza di questi due giganti abbia dato una bella spinta all'approvazione del progetto Forest City, senza alcuna apparente verifica ambientale, e senza tenere conto della popolazione locale. Infatti, già dai primi giorni, i lavori di bonifica hanno alzato una grande quantità di sedimenti in acqua, cambiato le correnti e messo in difficoltà i pescatori del posto.

Le conseguenze del dragaggio

Ti ricordi il metodo utilizzato per creare le Palm Islands di Dubai? Ne abbiamo parlato in un altro episodio di Contro Natura che trovi a questo link. Lo stesso vale per Forest City. Per creare un nuovo terreno dove prima esisteva solo acqua si è fatto ricorso al dragaggio, cioè la raccolta della sabbia dai fondali marini e il suo successivo rideposito. Stiamo parlando di circa 163 milioni di metri cubi di sabbia, una quantità che ha messo a dura prova l'ecosistema marino, rendendo l'acqua torbida e danneggiando mangrovie e le praterie subacquee di fanerogame marine. È proprio in questa zona della Malesia che c’è una delle praterie tra le più estese di tutto lo stato.

Pensa che l’area intorno a Forest City ospitava 30 specie di alghe e otto tipi di fanerogame marine. Queste piante marine, oltre a essere fondamentali per l’ossigenazione delle acque e per la protezione delle coste dall’erosione creano anche un ambiente essenziale per la sopravvivenza di specie in pericolo come i cavallucci marini, i dugonghi fino al il coccodrillo dell'estuario.

Inoltre, le mangrovie, le praterie di alghe, così come le aree di coralli molli, facilitano e supportano la riproduzione e l’alimentazione di una grande rete di specie marine che forniscono cibo alle comunità locali.

Insomma la costruzione di Forest City si è aggiunta a una situazione già messa a dura prova dalla posizione geografica: infatti ci troviamo nello stretto di Mel-aka, uno dei corridoi marittimi più trafficati del mondo, dove industrie e navi mercantili scaricano sostanze chimiche nell'acqua, mettendo a rischio queste preziose praterie marine.

La città è abbandonata per interessi geopolitici

Nonostante ciò, nel 2016, il 70% delle case era già stato venduto a compratori cinesi. Ma altri problemi erano dietro l’angolo.

Per paura che una superpotenza come la Cina potesse prendere il controllo di questa area con l'intento non solo di soddisfare gli investitori immobiliari cinesi ma anche con l'obiettivo di espandere la propria influenza economica e politica, la Malesia decise di tirare il freno a mano stoppando le vendite ad acquirenti stranieri.

Il risultato? La città è praticamente disabitata. Sono meno di 10.000 le persone che oggi vivono a Forest City, circa l’1% del progetto iniziale.

Il motivo è prima di tutto economico: la fiducia nei confronti delle imprese immobiliari cinesi ha subito un duro colpo a causa della crisi che ha colpito il settore immobiliare cinese dopo i lunghi lockdown e che fatica tuttora a riprendersi, come si può vedere dalle analisi di China Index Academy. Allo stesso tempo i costi per la popolazione locale rimangono troppo alti.

Sebbene si sia ancora lontani dalle costruzioni promesse e i lavori non sembrerebbero nemmeno vicini alla conclusione, la città offre tranquillità e ampie zone verdi, studiate al minimo dettaglio per costruire una migliore immagine pubblica e di conseguenza attirare turisti. Lo dimostrano le piante utilizzate per decorare tutta la città, che non sono originarie della penisola malese, ma un mix esotico. E la costa? Come abbiamo detto una spiaggia di sabbia importata, senza traccia delle mangrovie tipiche della Malesia. Infatti queste sono state sostituite da palme da cocco e altre piante ‘tropicali', scelte per il loro impatto visivo piuttosto che per il loro valore ecologico. Per risolvere il problema Forest City ha aperto un nuovo Ecomuseo nel settembre 2020 per mostrare le specie locali e gli habitat marini.

È necessario un piano

Se inizialmente Forest City doveva essere un simbolo di progresso e sostenibilità destinata al successo assicurato (e così non è stato), oggi ci sono diverse iniziative in corso per farla rinascere. Ad esempio, nell'agosto dell'anno scorso, è stato proposto che Forest City diventi una zona finanziaria speciale, offrendo incentivi come visti multipli e facilitazioni per chi lavora a Singapore. Si sta anche valutando l'idea di reintrodurre il progetto di un collegamento ferroviario ad alta velocità tra Kuala Lumpur e Singapore, con una fermata aggiuntiva proprio a Forest City. se da un punto di vista ingegneristico, Forest City è senza dubbio un progetto rivoluzionario che potrà avere un futuro, il costo ecologico del dragaggio e dell'approvvigionamento di sabbia annullerà quasi del tutto i benefici di avere una città “green”.

Ma una buona notizia c’è: le praterie di fanerogame marine sono sorprendentemente resistenti ed è probabile che si rigenerino in poche settimane una volta terminata la bonifica, permettendo anche alla fauna di ritornare.

L’intoppo è che, secondo il progetto originale, i lavori avrebbero dovuto concludersi entro il 2035, ma ad oggi, non siamo nemmeno lontanamente vicini al completamento del progetto, è probabile che i tempi si allungheranno.

Per questo sarà fondamentale definire un piano che cerchi di minimizzare i rischi e protegga a pieno l'habitat naturale di queste aree della Malesia e le comunità locali che ne dipendono.

Insomma Forest City è un esempio di come gli interessi economici e politici troppo spesso si scontrano con l'obiettivo di preservare l'ambiente. E mentre la città sta cercando di rinnovarsi, nel frattempo, la natura sta già facendo il suo corso, mostrandoci la sua incredibile capacità  di crescere e sbocciare, nonostante tutto.

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Polentona acquisita e curiosa instancabile. Sono a Milano dal 2016 e scrivo per passione da quando ho cinque anni. Amo il altro…