
Quando lo avevamo intervistato, alcuni mesi fa, ci aveva parlato dello sport, che per lui ha sempre rappresentato curiosità, vita ma soprattutto gioco. Ed è questo forse il più grande insegnamento che Giuseppe Ottaviani ci ha lasciato. Vivere lo sport non come competizione ma come un’attività che fa bene a corpo, mente e spirito, aiuto reciproco e amore per se stessi e per la propria salute. Anche per questo forse era arrivato a compiere i 104 anni mantenendosi perfettamente lucido e in forze, tanto da continuare a partecipare a competizioni sportive.
Ieri 19 luglio, Peppe Ottaviani, classe 1916, si è spento nel paese in cui era nato oltre un secolo fa, Sant’Ippolito, nel cuore delle marche. Un luogo da cui non si era mai spostato, se non per andare a guadagnarsi gli innumerevoli titoli sportivi che lo hanno visto protagonista di vere e proprie imprese. Titoli che, ricordiamo, ha iniziato a collezionare soltanto a partire dai 70 anni, dopo una vita trascorsa a lavorare come sarto, proprio come sua madre prima di lui e da militare dell’aeronautica durante la seconda guerra mondiale.
Ciò che Peppe ci lascia non ha soltanto il colore oro, argento e bronzo delle medaglie e dei riconoscimenti appesi a decine nel suo salotto. Peppe ci ha dimostrato che non si è mai troppo vecchi per fare ciò che si desidera, per cercare di stare in salute e vivere nel modo migliore e più soddisfacente possibile. Così come ci aveva ripetuto in quella giornata d’ottobre, quando seduto sulla sua poltrona, ha detto “noi, piaccia o non piaccia, siamo dei bambini cresciuti e tutto ciò che facciamo viene dal gioco.” Una visione della vita basata sulla curiosità che, secondo Peppe, è ciò che ci mantiene attivi e può farci fare tutto, spingendoci a superare i nostri limiti per raggiungere la felicità. Perché la vita è bella in sé, ci viene offerta e noi dobbiamo valorizzarla e trarne tutto ciò che possiamo.