Febbre tifoide: come riconoscerla e curarla

Prevenzione e una buona igiene dovrebbero essere sufficienti a sconfiggere la febbre tifoide. Ma impariamo a conoscere subito i segnali della sua presenza.
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Valentina Danesi 6 Agosto 2023
* ultima modifica il 10/10/2023

La febbre tifoide, che forse hai già conosciuto sotto altri nomi come “febbre enterica” o “tifo addominale”, è causata dal batterio Salmonella Typhi e devi sapere che il vettore principale, ossia quell’organismo che lo diffonde e trasmette, è proprio l’uomo: i batteri vanno dal sangue all’intestino e da lì alle feci, che poi vengono espulse nelle fognature.

La trasmissione può avvenire per via diretta attraverso le feci o, come accade molto più facilmente, per via indiretta, tramite l’ingestione di cibi o bevande che sono state maneggiate da persone infette o tramite la contaminazione, attraverso gli scarichi fognari, dell’acqua usata per bere o per lavare il cibo. Possiamo dire che le zone più colpite sono quelle con un grado maggiore di degrado dove l’igiene è scarsa. Più avanti nell’articolo vedremo nello specifico i sintomi ma in generale sono febbre, stanchezza, perdita di appetito.

Che cos'è la febbre tifoide

La febbre tifoide è una malattia causata da un batterio e nel nostro Paese si parla di 2 casi per 100.000 abitanti/anno: la troviamo principalmente nelle regioni meridionali e nelle aree costiere, mentre nelle altre regioni i casi sono eccezionali se non per importazione.

Come si trasmette la febbre tifoide

La febbre tifoide, conosciuta anche come febbre enterica o tifo addominale, è causata dal batterio Salmonella enterica siero-variante typhi (Salmonella Typhi). L’uomo è l’unico vettore della malattia che, se non trattata, ha un tasso di mortalità superiore al 10%.

La trasmissione può avvenire per via diretta attraverso le feci o, più frequentemente, per via indiretta, tramite l’ingestione di cibi o bevande maneggiate da persone infette o tramite la contaminazione, attraverso gli scarichi fognari, dell’acqua usata per bere o per lavare il cibo. Per farti un esempio, se le acque si contaminano e vanno in mare persino molluschi e crostacei possono essere contaminati. In scarse condizioni igieniche anche il latte può essere facilmente contaminato. Le mosche possono contaminare gli alimenti che poi a loro volta contaminano l’uomo.

Come si manifesta la febbre tifoide

Partiamo specificando che il periodo di incubazione varia da 8 a 14 giorni e si inizia gradualmente con i sintomi che sono:

  • febbre
  • cefalea/forte mal di testa
  • artralgia
  • faringite o mal di gola
  • stipsi
  • difficoltà o non voglia di mangiare
  • dolore in zona addominale.

Se poi viene ignorata si possono aggiungere:

  • bradicardia (discesa della frequenza cardiaca)
  • epatosplenomegalia (aumento di volume di fegato e milza)
  • polmonite
  • serie complicazioni gastrointestinali.

Come si diagnostica il tifo

Sì, l’anamnesi del tuo medico di fiducia può essere utile, ma l’unico modo per avere una diagnosi accurata e soprattutto sicura è sottoporti all’analisi di un campione di sangue o di feci.

Prognosi della febbre tifoide

In generale, se non riconosciuta la febbre tifoide ha un tasso di mortalità che supera il 10%. Senza antibiotici, la mortalità è circa del 12%, percentuale che, però, si abbassa fino all’1% con la somministrazione immediata della terapia. Se il paziente va in shock o coma si può, nella maggior parte dei casi, preventivare una prognosi negativa.

Trattamento della febbre tifoide

La cura è composta da antibiotici che, come ti abbiamo anticipato nel capitolo precedente, vanno iniziati il prima possibile e di solito la durata della somministrazione è di 14 giorni. A questi, se necessario, possono essere aggiunti corticosteroidi possono essere aggiunti agli antibiotici per trattare il grave stato tossico. Insieme alla cura si consiglia di bere molto, fare piccoli ma frequenti pasti o dieta liquida se si hanno manifestazioni di diarrea.

Se la condizione è peggiorata arrivando alla perforazione intestinale il trattamento prevede sicuramente l’intervento chirurgico per risolvere il problema specifico e di una terapia antibiotica ad ampio spettro e di una copertura contro i Gram-negativi e anti-Bacteroides fragilis.

Un aspetto significativo è che i pazienti vanno comunicati dal medico alle autorità sanitarie locali e bisogna proibire loro la manipolazione dei cibi fino a quando non venga provato che sono liberi dal microrganismo. Di solito per la completa guarigione di attende l’esito di ben tre coprocolture negative.

Si può prevenire il tifo?

In linea generale il tifo si può prevenire con norme igieniche adeguate e, se si entra in contatto con qualcuno affetto, stando attenti all’eventuale insorgenza di sintomi e isolando o isolandosi dal resto del nucleo familiare.

I viaggiatori in aree endemiche devono evitare l'ingestione di vegetali a foglia crudi, di altri cibi conservati o serviti a temperatura ambiente, e di acqua non depurata (presta bene attenzione se sei un amante dei viaggi perché in questa lista sono compresi anche i cubetti di ghiaccio). L'acqua, a meno che non si sia certi della sua purezza, va bollita o clorata prima di essere bevuta.

Infine ci sono i vaccini. È disponibile un vaccino tifoide per via orale, vivo attenuato (ceppo Ty21a); è usato per i viaggiatori delle regioni endemiche che ha un'efficacia del 70% circa. Può anche essere preso in considerazione per i contatti domestici o altri stretti contatti dei portatori.

Un'alternativa è il vaccino polisaccaridico capsulare (ViCPS), IM dose singola, somministrato ≥ 2 settimane prima del viaggio. Questo vaccino ha un'efficacia del 64-72% ed è ben tollerato, ma non è usato nei bambini < 2 anni.

Fonte| Iss, Salute Gov, Regione Veneto

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