Dal rischio di morte al medico di base: quello di Ibrahim a piedi dal Pakistan è anche un viaggio nella sanità di frontiera

Cosa deve patire un migrante che affronta chilometri in condizioni di miseria per raggiungere il nostro Paese? Quali sono i rischi a livello fisico e psicologico? In occasione della Giornata Mondiale dei Migranti, ti raccontiamo la storia di Ibrahim, giovane pakistano che ha rischiato la vita tra i boschi e le montagne europei per arrivare in Italia e fuggire dalla guerra. Grazie alla testimonianza di un medico volontario capirai anche quali sono le tutele sanitarie per gli immigrati durante il viaggio e una volta giunti in Italia.
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Evelyn Novello 18 Dicembre 2023
* ultima modifica il 18/12/2023
Intervista a Filippo Bianchetti, Medico di base in pensione e volontario e Ibrahim, migrante pakistano

Quella di Ibrahim è una storia, fatta di speranza e terrore, sovrapponibile a quella di altre persone che hanno abbandonato la loro terra. Ibrahim ha 42 anni e 6 anni fa è scappato dal suo Paese d'origine, il Pakistan, per le violenze perpetrate sui civili dall'organizzazione di guerriglia talebana. Il viaggio è stato lungo e decisamente difficile. I circa 6mila chilometri che dividono i due Paesi Ibrahim li ha percorsi a piedi. Per non farsi scoprire dalle forze dell'ordine, viaggiava solo di notte, prevalentemente attraverso boschi e montagne. Puoi immaginare quali siano state le conseguenze a livello fisico e psicologico.

Una volta arrivato in Italia, prima a Gorizia e poi a Milano, ha avuto la fortuna di essere accolto da volontari che gli hanno dato tutti i beni di prima necessità, tra cui le prime cure mediche. In occasione della Giornata Mondiale dei Migranti che ricorre ogni 18 dicembre, ti raccontiamo un aspetto che nei tg e nelle notizie flash di solito viene tralasciato: ciò che accade al loro corpo e le opportunità, o meglio, le non opportunità di cure e di soccorso sanitario che hanno durante un tragitto pericoloso come quello compiuto da Ibrahim. Ne abbiamo parlato oltre che con il protagonista, con il dott. Filippo Bianchetti, medico di base di Varese che si è sempre speso come volontario a sostegno degli immigrati e delle persone senza fissa dimora.

Pane, acqua e un paio di scarpe

Per 30 giorni avevo solo pane e acqua. Mangiavamo la frutta trovata sugli alberi e bevevamo nei fiumi

Ibrahim ha lasciato in Pakistan 3 sorelle, 1 fratello e i loro figli. La guerra che da anni oppone l'esercito pakistano ai talebani continua tuttora a uccidere civili innocenti. Dalla sua città, Ibrahim ha deciso di scappare per trovare fortuna in Europa, l'obiettivo è quello di stabilizzarsi qui per mandare alla sua famiglia parte del suo guadagno con la speranza che anche loro possano un giorno raggiungerlo. Come ci ha confessato, i soldi all'inizio della traversata sono necessari. "Per attraversare l'Iran ho dovuto pagare 1000 dollari, se no non si passava – ci racconta Ibrahim – Da lì sono passato per Turchia, Grecia, Macedonia, Serbia, Bosnia, Croazia e Slovenia. Tutto a piedi. Sono partito con uno zaino con due o tre vestiti, un paio di scarpe e un po' di cibo. Per 30 giorni avevo solo pane e acqua. Mangiavamo la frutta trovata sugli alberi in montagna e da bere avevamo solo l'acqua dei fiumi. Una volta, per 5 giorni, siamo stati senza mangiare".

Ibrahim, per un anno di viaggio, si spostava solo di notte, dalle 10 in poi, fino alle 5, in cui lui e i suoi compagni si fermavano a dormire. La media era di "30 km al giorno – continua Ibrahim. – Avevamo molto freddo, i piedi gonfi, le scarpe bagnate, spesso la febbre. Un ragazzo attraversando un fiume è morto annegato. Avevo paura ma non potevamo chiedere aiuto. Solo quando sono arrivato in Italia mi ha visitato un medico".

Le ricadute sulla salute

Ai piedi vediamo lesioni difficili da curare perché troviamo piaghe profonde. C'è poi tutto il danno psicologico.

Centinaia di chilometri attraverso le condizioni più impervie, scarsità di cibo, di acqua e di igiene. Le possibilità di ammalarsi o di farsi male sono migliaia, così come quelle di morire. Chi sopravvive arriva in condizioni molto precarie. "I rischi sono di denutrizione e disidratazione – spiega Bianchetti – c'è poi uno stress importante per arti inferiori. Chi percorre la rotta balcanica attraversa alcuni fiumi, dove spesso muoiono annegati. Ai piedi vediamo lesioni difficili da curare perché troviamo piaghe profonde. C'è, poi, tutto un danno psicologico incalcolabile che è la parte prevalente, ci sono persone con un disturbo post traumatico da stress".

Chi arriva attraversando altre rotte vive vicissitudini simili. "Se attraversano il nord Africa, una volta in Libia, possono subire maltrattamenti pesanti – precisa Bianchetti – Lungo il mediterraneo, sui barconi, almeno il 10% muore e quelli che arrivano sono in condizioni precarie perché hanno passato giorni in mare, con ustioni e con i piedi a mollo in acqua mista a benzina. Calcoliamo, comunque, che dai paesi d'origine partono gli individui più sani. Se sono malati non partono proprio".

Diritto alla salute dei migranti e degli stranieri

Cosa accade ai migranti una volta arrivati in Italia? Come possono curarsi? "Se arrivano in un centro di accoglienza temporaneo sono immediatamente visitati da un medico ma in tutti gli altri casi sono privi di qualsiasi tutela – precisa il medico – Diventano una categoria senza permesso di soggiorno, privi di legittimità. Per avere diritto all'assistenza sanitaria gli stranieri temporanei presenti (STP), secondo la legge Bossi-Fini, devono dimostrare di avere necessità sanitarie che possano essere definite urgenti, continuative (se soffrono di una patologia cronica, ndr) o essenziali (quando un problema, se trascurato, può peggiorare). Così ottengono una copertura sanitaria di 6 mesi rinnovabile che si chiama Codice STP".

In assenza di codice STP, un migrante può recarsi in pronto soccorso ma seguirebbe un pagamento "e molti non possono permetterselo – commenta il medico. – A Varese abbiamo fondato un'associazione, Sanità di Frontiera, e un ambulatorio in cui facciamo medicina di base gratuita per tutte quelle persone senza fissa dimora o immigrate. In tutta Italia, per fortuna, c'è una belle rete di volontariato ma non tutte le regioni offrono le stesse possibilità".

Un altro discorso riguarda i richiedenti asilo e chi è in possesso di permesso di soggiorno. "Chi ha l'asilo ha diritto a una tessera sanitaria che dà accesso a pronto soccorso e ricovero, ma non al medico di base – conclude Bianchetti. – Dovrebbero trovare un medico che si occupi di loro a titolo gratuito, come facciamo noi. L'Italia comunque offre tutele che tanti altri stati europei non danno come alcuni di quelli che ha attraversato Ibrahim nel suo viaggio".

Oggi Ibrahim vive stabilmente in Italia. Dopo la richiesta di asilo, l'associazione Senza Margini di Milano l'ha aiutato a trovare una casa e un lavoro fisso. Ha trovato serenità? Fino a un certo punto. "Ogni mese mando parte del mio stipendio in Pakistan, alla mia famiglia. Lì ci sono ancora molti problemi, le persone hanno paura" conclude il ragazzo. Chissà che un futuro pacifico possa rendere ognuno di noi fiero e sicuro del Paese in cui vive e che chiama "casa".

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.