
“Insieme” in turco si traduce con la parola beraber, in greco con la parola mazì, in swahili con pamoja e in arabo con ma'an.
"Insieme" è il principio su cui Nicolò Govoni, 27 anni, insieme agli altri membri dell’organizzazione no profit indipendente Still I Rise ha costruito dal nulla, in prossimità dei campi profughi o delle baraccopoli, scuole destinate a quei minori per cui l’istruzione sembra non essere più un diritto.
A pochi passi dall’hotspot di Samos, in Grecia, bambini e ragazzi vivono in tende o in container sovraffollati, dove il cibo è insufficiente e le condizioni igieniche e sanitarie sono inadeguate. Mazì, inaugurato nell’agosto 2018, è stato il primo centro giovanile dell’isola a offrire un programma scolastico ai bambini e ai ragazzi dagli 11 ai 17 anni che vivono nel campo profughi. Qui si tengono lezioni di inglese, materie scientifiche e umanistiche, affiancate da diverse attività artistiche e di educazione alla salute. Oggi Mazì è l'unica realtà in grado di dare uno spiraglio di speranza a questi ragazzi.
Gaziantep, invece, è l’ultima città turca prima del confine siriano. Qui si trova Beraber, il primo centro educativo che diventerà la prima scuola internazionale per bambini profughi e svantaggiati in Turchia; una struttura in grado di offrire un percorso scolastico articolato in 7 anni di scuola, suddivisi in un anno propedeutico, quattro anni di scuola media e due anni di scuola superiore.
Tra i quartieri di Pangani, Eastleigh e Huruma di Nairobi, si trova lo slum di Mathare, una delle baraccopoli del continente africano più svantaggiate al mondo, dove circa 600mila persone vivono in 5 km quadrati. Pamoja è il nome del centro giovanile, in grado di preparare 150 studenti nel loro primo anno scolastico, prima scuola internazionale per bambini profughi e in difficoltà in Africa.
E in questi ultimi giorni ha riaperto anche Ma’an, la prima scuola realizzata sempre da Still I Rise nella città di al Dana, nel nord ovest della Siria. In questa occasione Nicolò Govoni ha scritto sul suo profilo Instagram: "È in giorni come questo che ho la certezza che il mondo si possa cambiare, e per farlo non si deve essere politici o milionari, ma persone comuni che non scelgono di stare a guardare". E la sua non è retorica.
"Ci credo al 100 per cento. Storicamente i cambiamenti possono arrivare dall'alto o dal basso, nel nostro caso arrivano dal basso, d'altronde il motto di Still I Rise è "un bambino alla volta" – commenta Nicolò -. Diamo gli strumenti necessari a questi bambini svantaggiati per assicurargli un futuro migliore. A Mazì c'erano bambini siriani a afghani che arrivano da un passato di grave disagio, provati da quello che avevano vissuto, debilitati non solo dal punto di vista fisico ed emotivo, ma anche da quello dell'apprendimento. Bambini e ragazzi che non andavano a scuola da 5, 7 anni, che non sapevano neppure leggere. I ragazzi che hanno seguito il nostro percorso, alcuni per 6 mesi, altri per un anno o un paio di anni, prima di essere magari spostati da Samos ad altri campi del continente, cambiano moltissimo. Una volta erano insicuri, spaventati e svantaggiati da ogni punto di vista; poi arrivano in un nuovo campo che, per quanto sia meglio dell'hotspot, è ancora carente di servizi e non dispone di scuole, e diventano loro stessi degli insegnanti. Ricevo foto e video mentre insegnano l'inglese o il greco ad altri bambini sotto una pianta di ulivo. Hanno creato le loro piccole Mazì".
Per capire chi è Nicolò Govoni, dobbiamo riavvolgere il nastro indietro di almeno 7 anni fa, quando questo ragazzo nato e cresciuto a Cremona, a solo vent’anni, partiva per fare volontariato in un orfanotrofio nell’India meridionale. Dovrebbe rimanerci solo tre mesi, ma finisce per viverci quattro anni. Quando nel 2014 l'orfanotrofio rischia la chiusura a causa delle norme governative che penalizzano le piccole fondazioni, Nicolò riesce a raccogliere fondi per costruire un muro perimetrale intorno all’istituto, evitandone così la chiusura.
Ma è solo l'inizio. Quando Nicolò dall'India arriva a fare volontariato in un campo profughi di Samos, in Grecia, si rende conto di quanto la situazione sia al limite; nel campo profughi vivono quasi 7mila persone, quando sarebbe costruito per accoglierne poco più di 600, e ci sono almeno 320 minori non accompagnati.
Nicolò è qui per coordinare un programma educativo per i bambini rifugiati scappati dalla guerra in Siria, ma dopo aver fondato l'onlus Still I Rise nel 2018 e aver raccolto fondi grazie alla pubblicazione del suo libro “Bianco Come Dio”, riesce ad affittare un edificio e a ristrutturarlo. In un mese vengono costruiti i muri, rifatto l’impianto elettrico, vengono ordinati banchi e sedie da Atene, vengono installati i condizionatori e ordinata tutta la cancelleria necessaria. In poche parole, nasce una scuola, la prima scuola per bambini e adolescenti rifugiati di Samos, in Grecia.
"Il giorno in cui la scuola di Samos ha accolto i suoi primi studenti è stato uno dei momenti più belli della mia vita – racconta Nicolò -. Se adesso aprire le scuole fa parte di un progetto a lungo termine, quella era la prima scuola, poteva quasi non accadere. Noi eravamo lì con un altro gruppo di volontari, molti insoddisfatti per come stavano andando le cose in quel momento, con alle spalle 9 mesi in cui non eravamo riusciti a cambiare granché. Still I Rise è nata in risposta a questa insoddisfazione e così anche Mazì. Provavamo incertezza e speranza. E poi a Samos già insegnavamo in modo informale, c'erano tutti questi bambini che già conoscevamo! Non abbiamo costruito una scuola per dei bambini svantaggiati, abbiamo costruito una scuola per quei bambini che già conoscevamo, uno ad uno. Dare loro una scuola completamente ristrutturata, la loro prima scuola europea, è stato troppo bello".
Nel 2019 Nicolò Govoni pubblica “Se fosse tuo figlio” per raccontare la storia dei bambini della scuola Mazì e le assurde condizioni del campo profughi a Samos. Il ricavato delle vendite dei libri e le donazioni all'organizzazione saranno la base da cui partire per realizzare le altre scuole in Siria, Turchia e Kenya.
Oggi Nicolò Govoni, un ragazzo che all'età di vent'anni non aveva ancora ben chiaro cosa fare della sua vita, è stato candidato al Premio Nobel per la pace 2020: "Mi aspetto di non vincerlo, è un onore, ma penso che ci siano altre persone che lo meritano più di me. In un anno cosi, con quello che abbiamo passato, penso che il premio debba andare a persone con più esperienza, che hanno avuto un maggiore impatto rispetto al mio".