Emergenza bed blocker: troppi anziani in ospedale perché non hanno assistenza domiciliare

Sono ricoverati in ospedale per malattie croniche che potrebbero essere gestite a casa o nelle Rsa ma non hanno nessuno che possa assisterli o un letto in una casa di riposo: sono gli anziani soli con più di 70 anni, chiamati bed blocker e sono un costo sociale enorme.
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Valentina Rorato 26 Gennaio 2023
* ultima modifica il 26/01/2023

Sono sempre più numerosi i bed blocker, ovvero i blocca letti. Chi sono? Sono quegli anziani che, hanno più di 70 anni, sono completamente soli e non possono essere dimessi dagli ospedali perché non hanno alcun tipo di assistenza. Letteralmente non sanno dove andare. Il Sistema Sanitario Nazionale è, purtroppo, ingolfato da queste presenze, che non si possono  abbandonare, ma che al tempo stesso portano via un posto in ospedale a chi potrebbe averne, a livello di cure mediche, più bisogno.

"L'Italia è agli ultimi posti in Europa per numero di anziani che beneficiano di cure a casa, con meno di 3 over-65 su 100 (il 2,7%) che ricevono assistenza domiciliare (ADI), a fronte di una media europea che non va sotto il 7% e con punte fino al 20%", dichiara Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva, commentando i dati diffusi dalla società scientifica dei medici internisti (Fadoi), secondo i quali circa un milione di anziani rimarrebbe nei reparti degli ospedali in media una settimana in più rispetto alla data di dimissione stabilita dal medico. "La messa in sicurezza degli anziani dimessi dall'ospedale tocca da vicino la capacità del nostro Servizio sanitario di prendersi cura delle persone più fragili, in particolare di coloro che sono privi di un supporto familiare".

Quale soluzione? Serve una “cabina di regia” che imposti un dialogo tra ospedale e territorio con maggiori investimenti per l’assistenza territoriale. E dove si possono trovare i soldi? "Le risorse economiche stanziate dal PNRR per potenziare la dotazione dei servizi di assistenza domiciliare, puntando a raggiungere il 10% degli over-65 nei prossimi quattro anni, e per la realizzazione degli Ospedali di Comunità con valenza di strutture post-acuzie, rispondono all'esigenza di costruire un ponte tra ospedale e casa, e dare finalmente un'assistenza congrua ai nostri anziani. Ma questo obiettivo non può essere pienamente raggiungibile senza un modello organizzativo che raccordi medici di medicina generale, assistenza domiciliare, ospedale, RSA, post acuzie e cure palliative, vale a dire tutti gli snodi della cosiddetta long-term care. Alcune esperienze virtuose ci dicono che più l'ospedale è in grado di comunicare in tempo reale con la rete territoriale, di conoscerne il ventaglio di servizi offerti e di prendere parte alla definizione del bisogno assistenziale sin da quando il paziente entra in Pronto soccorso o in ospedale, tanto migliore sarà la presa in carico a lungo termine dell'anziano e della sua famiglia", ha puntualizzato Bernabei.

Il 75,5% di questi pazienti anziani non ha una casa dove tornare

Secondo i dati di Fadoi, Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti, il bed blocker sono un peso che ricade indebitamente sulla sanità pubblica a causa delle carenze del sistema di assistenza sociale, ma anche dei servizi territoriali. Un’indagine condotta in 98 strutture indica che dalla data di dimissioni a quella effettiva di uscita passa oltre una settimana nel 26,5% dei casi, da 5 a 7 giorni nel 39,8% dei pazienti, mentre un altro 28,6% sosta dai due ai quattro giorni più del dovuto. Nel 75,5% dei casi, questi pazienti anziani non hanno una casa dove tornare e il 49% non ha chance di entrare in una Rsa. Il costo per il Ssn è di circa un miliardo e mezzo l’anno.

Quello che rileva l’indagine è quanto purtroppo tocchiamo con mano quotidianamente, ossia la necessità di farsi carico di problematiche sociali che finiscono per pesare indebitamente sugli ospedali e sui reparti di medicina interna in particolare”, commenta Francesco Dentali, presidente della Fadoi. “E’ un quadro che dovrebbe far riflettere sul nostro sistema di assistenza sociale, che secondo l’Osservatorio del Cnel per i servizi impiega appena lo 0,42% del Pil, mentre in base ai dati Inps oltre 25 miliardi vengono erogati sotto forma di assegni, come quelli di accompagnamento o di invalidità. Questo senza considerare i 3,4 miliardi erogati direttamente dai Comuni. Un sistema inverso a quello adottato da molti Paesi, soprattutto del Nord Europa, dove l’ottimizzazione delle risorse disponibili passa per un maggiore investimento nei servizi di assistenza alla persona”.

Fonte | Fadoi;

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