Quando danza e disabilità si incontrano per ritrovare la poeticità del corpo

Dimenticati i ballerini dal fisico perfetto, che eseguono movimenti senza nessuna sbavatura e seguono linee già definite in precedenza. Corpo poetico, pratica sviluppata dalla coreografa Anna Albertarelli e dallo psicologo Roberto Penzo, è una ricerca. Il gesto artistico non è tanto un qualcosa di esteticamente bello, ma un modo di percepire il mondo e di porsi in modo autentico nei confronti di chi guarda.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Giulia Dallagiovanna 29 Aprile 2019
* ultima modifica il 22/09/2020

Cosa significa poetico per te? Qualcosa di bello, di delicato. Forse qualcosa di ornamentale. Insomma serve qualcuno davvero bravo e magari esteticamente apprezzabile per realizzarlo. E se non fosse proprio così? La poetica, in realtà, ha a che fare con il modo in cui percepisci il mondo e sei in grado di tradurlo in un gesto artistico. In un quadro o in una poesia, che magari non rispetterà i canoni tradizionali, ma rappresenterà esattamente la tua visione di ciò che ti circonda. È proprio di questo che ti volevo parlare nella Giornata mondiale della danza.

Ma devi prima capire questo concetto, per poterti avvicinare a Corpo poetico®, una pratica di movimento, teatro e danza, ideata e sviluppata dalla coreografa e danzatrice Anna Albertarelli e dallo psicomotricista e psicologo Roberto Penzo. Si basa sulla tecnica di Contact Improvisation, nata negli Stati Uniti attorno agli anni '70, che utilizzano per lavorare anche con ragazzi disabili, sia fisici che psichici.

Credits photo: Roberto Ruager, "Pellegrinaggi", progetto fotografico realizzato nell’ambito del percorso professionale per danzatori AFI International Art Factory di Bologna nel quale è presente un modulo esperienziale formativo sul Corpo Poetico®

"Insegnavo già questa tecnica – racconta Anna Albertarelli – ma poi ho partecipato a uno stage di un coreografo tedesco che lavorava con la disabilità. Mi ha incuriosito subito, perché sono molto attratta dal lato della ricerca, dell'indagine. Quando poi sono rientrata a Bologna ho aperto un luogo dove poter fare esattamente questo: indagare. L'ho fatto assieme a Roberto Penzo, che era un collega, ma anche uno psicologo. I primi ad aderire sono stati alcuni studenti universitari e, fra loro, c'erano anche ragazzi disabili. Era il 1998 e in Italia non se ne trovavano molte di iniziative del genere".

Si parlava invece già di DanceAbility, una tecnica ideata dal coreografo statunitense Alito Alessi e che unisce persone abili e disabili, semplicemente per danzare assieme. Una vera e propria espressione artistica, e non una terapia, bada bene, che si basa sui principi della Contact Improvisation. La stessa matrice di Corpo poetico®. Ma cosa significa questo termine che è già stato menzionato due volte? Si tratta di una pratica dove i punti di contatto fisico fra i due individui che ballano diventano la partenza per un'esplorazione del proprio corpo e dello spazio che lo circonda. Una percezione che chi è affetto da disabilità fatica a conquistare.

Non si tratta di una terapia, ma di un percorso pedagogico per giungere a una vera e propria espressione artistica

"La difficoltà è prima di tutto quella di giungere a una consapevolezza corporea – spiega Albertarelli – perché spesso il proprio corpo non viene percepito. Si parte allora con un processo di analisi del movimento, delle ossa, dei muscoli, degli arti, di quello che si può fare e dei propri limiti. Vengono utilizzati massaggi spontanei, per entrare meglio nell'ascolto di se stessi e dell'altro, attraverso un contatto fisico portato avanti con delicatezza e rispetto. Lo scopo è arrivare a produrre azioni e gesti, che sfruttano i linguaggi del teatro fisico e della performing artPer chi ha una disabilità cognitiva, e non solo, si prendono in considerazione anche i concetti di sotto e sopra, davanti e dietro: le cosiddette capacità proprioricettive. Questa prima parte è molto lunga, anche perché ci son persone che sono cresciute in carrozzina e hanno sviluppato una percezione alterata del proprio corpo e dello spazio, o non ce l'hanno del tutto".

Un tornare a capire come si è fatti, dopo che magari si è provato in tutti i modi a dimenticarselo, per non scontrarsi con l'evidenza di essere diversi, meno aggraziati, meno perfetti.

"Nella seconda fase si passa all'espansione del corpoprosegue la coreografa – Spesso chi vive su una carrozina diventa un corpo costretto, chiuso. L'addome è sempre incassato, piegato, e il diaframma contratto. Anche lo sguardo verso il mondo risentirà di questa postura, così come la capacità di imporsi o decidere del proprio spazio e del proprio tempo in autonomia. Naturalmente il percorso sarà diverso anche in base ai tipi di disabilità con i quali ci confrontiamo. In alcuni casi, ad esempio, si lavora sul massaggio e si favorisce il rilassamento, in altri invece si cerca di riattivare quel minimo di forza rimasta nel muscolo. Sono situazioni variegate e ciascuna di loro ha bisogno di un tempo e uno spazio di ricerca diverso per far emergere le potenzialità residue. Il fine è quello dell'integrazione, un fattore imprescindibile per questo approccio pedagogico".

Dal 1998 a oggi, Anna Albertarelli e Roberto Penzo hanno continuato ad approfondire la ricerca e a indagare attraverso il movimento. Dalla loro esperienza è nato un percorso pedagogico, Corpo poetico® appunto, che ora utilizzano sia per diverse esperienze con persone disabili, che per formare educatori, assistenti sociali e insegnanti di danza che vogliono portare questo approccio all'interno delle proprie scuole.

Ma come ti dicevo prima, la DanceAbility prevede che a danzare insieme siano persone disabili, ma anche abili. E lo stesso fa anche Corpo poetico®: "Quando queste due esperienze si incontrano, è fondamentale che vengano messe in una condizione di parità e di fiducia l'uno nell'altro. Quindi costringo i danzatori a stare fermi, per capire cosa significa non potersi muovere per davvero. Esattamente come un ragazzo che vive in carrozzina. Inizia così un lavoro di osservazione reciproca e di conoscenza. Si crea uno specchio, che diventa utile per entrambi. Il danzatore infatti impara a stare in presenza da chi lo sa fare molto bene, perché vi è costretto. Diventa un'esperienza molto educativa, si impara a eliminare le ansie da prestazione e si scoprono modalità di movimento inaspettate".

Credits photo: sito di Anna Albertarelli

Il risultato finale? Corpi che hanno la piena consapevolezza di loro stessi, che sanno abitare e muoversi nello spazio, mettendo in gioco anche rischio e fatica. Persone che non devono più subire gli sguardi di pietà e compassione, ma diventano attori di una performance. Non per forza bella esteticamente, ma poetica. Anche per questa ragione, vengono utilizzati i linguaggi artistici della contemporeaneità: "Il corpo non deve essere perfetto e il movimento preciso come accade, ad esempio, nella danza classica. Il gesto può anche essere grezzo, così come il corpo, perché l'importante è che siano autentici e il frutto di un'indagine approfondita. Una ricerca che può condurre ad azioni artistiche che hanno la capacità di trasgredire, estremizzare oppure, semplicemente, restituire il fisico in quanto tale, con i suoi punti di forza, ma anche le sue debolezze e le sue fragilità". 

Forse di tutto ciò non ne avevi mai sentito parlare. In Italia infatti l'approccio alla disabilità ha ancora diversi limiti e il primo proprio quello della pietà. I ragazzi vengono inseriti in case famiglia o in laboratori gestiti da volontari. In diversi si concentrano sullo sport e alcuni di questi vengono visti come una sorta di piccoli eroi, come accade per la campionessa paralimpica di scherma Bebe Vio. Nessuno guarda invece a come quel corpo possa essere di nuovo utilizzato per esprimere se stessi. Non in un modo meno perfetto o completo rispetto a chi ha tutti gli arti funzionanti, ma semplicemente diverso.

Credits photo copertina: Roberto Ruager "Pellegrinaggi", progetto fotografico realizzato nell’ambito del percorso professionale per danzatori AFI International Art Factory di Bologna nel quale è presente un modulo esperienziale formativo sul Corpo Poetico® Ricerca per altri movimenti Danza Teatro Disabilità Integrazione

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.