E se il tasso di mortalità del coronavirus fosse legato all’efficienza del sistema sanitario?

È l’ipotesi formulata da un gruppo di ricercatori dell’Erasmus University Medical Center di Rotterdam, i quali hanno notato che nella provincia di Hubei la mortalità di Covid-19 si aggira intorno al 2,9% mentre nelle altre province della Cina la media è dello 0,7%. Il motivo potrebbe essere legato alla disparità di accesso alle risorse sanitarie.
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Federico Turrisi 2 Marzo 2020
* ultima modifica il 22/09/2020

In questi giorni non si parla di altro. Il nuovo coronavirus è arrivato in Italia e si sta diffondendo a macchia d'olio non solo nel nostro paese ma anche in Europa. Non stiamo parlando di una pandemia, ma di un'epidemia (ti avevamo spiegato la differenza in un precedente articolo): per Covid-19 il 30 gennaio scorso l'Organizzazione Mondiale ha dichiarato l'emergenza sanitaria globale. Ma ti ricordi da dove tutto era partito? Dalla Cina, e precisamente da Wuhan, capoluogo della provincia di Hubei. Qui si registra il numero più alti di morti: 2.803, al momento. Nella provincia confinante di Shaanxi, dove si trova la città di Xi'an, il bilancio delle vittime accertate è fermo a 1. A Shanghai, che si trova a "soli" 800 chilometri da Wuhan, i morti riconducibili all'infezione sono solo 3. Come è possibile?

I ricercatori dell'Erasmus University Medical Center di Rotterdam hanno provato a vederci un po' più chiaro, ipotizzando un collegamento tra tasso di mortalità ed efficienza del sistema sanitario locale. I dati esaminati dagli esperti sono quelli forniti dal Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie e risalgono a metà febbraio. Emerge che a Wuhan la letalità del coronavirus supera il 3%, nella provincia di Hubei si attesta intorno al 2,9%, mentre la media tra tutte le altre province cinesi è dello 0,7%.

Nella provincia di Hubei la mortalità per Covid-19 è quasi al 3%, in quella più sviluppata di Guangdong è allo 0,3%

Tutto ciò può essere spiegato dal rapido aumento del numero di infezioni intorno all'epicentro dell'epidemia, a Wuhan per l'appunto. Questo ha portato a un'insufficienza delle risorse sanitarie, con ripercussioni negative sulle cure da dare ai pazienti nella provincia di Hubei. Nelle altre province invece la gestione dell'emergenza è stata più efficace perché il contagio era più contenuto. In sostanza, un numero maggiore di infezioni in una determinata popolazione può essere considerato un indicatore indiretto di un carico sanitario più pesante. Il punto però è che in Cina ci sono notevoli disparità regionali in fatto di disponibilità e accessibilità delle risorse sanitarie. E sono proprio queste disparità che potrebbero in parte spiegare i bassi tassi di mortalità, nonostante l'elevato numero di casi, nelle province costiere più sviluppate, come quella di Zhejiang (zero morti su 1.171 casi confermati) o quella di Guangdong (4 morti su 1322 casi, equivalente a un tasso di letalità dello 0,3%).

La morale della favola che possiamo trarre è dunque la seguente: più si è attrezzati in termini di assistenza sanitaria, più si abbassa il rischio di morire. Anche in Italia l'epidemia di coronavirus sta mettendo sotto stress il nostro sistema sanitario nazionale. I reparti di terapia intensiva, che rappresentano la salvezza per i pazienti con più gravi complicazioni respiratorie, sono congestionati e abbiamo un serio problema di carenza di personale medico-sanitario (il che costringe spesso i medici e gli infermieri a turni massacranti). Per questo non possiamo mettere la testa sotto la sabbia una volta superata questa emergenza: bisogna investire di più nella ricerca e nella sanità se vogliamo affrontare le prossime epidemie.

Fonte | "Potential association between COVID-19 mortality and health-care resource availability" pubblicato su The Lancet il 25 febbraio 2020.

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